“La scuola cattolica” di Edoardo Albinati: il romanzo vincitore del Premio Strega 2016

“Dio, se eravamo ignoranti e sottosviluppati! Il mondo intero congiurava per farci rimanere in quello stato, e in definitiva erano i preti, i nostri arcaici maestri, gli unici a far qualcosa perché uscissimo dal limbo. Con le buone o con le cattive.”

La scuola cattolica

Ha trionfato lui, lo scrittore romano Edoardo Albinati. La sua vittoria al Premio Strega 2016 era nell’aria. E infatti, tutto è andato come previsto, e la casa editrice Rizzoli ha avuto il suo prestigioso riconoscimento.

La scuola cattolica” è un romanzo corposo e, oltre ogni modo, prolisso. Sono esattamente 1294 pagine, che hanno richiesto all’autore una tempistica di realizzazione molto lunga: dieci anni. Detto questo, io che amo le cose sintetiche, mi ero ripromessa di non leggerlo. Poi mi sono avvicinata all’estratto, e ho capito che, sebbene lunghezza non sia mai sinonimo di spessore, questa volta mi trovavo davanti ad un’opera di pregio. Sembrerà impossibile, ma nonostante l’estensione dei concetti, lo scrittore non è mai tedioso.

Egli scrive in modo scorrevole, ed è magnanimo. Allorquando gli sembra di iniziare ad annoiare, parte ad interloquire. Riassume, dà suggerimenti. Chiede di pazientare, promette di arrivare presto al punto. E, cosa splendida, suggerisce egli stesso di saltare alcune parti. Lascia molto liberi, in questo senso. E il fatto che il lettore non si senta oppresso, né obbligato in una lettura serrata, impedisce di pentirsi della scelta.

Albinati è partito dal racconto, comune e se vogliano banale, dei tempi della scuola, per allargare la prospettiva e discutere di problemi più ampi e sempre attuali. Il fatto di narrare e ragionare al tempo stesso, su alcuni contenuti, gli ha fatto guadagnare punti ai miei occhi. In molti hanno detto che egli ha riunito in un unico romanzo, quello che uno scrittore realizza in una vita intera. E sono d’accordo. Con le sue avventure scolastiche, negli anni Sessanta e Settanta – Edoardo Albinati è nato nel 1956 –, dà vita ad un intero mondo, tramite miriadi di aneddoti e temi che portano a riflessioni più ampie. La scuola, da lui frequentata, è quella privata di San Leone Magno, dalle parti di via Nomentana a Roma. Qui l’attenzione è, al principio, tutta su un compagno, chiamato Arbus, popolare per le sue mostruose capacità intellettuali, descritto come un rettile in grado di mimetizzarsi, mai amato, ma oggetto di curiosità morbosa. La scuola, ricca di insegnanti che avevano preso i voti minori – che egli definisce “preti” seppur non fossero sacerdoti – è ancora quella del dopoguerra. Ma quanto è andato avanti, questo dopoguerra? Si chiede l’autore.

La scuola del resto non è precisamente un luogo per studiare, o certo, non solo quello: è un’epoca della vita durante la quale si esplorano i confini del noto e del lecito, ci si ronza attorno”.

Edoardo Albinati

Uno degli obiettivi di Albinati, nello scrivere questo lungo “memoir”, è quello di parlare del delitto del Circeo, uno dei più brutti fatti di cronaca nera del nostro Pese, avvenuto il 29 settembre 1975, in cui si sono resi colpevoli due ragazzi che avevano frequentato quella stessa scuola. Frutto di quella “mala educacion”, ci fa comprendere l’autore, e della sua indifferenza “generazionale”. Di gente che appare rispettabile e che invece riesce a violentare ed uccidere, come nulla fosse. Il mostro che si nasconde nella normalità e che nessuno riesce ad “anticipare”. Personaggi reali che si mescolano a figure romanzate. Prima di leggerlo, credevo a quanto riportato da alcuni. Che “La scuola cattolica” fosse un libro sul delitto del Circeo. Niente di più falso. Perché, in questo romanzo, i temi sono molteplici, e tutti egregiamente approfonditi. Come per esempio la formazione del maschio e la sua educazione cattolica; il rapporto col sesso e con l’altro sesso, nello specifico; la famiglia; la violenza come risposta alle frustrazioni, e molto altro ancora.

Certo, “La scuola cattolica” è una lettura impegnativa. Che consiglio a chi, come me, è nato negli anni Settanta, poiché in tante cose di cui Albinati parla si può riconoscere. In una vicenda di costume, oserei dire. Ma lo consiglio anche a chi è nato dopo, e di quel mondo che appare un po’ come uno spartiacque dei tempi moderni, non sa nulla. Perché non si tratta della vita dell’autore, ma di un’intera generazione e del passato della nostra stessa Italia.

Non voglio entrare nel merito, se abbia davvero meritato o meno il Premio Strega. In lizza c’erano altri romanzi importanti. Ma è l’impresa di Albinati, che mi ha totalmente conquistata.

Quel suo modo diretto di domandare:Cosa desideravi davvero, quando eri ragazzo?”. Ognuno, a suo modo, proferirà verbo. Certo che, vincere uno Strega, lo ripagherà di tutto.

 

Written by Cristina Biolcati

 

 

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