iSole aMare: Emma Fenu intervista Francesca Mereu, una sarda che abita il mondo e ne fa casa

La rubrica “iSole aMare si propone di intervistare isolani che della propria condizione reale e metaforica abbiano fatto cultura, arte e storia ponendosi in comunicazione con il mondo: nessun uomo è un’isola o forse lo siamo tutti, usando ponti levatoi?

Francesca Mereu

Sono l’Isola. Ma sono magica e infinita: non mi puoi cingere tutta.

Non mi puoi spostare, non mi puoi unire alla terraferma, non puoi possedermi. Puoi solo essere accolto, sederti alla mensa del mio corpo di sabbia e granito, mangiare dalla mia bocca le bacche del piacere e della nostalgia, fino a inebriarti, fino ad essere anche tu me. Ed allora ti fermerai per sempre, mi guarderai nelle pupille di basalto immerse nel cielo degli occhi e diverrai pietra.

Sarò la tua Medusa, con filamenti trasparenti danzerò per te negli abissi, ti brucerò di passione e non sarai più libero, nemmeno quando te ne sarai andato lontano, remando fino allo sfinimento, e il mare fra noi sarà un siero diluito con sangue di memoria e con lacrime di speranza.

Tu mi hai toccato, ora ti tendo le mani io.

Tu mi hai baciato, ora cerco il tuo sapore su di me.

Tu mi hai guardato: ora scruto l’orizzonte come una Didone abbandonata.

Tu mi hai annusato: ora raccolgo dalle fauci del maestrale il tuo polline per i miei favi.

Tu mi hai seguito: ora calo un ponte levatoio solo per te.

Tu mi hai atteso, ora ti attendo io.”  Emma Fenu ‒ “L’isola della passione”

 

Isole Amare.

Terre Femmine dispensatrici di miele e fiele, con un cuore di granito e basalto e capelli bianchi di sabbia che si spandono nel mare come le serpi di Medusa che, secondo la leggenda, un tempo della Sardegna fu sovrana.

Isole da Amare.

Terre Madri e Spose che squarciano il cuore di nostalgia, tirando il ventre dei propri figli con un cordone ombelicale intrecciato di mito, memoria e identità.

iSole aMare.

Sole che scalda e dà vita oppure che brucia e secca, negando l’acqua.

Mare che culla e nutre oppure che disperde e inghiotte, imponendo l’acqua.

 

La rubrica “iSole aMare” si propone di intervistare isolani che della propria condizione reale e metaforica abbiano fatto cultura, arte e storia ponendosi in comunicazione con il mondo: nessun uomo è un’isola o forse lo siamo tutti, usando ponti levatoi? A questa domanda implicita i nostri ospiti, attraverso parole, note e colori, saranno invitati a rispondere.

La rubrica è stata inaugurata da Paolo Fresu, hanno seguito Claudia Zedda, le fondatrici di LibriamociPier Bruno CossoGrazia FresuCristina Caboni, Maria Antonietta Macciocu, le sorelle Francesca e Marcella BongiornoFranca Adelaide Amico, Anna MarcedduSilvestra Sorbera, Nadia ImperioAnna SantoroSalvina VilardiMarina Litrico, Tatiana Pagano, Gavino PuggioniGabriella Raimondi e Giuseppina Torregrossa.

Oggi è il turno di Francesca Mereu giornalista e cresciuta nata in Sardegna, ha iniziato la sua carriera nella Russia dei primi anni Novanta, occupandosi di giornalismo investigativo. È autrice dei libri L’Amico Putin. L’invenzione della dittatura democratica, Il Grande Saccheggio, da zar Boris alla presa di potere di Putin, diario di una democrazia mancata e di diverse opere teatrali. Il suo nuovo libro Quando mi chiameranno uomo (un romanzo storico ambientato in Alabama) uscirà in autunno con Mezzelane. Ora vive tra Mosca e il profondo Sud americano (Birmingham, Alabama).

 

Identità

Francesca Mereu

Una parola difficile da definire, almeno per me. La mia identità è fatta di elementi che, nel corso della vita, ho assimilato da culture diverse. Sono, infatti, nata e cresciuta in Sardegna, ma mi sono laureata in Lingua e Letteratura Russa a Firenze. Sono andata a Mosca per scrivere la tesi e mi ci sono fermata per più di quindici anni. Nella capitale russa ho incontrato mio marito Sergey, uno scienziato russo, e ho iniziato la carriera di giornalista. Per anni mi sono occupata di politica russa e dei servizi di sicurezza del paese. Nella primavera del 2009 sono diventata cittadina russa. Amo questo paese e la sua ricca cultura e un pezzo di me è ormai russo. Sei anni fa ci siamo trasferiti negli Stati Uniti, a Birmingham, in Alabama. Mai avrei pensato di amare il Sud americano e invece mi sono innamorata di questa parte del mondo, soprattutto della sua musica (il blues e il jazz), di quei ritmi che vanno diritti a toccare il centro delle emozioni. In Alabama mi sento a casa, ma anche a Mosca e in Sardegna sono a casa, eccome se lo sono!

 

Tradizione

Casa nostra è un miscuglio di tradizioni: parliamo russo e qualche volta italiano. Fuori è l’inglese a farla da padrone. Una mia amica americana ha riso tanto quella volta che frugando nel nostro frigo ha trovato pecorino sardo doc, solenye ogurtsi (i cetriolini in salamoia tipici della tradizione russa) e peanut butter. Mio marito le ha detto che era solo un caso, perché da noi in cucina regna la tradizione italiana. Ha aggiunto che a lui però non dispiace.

 

Innovazione

Adoro la tecnologia, perché grazie a lei, le distanze si sono accorciate. È bello chiamare con Skype, Messenger, o WhatsApp una persona cara che si trova a migliaia di chilometri di distanza.

 

Isola

La parola “isola” mi fa venire in mente la mia Sardegna, la terra dove sono nata e che mi porto sempre nel cuore. Tutte le volte che atterro a Olbia e sento quel profumo di mare, misto a quello del lentischio e del mirto, mi accorgo di quanto questo pezzo di terra faccia parte di me e di quanto mi manchi.

 

Written by Emma Fenu

 

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Rubrica iSole aMare

 

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