“L’orsacchiotto Carver e altri segreti” di Riccardo Duranti: racconti che traducono quel che la storia ha oscurato

“È un po’ come se accanto, o addirittura intrecciato, al linguaggio verbale ne esista un altro, quasi silenzioso, precedente – non solo nel senso che viene un attimo prima dell’altro, ma anche nel senso di più antico, magari non altrettanto chiaro, ma meno soggetto ad ambiguità e deformazioni – che potremmo chiamare linguaggio respirato.”

L’orsacchiotto Carver e altri segreti

L’orsacchiotto Carver e altri segreti” (Ianieri Edizioni, dicembre 2015), nelle mie corde parte già avvantaggiato. Il suo autore, insignito di premi prestigiosi, è Riccardo Duranti, ovvero uno dei più grandi traduttori italiani, oltre che poeta. Ma ancor più, egli è stato il traduttore “storico” di Raymond Carver, l’“orsacchiotto” del titolo: uno scrittore statunitense che adoro.

Specializzato nell’arte del racconto – genere affatto facile – Raymond Carver (1938- 1988) è stato maestro della narrativa breve, colui che ha applicato la cosiddetta “pratica dell’omissione”; evocativo a tal punto da escludere tutto quello che in un testo non è fondamentale dire. Di umili origini, Carver si è soffermato a descrivere la gente comune: individui modesti affaccendati sul lavoro o nelle loro abitudini quotidiane. Uomini e donne che trascinano la loro esistenza grigia in un’America di provincia.

I quattro racconti di cui consta “L’orsacchiotto Carver e altri segreti”, autobiografici e dalla prosa elegante, mi sono piaciuti molto. Ma non poteva essere altrimenti. Sebbene maggiormente descrittive rispetto alla penna del “maestro”, la quale procedeva in prevalenza per dialoghi, queste storie riflettono gli insegnamenti che Riccardo Duranti ha tratto da anni di traduzioni.

L’opera è composta da due racconti più lunghi e due più brevi.

Facciamo la conoscenza di un uomo che riesce a vedere il vento e a viverlo come fosse un’entità distinta. Egli compie un vero e proprio “tour eolico” in giro per il mondo, rimanendo affascinato dall’apparente “sonnecchiosa” normalità delle persone che incrocia, agognando di riuscire a trovare il medesimo equilibrio interiore col quale sconfiggere la solitudine.

La bambina che scopre il passato del padre, a lungo impegnato nella Guerra Civile, diventa docente di Storia Contemporanea, allo scopo di far luce sul periodo. Ogni anno si cimenta nella preparazione di un dolce, utilizzando un’antica ricetta di famiglia, sperando di poter tramandare ai figli quei segreti troppo a lungo taciuti.

Il carabiniere che ama i libri, prigioniero di guerra in India, è il più vicino alla figura del traduttore. Imprigionato dagli inglesi, egli impara a leggere libri che non sono nella sua lingua e, una volta tornato a casa, non vede l’ora di confrontarli con le edizioni italiane, per mettere a punto quei particolari che risultavano poco chiari. Una passione che trasmetterà anche al figlio.

Riccardo Duranti

Infine, lo storico quanto casuale incontro fra l’autore e lo stesso Carver, avvenuto negli anni Ottanta. Da tempo Duranti intratteneva un rapporto epistolare con la poetessa americana Tess Gallagher, allo scopo di scambiarsi poesie. La donna lo invita a trascorrere alcuni giorni a casa sua, e finalmente potranno conoscersi. Riccardo Duranti però ignora che ella sia la seconda moglie di Raymond Carver.

All’aeroporto di Syracuse verrà a prenderti Ray”, gli dice. “Lo riconoscerai subito: appena vedi un grosso orsacchiotto impacciato, stai sicuro che è lui.

Ma quando l’autore incontra quell’“orsacchiotto”, non lo riconosce subito. Solo dopo, a casa della coppia, rimette insieme i tasselli e capisce che si tratta del celebre scrittore. Inizia così una collaborazione che si rivelerà, negli anni, consolidata.

Quantunque ben caratterizzati, i personaggi rimangono volutamente anonimi. L’unico nome che viene fatto è proprio quello di Carver. Un uomo, come è definito nel libro, “molto strano, pieno di complessi, ma il più promettente autore di racconti che abbiamo.”

La particolarità di queste storie è che sembra proprio di viverle, di “esserci”. Se ne avvertono tutte le sfumature, e alcune sensazioni rimangono addosso e lì si annidano.

Anche adesso che scrivo, mi sembra di sedere su quel muretto, un po’ in disparte, dove è stato il protagonista del primo racconto, a spiare di sottecchi la coppia di innamorati sdraiata sul prato, accomodata sulla giacca bianca di lui. Italiani…, o forse irlandesi.
Comunque, gente comune.

 

Written by Cristina Biolcati

 

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