Islam: l’espansione pacifica e commerciale nelle regioni dell’Asia
Oggi, nonostante il mondo arabo sia la culla della religione islamica, l’area del mondo col maggior numero di fedeli all’Islam è l’Asia meridionale e sud orientale. La popolazione musulmana più vasta numericamente si trova in Indonesia. I musulmani sono anche una considerevole minoranza in alcuni paesi asiatici come in India, Cina, Russia e Giappone.
Il continente asiatico può essere considerato come un insieme di culture e religioni diverse, che danno origine a diversi modi di vivere e di concepire il mondo. Eppure, nonostante le differenze culturali, la religione islamica ha formato e forma tuttora un filo comune in tutta l’Asia. La maggioranza delle persone in paesi come l’Iraq, l’Afghanistan, l’Azerbaigian, e Indonesia, per citarne solo alcuni, trovano comunanza nella pratica dell’islam pur preservando i loro patrimoni unici.
L’Islam è nato nella penisola arabica ed è stato abbracciato dalle popolazioni delle varie regioni asiatiche in modo graduale nel corso di molti secoli. Un impulso decisivo alla diffusione della religione islamica in Asia, non fu certo dato dalle conversioni forzate dai conquistatori arabi, ma bensì dai continui contatti con i musulmani attraverso il commercio e i matrimoni misti.
Secoli prima dell’avvento dell’Islam erano gli arabi i veri intermediari nel commercio tra l’Europa, l’Asia e il Sud-est asiatico, creando così un vero e proprio monopolio sul commercio mai interrotto fino all’arrivo dei portoghesi alla fine del XV secolo.
Dalla fine del V fino al VII secolo sia i romani che i persiani dovettero, per il controllo del commercio nell’Oceano Indiano, competere con gli arabi che dal IX secolo in poi cominciarono ad avere l’esclusivo dominio su tutte le rotte commerciali di quell’area, estendendo la propria attività commerciale fino alla Cina.
Alcuni documenti cinesi rivelano che già all’inizio del 300 d.C. gli arabi e i persiani fondarono insediamenti commerciali e uffici contabili a Canton. Poi prima e durante il Medioevo, le vie marittime tra l’Egitto, la Persia e l’India, da una parte, e dall’India fino all’Est e al Sud-est asiatico, dall’altra, furono sotto l’esclusivo monopolio dei mercanti arabi.
Così l’egemonia commerciale in quell’area appartenne per secoli agli arabi che con i loro matrimoni con la popolazione locale senza dubbio favorirono le sempre più crescenti conversioni all’Islam. Il prestigio economico e le relazioni commerciali con i re locali furono fattori importanti, che fecero dei mercanti arabi persone potenti, capaci d’influenzare i costumi e la cultura dei posti.
Ma il grande successo dell’attività dei mercanti arabi dimostra anche come quelle popolazioni sono state aperte nell’accogliere gli elementi culturali e religiosi portati dai mercanti stranieri, in quanto soddisfacenti per i loro bisogni e le loro attese.
Dalla seconda metà del XIII secolo l’Islam cominciò a guadagnare potere politico attraverso la conversione dei re e dei capi locali come Malik al-Salih, musulmano che sposò una principessa di Periak e divenne membro del principato di Samudra-Pasei.
Il fatto di avere un re e una regina musulmani a guida del popolo aiutò molto la preservazione della fede islamica, in quanto accelerò il processo d’islamizzazione in tutto l’arcipelago.
Nel cinquecento i portoghesi, che erano in cerca di prodotti commerciali, riuscirono a raggiungere le zone dell’est asiatico proponendosi di sostituirsi al monopolio commerciale arabo che si estendeva dal Mar Rosso fino al Mar della Cina. Ma non solo, i portoghesi che volevano fermare l’espansione dell’Islam nel continente, cominciarono a distruggere le roccaforti musulmane.
Come reazione, i musulmani cominciarono a sostenere l’importante centro di studi islamici di Pasei (Sumatra), per continuare l’espansione dell’Islam nell’area. Nel 1524 il vicino principato di Aceh si annesse Pasei, favorendo così i mercanti e i teologi musulmani nella loro opera di islamizzazione e di influenza sulle popolazioni locali.
La nascita dell’Islam in Asia in paesi come l’Indonesia, la Malesya è stata graduale e del tutto pacifica. Mentre i Regni europei erano troppo impegnati in complotti e lotte interne o chiusi ancora nel feudalesimo, per secoli il movimento commerciale si orientò totalmente verso i territori dell’Impero Islamico, che in brevissimo tempo, si era affermato come grande potenza Euroasiatica.
Attraverso questi canali, gli arabi fecero passare il messaggio dell’Islam, influenzando anche e soprattutto la religiosità popolare di queste popolazioni, che comunque non abbandonarono le loro peculiarità culturali.
Sotto un importante influenza culturale e commerciale araba, il commercio rappresentò dunque una fonte indispensabile dell’economia locale, ma costituì anche uno dei principali mezzi attraverso cui scambiarsi le conoscenze. Avere rapporti commerciali non significa solo comprare e vendere, ma anche scambiarsi conoscenze e costumi, ampliare il proprio orizzonte di pensiero e apprendere tecniche prima d’allora sconosciute. Commerciare significava anche migliorarsi.
In questo senso la diffusione dell’Islam al di fuori della penisola arabica, soprattutto in Asia avvenne solo attraverso gli scambi, e ancora una volta l’accettazione dell’Islam da parte del popolo è stata un processo graduale e complesso. Le genti del posto vennero attratti da questa religione, per la semplicità della sua dottrina.
Purtroppo alcuni studiosi hanno diffuso l’idea che la diffusione dell’Islam nel mondo sia avvenuta attraverso la spada. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità e l’Indonesia né è un esempio calzante. Se si vuole trovare un esempio di come Islam, democrazia, modernità e diritti delle donne possano assolutamente coesistere, sicuramente lo si trova nell’Indonesia. In realtà, questo rapporto armonioso rispecchia il modo pacifico in cui l’Islam è stato originariamente introdotto in Indonesia, un paese che è cresciuto fino a rappresentare la più grande popolazione musulmana in tutto il mondo. Oggi, i musulmani in Indonesia costituiscono circa l’88% della popolazione totale, con minoranze cristiani, indù e buddiste. Il motto nazionale è “l’unità nella diversità” e la tolleranza religiosa è considerata la pietra angolare delle relazioni tra le diverse fedi.
Dunque la tolleranza religiosa in Indonesia è assolutamente rappresentativa della natura onnicomprensiva dell’Islam in quanto religione. Storicamente, i musulmani hanno rispettato la presenza di altre religioni e redatto trattati per garantire una coesistenza pacifica e comunque quando ciò purtroppo non è stato fatto, è stato in chiara violazione dei precetti religiosi e le ingiunzioni di Dio.
Dio afferma in modo inequivocabile nel Corano: “Non c’è costrizione nella religione. La retta via ben si distingue dall’errore. Chi dunque rifiuta l’idolo e crede in Allah, si aggrappa all’impugnatura più salda senza rischio di cedimenti. Allah è audiente, sapiente.” (Corano 2:256).
Inoltre, Dio dice: “Invita (tutti) alla via del tuo Signore con saggezza e bella predicazione; discuti con loro nel modo migliore e più grazioso. “(Corano 16:125)
Tuttora nei paesi asiatici, in quelli a maggioranza musulmana e non, le minoranze continuano a coesistere in maniera pacifica, a prescindere dalla loro fede o cultura, lontane dalla crescente ondata di estremismo religioso prevalente nell’ambiente mondiale.
Written by Amani Sadat
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