“Ogni giorno ha il suo male” di Antonio Fusco: quando la normalità sfugge di mano
“Si addormentò con il pensiero che da qualche parte, non molto distante da lui, una persona nel buio di quella notte si era trasformata nell’angelo della morte e aveva compiuto l’azione assoluta, l’abbraccio di un istante con il mistero dell’eternità e con la più inevitabile delle conseguenze: aveva ucciso”.

Ha i toni del thriller americano alla “Seven” l’esordio letterario di Antonio Fusco, funzionario della polizia di stato e criminologo forense. Questo perché ricorre alla presenza di un serial killer che sfida la polizia, e ad indagini previo utilizzo di sofisticati “database”. Eppure, leggendo queste pagine, ci si rende conto che il protagonista, il commissario Tommaso Casabona, sia in realtà un normalissimo padre di famiglia tutto italiano, con le sue debolezze e i suoi rimorsi. E soprattutto con un doloroso passato, non gestito nel migliore dei modi.
Il romanzo, “Ogni giorno ha il suo male“, è edito nel giugno del 2014 da Giunti, nella collana M, e vincitore di alcuni premi prestigiosi. Ambientato in Toscana, anche se con brevi incursioni nelle città di Roma e Barcellona, l’opera parla di un commissario di polizia – Casabona appunto – alle prese con un serial killer che terrorizza la “sonnecchiosa provincia di Valdenza”, improvvisamente scossa dall’omicidio di una donna che viene ritrovata in una posizione artificiosa e con una fascetta per cablaggi stretta al collo. L’omicidio è solo l’inizio di un gioco perverso che l’assassino ha pianificato per sfidare le forze dell’ordine: il primo di una lunga scia di sangue, che corrisponde ad un inconcepibile disegno di vendetta.
Casabona è un uomo di mezza età, con una moglie insegnante, una figlia criminologa che studia all’estero e un figlio tossicodipendente che si sta curando in una comunità. Potremmo definirlo una persona ordinaria, se non fosse per quel mestiere così spietato che, negli anni, lo ha reso cinico.
Direttamente da Roma viene in suo soccorso l’affascinante Cristina Belisario, che insieme a Casabona non può far altro che accettare la sfida del killer.
“Chiediti perché e troverai il movente e se troverai il movente sarai vicino all’assassino”, diventa un principio fondamentale da seguire, come fosse un mantra, mentre il cerchio si stringe sempre di più. Oltre alla sfida, il commissario sarà obbligato a riflettere sull’impotenza dell’essere umano rispetto a quelle che sono le conseguenze delle proprie azioni. Ad analizzare fino in fondo il concetto di “responsabilità” che, facente parte del libero arbitrio, non sempre è da addurre ad una vera e propria “colpa”.

La squadra del commissario Casabona è verosimile, proprio perché non conosce eroismi, ma si comporta con competenza e senza gesti eclatanti. A rendere credibile l’indagine è senza dubbio la reale esperienza sul campo dell’autore, che, per una volta in un thriller italiano, non parla di cose di cui può solo immaginare. Talvolta, qualche delucidazione risulta pleonastica, ma è proprio l’unico appunto che sentirei di fare.
La peculiarità di questo romanzo sta nell’aspetto sensazionale che “piomba” all’improvviso sulla normalità più assoluta, costringendo poliziotti di un paese di provincia, dove per anni non è successo mai niente, ad indagare in maniera serrata. Perché diventa una corsa contro il tempo: bisogna cercare di anticipare le mosse del killer ed evitare che altro sangue venga versato.
Quello che rimane, da questa lettura, è che il male sia fin troppo ancorato alla vita di tutti i giorni e vicinissimo all’uomo. Bisogna esserne consapevoli quando, il mattino, ci si alza dal letto e si comincia una nuova giornata.
Written by Cristina Biolcati