Selfie & Told: la pianista Greta Cipriani racconta la passione per la musica e “Tanguerìa”
Greta Cipriani, pianista, poetessa, compositrice.
Vincitrice di uno dei più grandi contest per la musica emergente, il Tour Music Fest 2017, come Miglior Musicista 2017.
Ha suonato per RaiUno al “Caffé di Raiuno”. Recentemente ha pubblicato “Nuda Poesia”, un libro sul tema della Donna.
Il pianoforte è lo strumento per cui compone principalmente.
Sperimenta il connubio totale fra suono e immagine attraverso abiti di scena costruiti appositamente per lei.
Ed ora vi presentiamo l’autointervista per la speciale rubrica musicale Selfie & Told!
G.C.: Salve Greta, se la sente di fare un’intervista?
Greta Cipriani: Certamente! Mi chieda pure quello che vuole.
G.C.: Da cosa partiamo? Effettivamente mi sento in difficoltà. Non è che lei vuole suggerirmi qualcosa?
Greta Cipriani: L’intervistatrice è lei. Lei dovrebbe tenere le redini della situazione.
G.C.: Ma sa, gli argomenti sono talmente vasti che mi dispiacerebbe doverli limitare con domande secche.
Greta Cipriani: E allora non le faccia.
G.C.: Mmmm… cercherò invece di essere il più concisa e diretta possibile. Sarò la sua freccia Greta, le va bene?
Greta Cipriani: Non potevo chiedere di meglio!
G.C.: Chi è Greta Cipriani?
Greta Cipriani: Sono una pianista, poetessa e compositrice. Nasco come pianista classica. Mi evolvo come pianista moderna.
G.C.: Da quanto compone?
Greta Cipriani: Da due-tre anni, con intermittenze. Scrivo principalmente per pianoforte. Ho scritto anche qualche canzone e da poco sto sperimentando il connubio fra pianoforte ed elettronica.
G.C.: Si sente una compositrice al passo con i tempi o ha nostalgia del passato?
Greta Cipriani: Diciamo che il passato mi è servito per prendere coscienza del mio presente e per anticipare il mio futuro. Non mi sento una compositrice classica, sono un’artista moderna che utilizza il linguaggio preso in prestito dalla modernità, quella che viviamo tutti i giorni, non dimenticando ovviamente le acquisizioni che ci sono state nell’arco dei secoli. Tradizione come punto di partenza per il progressismo e se necessario progressismo anche come rottura. Però non si può di certo prescindere dalla tradizione oppure non conoscerla. La tradizione è la nostra linfa vitale, l’evoluzione del nostro pensiero, la nostra ricchezza. Anche se in realtà io sento di aver spostato la mia attenzione altrove, più verso il futuro. Mi interessa quindi il linguaggio attuale, quello di una società che cerca di eliminare paletti e convenzioni, nonostante possa sentirsi smarrita a volte.
G.C.: Secondo lei qual è il ruolo dell’artista oggi?
Greta Cipriani: L’artista non dovrebbe distaccarsi dalla società. Molto spesso dovrebbe isolarsene per poterla rappresentare. L’artista secondo me deve anticipare il futuro, sconvolgere le convenzioni, i luoghi comuni, gli assestamenti parassitari del pensiero, farsi portavoce in ogni caso della vitalità.
G.C.: Ci sono stati riconoscimenti importanti per lei, qualcosa che l’ha segnata in particolar modo?
Greta Cipriani: Sì, decisamente la vittoria del Tour Music Fest, uno dei più grandi contest per la musica emergente con una mia composizione. La vittoria ha segnato uno spartiacque nella mia vita. Prima ero abituata ad avere riconoscimenti nell’ambito prettamente classico all’interno di concorsi pianistici nazionali e internazionali. Questo è stato qualcosa di diverso. Qualcosa di completamente mio, personale. Un linguaggio tutto mio che inizia ad essere riconosciuto.
G.C.: Che progetti ha?
Greta Cipriani: Sicuramente dopo l’uscita del singolo, un CD con tutte musiche mie. Poi video musicali e sperimentazioni. Probabilmente un libro. E poi… chi vivrà vedrà, la vita è sempre imprevedibile.
G.C.: Quali sono i tratti salienti del suo linguaggio? Il singolo “Tanguerìa” la rappresenta totalmente?
