“Con Todo El Mundo”, album dei Khruangbin: le atmosfere desertiche del Texas
Le chitarre non sembrano ricoprire più un ruolo centrale nella musica occidentale, la crisi della Gibson, colosso industriale e simbolo di un certo modo di concepire il rock, ne pare una prova, eppure non è così in tutto il mondo dove esistono scene vive ed attive in cui gli strumenti a corda ricoprono un ruolo centrale.
Questa sorta di revival delle chitarre a livello mondiale ha origini differenti, forse dai Calexico o Jack White o ancora direttamente dall’Africa, dal successo mondiale di un gruppo come i Tinariwen con il loro blues del Mali.
Da allora è stato un proliferare di nuovi progetti incentrati su scale esotiche, ritmi ipnotici accompagnati da suoni valvolari.
Il fenomeno ha assunto proporzioni globali, arrivando a contaminare lo stile di gruppi occidentali, come i Dirtmusic di Chris Eckmann, ex Walkabouts e di Hugo Race, storico collaboratore di Nick Cave, gruppo che ha costruito un nuovo linguaggio.
Lungo questa scia si muovono anche i texani Khruangbin, un trio quasi interamente strumentale, formato da Laura Lee al basso, Mark Speer alle chitarre e Donald Johnson alla batteria.
La proposta artistica, “Con Todo El Mundo“, è volutamente retrò e nell’album troviamo riferimenti ad atmosfere desertiche, da colonna sonora di film di Tarantino e una ricerca per la musica orientale degli anni ’60, in particolar modo il beat thailandese.
Come un genere così di nicchia, riscoperto solo grazie alle ristampe di alcune coraggiose etichette come “Light in the Attic Records” e “Soul Jazz” abbia generato degli adepti, è quasi un mistero.
In particolare, la track “Lady and Man” è infatti ispirata da pellicole come “Clueless” e “Romancing the Stone” e, secondo quanto afferma il chitarrista Mark Speer la band, durante le registrazioni, tiene film in modalità “mute” perché sostiene: “è come avere amici nella stanza assieme a te”.
Dei Khruangbin colpiscono le sonorità psichedeliche, le atmosfere distese e rilassate, e il look davvero particolare adottato dalla band, a partire dalla presenza scenica della bassista di origini messicane a un look casual-vintage del chitarrista, che pare anche lui provenire dalla copertina di un vinile dimenticato d’epoca.
Le performance della band sono infuocate, soprattutto grazie alle ottime doti del chitarrista, alla sua tendenza improvvisativa e a una certa passione per Jimi Hendrix, su disco però il progetto mostra qualche limite e alla lunga può sembrare ripetitivo.
Questa tendenza “lounge” o se preferite “da ascensore” è frutto di una scelta ben calcolata, e in apparenza vincente visto che i Khruangbin si sono già esibiti nei principali luoghi di culto della scena mondiale da Glastonbury al SXSW di Austin, senza contare l’immancabile KEXP di Seattle, però da una promessa della scena mondiale ci aspettiamo di più.
Written by Luca Dainese