Greta Cipriani: Attualmente credo proprio di sì. Poi in futuro non saprei. Il mio linguaggio si ciba di minimalismo, virtuosismo, romanticismo, è un incastro di movimenti tellurici che si mischiano alla mia idea di dolcezza. Mistico ma anche terreno. Ora come ora vorrei conoscere maggiormente i ritmi delle varie culture, i loro strumenti musicali. In Tanguerìa mi sono lasciata ispirare dal ritmo del Tango, facendone qualcosa di mio, prendendo dai cambi tematici e ritmici della musica prog, cercando di non tralasciare gli aspetti più “demoniaci” di certa musica russa del ‘900, né dimenticando momenti più ambient in cui la melodia è semplice e diretta. Il finale devo dire che è abbastanza rock.
G.B.: Bene. Ci descriva il suo rapporto con il pianoforte e con la musica.
Greta Cipriani: Guardi, le rispondo prendendo da un testo che ho scritto e che magari pubblicherò…
“Il suono del pianoforte rappresentava per me come il tocco di una medusa poggiata su un tavolo di legno. Cristallino, delicato, spumeggiante e acquoso, eppur di una materia estremamente solida e tangibile, pastosa.
Una medusa svettava dall’acqua, silenziosa e nobile. Il mare piatto, increspatosi solo nell’atto di questa insolita genesi. Poi di nuovo fermo, cristallino sul miracolo del sole.
Avevo iniziato a suonare il pianoforte all’età di sei anni, a dir la verità da un po’ prima. Ho un primitivo ricordo di me che all’età di tre anni cercavo di riprodurre una melodia su un piano giocattolo. Credo che la melodia sia il nostro contatto più immediato con la riconoscibilità del mondo. Non ci basta l’unico mondo che viviamo, abbiamo bisogno di toccarlo ancora, di vederlo, di udirlo nuovamente. E così abbiamo bisogno che i suoni ci riconducano a qualcosa di già noto dentro di noi.
Ci sono suoni che possono descrivere il cielo? Certamente. Come suoni che possono descrivere il mare. Basta trovare la combinazione giusta. È tutta una questione di corrispondenze. Sentivo di possedere qualche chiave segreta dentro di me. Lo sapevo sin da quando ero bambina. I suoni producevano effetti sorprendenti nella cassa di risonanza del mio corpo. Vibravo alla minima vibrazione. Diventavo eroica al primo slancio di sonorità. Diventavo flebile con un suono flebile. C’era una sorta di legame secondo la mia infantile percezione fra me e il suono primordiale della Creazione, un boato di moti immaginari, un grande suono lungo scomposto in una miriade di suoni per indicare la nascita della vita. Ogni più impercettibile forma aveva il proprio suono. Anche lo zigzagare di un piccolo insetto nell’aria. E io cercavo il simbolo dell’esistenza nel mio specifico suono. Il punto di congiunzione fra le mie onde.
Le onde…
Il mare magnetico del suono dello schianto. Come dimenticarlo.
La fluidità della materia che si fa liquida per fare da collante al mondo. La materia si rende liquida per innamorare. Davanti al mare ci si innamora. Ascoltando la musica ci si innamora. È così, non è vero?
Trovavo l’amore nella consistenza delle note quando non sapevo parlare al mondo.
Mi è stato sempre difficile parlare. Lo facevo sempre in maniera fuori dall’ordinario, o per girovagare con i pensieri o per produrre moti di velocità scomposta. Preferivo a volte suoni secchi e frasi sintetiche. Il mio discorso variava a seconda dei miei stati emotivi eppure mi consideravo allegra e piuttosto lineare da piccola. Di certo mai troppo loquace. Le frasi seguivano gli slanci del mio carattere, selvatico, indomito e aperto alla tenerezza.
Così la musica riempiva i vuoti delle parole. Avevo iniziato a suonare soprattutto per sentire le vibrazioni. Mi riconducevano alla pace. Ogni suono era un tuffo straordinario nella liquidità avvolgente dell’esistenza. E io cantavo dentro questa esistenza. Non avevo bisogno di altro.”
G.C.: Cara Greta, la ringrazio e le faccio i miei più sinceri auguri per il futuro.
Greta Cipriani: Grazie a lei, credo si chiami come me, non è vero?
G.C.: Già, ma mi creda, è un’assoluta combinazione!
Written by Greta Cipriani
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