Le métier de la critique: Ibn Battuta, il viaggiatore dell’Islam contemporaneo a Marco Polo
“Partii solo, senza un compagno di viaggio la cui presenza avrebbe potuto sollevarmi, senza una carovana cui potermi unire, ma spinto da un impulso irresistibile e dal desiderio, a lungo coltivato in cuor mio, di visitare questi nobili santuari. E così, rafforzata la decisione di lasciare tutti i miei cari lasciai la mia casa così come gli uccelli lasciano il nido.” Ibn Battuta
Abd Allāh Muḥammad ibn Baṭṭuṭa, o più semplicemente Ibn Battuta è considerato uno dei più grandi esploratori e viaggiatori della storia, in quasi 30 anni ha attraversato l’equivalente di quarantaquattro stati moderni; dall’Africa a tutto il Medio Oriente, dalla pianura del Volga alle isole Maldive, dall’India alla Cina, incontrando migliaia di persone e prendendo nota dei loro usi e costumi. È stato anche un grande giurista, abile in geografia, botanica e teologia islamica. Egli possedeva capacità di osservazione proprie di uno scienziato sociale.
Per questo le sue memorie, raccolte al suo definitivo ritorno a casa dopo circa trent’anni di viaggi, sono un prezioso resoconto della vita, della cultura e della realtà religiosa del XIV secolo, non solo per quanto riguarda il mondo musulmano ma anche di altri posti e luoghi, dove la sua curiosità lo portò a viaggiare.
Egli visse nella stessa epoca di Marco Polo ma purtroppo rimase incredibilmente sconosciuto in Europa per molto tempo. Solo nel XIX secolo l’Europa si interessò a lui, quando due studiosi tedeschi pubblicarono separatamente due traduzioni di alcune parti della “Rihla”, il libro dei suoi viaggi. La traduzione completa fu fatta più tardi, fra il 1853 e il 1858, da Defrèmy e Sanguinetti, due studiosi francesi, e prese il titolo di: “Il Viaggio di Ibn Battuta”.
Appunto il motivo principale che ci porta ancora oggi a ricordalo come il più grande dei viaggiatori, è la sua scrittura. Ibn Battuta ha stabilito una scienza che sarebbe poi diventata l’arte della scrittura di viaggio. Lungo il suo viaggio, ha registrato abbondanti osservazioni, note, approfondimenti, e lezioni. A questo proposito il testo della Riḥla ha anche un aspetto agiografico in quanto sono trattate numerose vicende di santi e maestri sufi.
Questa grande opera che raccoglie i particolari del suo grande viaggio, è stata scritta al suo ritorno da un giovane scriba di origine andalusa, Ibn Juzayy, che, su richiesta del sultano, inizia ad annotare i ricordi di Ibn Battuta e le sue osservazioni di viaggio, scrivendo cosi uno dei libri più famosi della letteratura araba medievale, “al-Rihla” o “Il Viaggio“.
“Al Rihla” divenne anche il nome di un genere letterario molto apprezzato in Nord Africa tra il XII e XIV secolo, le cronache di viaggio appunto. Egli nasce a Tangeri nel 1304, da una famiglia di giuristi musulmani all’epoca della dinastia dei Marinid.
Nel 1325, a ventun anni, Ibn Battuta lascia la città natale per recarsi in pellegrinaggio nella sacra città della Mecca in Arabia; “Uscii da Tangeri, mia città natale il giovedì 2 del mese di Rajab 725 (14 giugno 1325) con l’intenzione di fare un pellegrinaggio alla Mecca e di visitare la tomba del Profeta”
Con un grande bisogno e tanta voglia di viaggiare, per arrivare alla Mecca Ibn Battuta passò per tutto il Nord africa fino ad arrivare, otto mesi dopo la partenza, ad Alessandria d’Egitto. Qui vide il famoso faro d’Alessandria, una delle meraviglie del mondo antico.
Successivamente si diresse verso il Cairo, che poi descriverà così: “Metropoli del paese, signora di ampie regioni e di fertili terre, conta palazzi innumerevoli e non vi è urbe più grande in splendore e beltà! Punto d’incontro di ogni va e vieni, è luogo di sosta per deboli e potenti, ondeggia essa come un mare per i flutti dei suoi abitanti. La sua vittrice possanza ha sottomesso le genti, e i suoi re hanno dominato sugli arabi e i non arabi… essa gode il sommo privilegio del Nilo che dispensa il suo paese dal chiedere il dono della pioggia… è terra generosa che ridà animo al pellegrino straniero”
Il Cairo, che anche a quei tempi veniva chiamato semplicemente Misr (Egitto), ebbe un forte impatto su Ibn Battuta che rimase colpito dalle usanze e dalla cultura di quella grande città;
Al Cairo In particolare rimase entusiasta dalle imbarcazioni, dai giardini, dai bazar, dagli edifici religiosi e dagli ospedali, che giudicava indescrivibili per la loro bellezza architettonica. Ricchi e poveri ricevevano gratuitamente le massime attenzioni e cure. Si utilizzava perfino la musicoterapia. Nelle strutture interne non mancavano bagni, biblioteche, aule per conferenze. Nell’Islam la medicina era avanzatissima rispetto ai paesi cristiani e gli studi in costante progresso.
Egli rimase altrettanto affascinato delle piramidi, sulle quali scrisse: “queste piramidi sono tra le meraviglie che saranno ricordate nel corso del tempo. Sono costruzioni in pietra dura, scolpite ed estremamente elevate. Larghe alla base, strette in alto, con forma simile a quella di un cono, senza porte e cosa ancor più sorprendente, non si evince il modo in cui siano state costruite.”
Al ritorno dal grande Cairo, lo definì come “la madre di tutti i paesi”.
Dal Cairo risalì il Nilo fino all’Alto Egitto. Determinato a raggiungere Medina e La Mecca, Ibn Battuta si diresse a nord verso la Palestina. Lungo la strada per Gerusalemme e il suo santuario, ovvero la Cupola della Roccia, si fermò a Betlemme, dove osservò la venerazione che coloro che si professavano cristiani riservavano al luogo di nascita di Gesù.
Dopodiché Ibn Battuta si diresse verso nord e arrivò a Damasco, dove studiò con importanti uomini di cultura musulmani e ottenne un riconoscimento quale maestro. Definì quella degli Omayyadi “la più grandiosa moschea al mondo”.
Anche di Damasco ci riportò una descrizione suggestiva: “Mi apparve davanti agli occhi il fascino della grande Damasco. Vi regnavano un’atmosfera di tolleranza e una grande varietà di fondazioni pie i cui bene venivano utilizzati per coprire le spese di coloro che non potevano permettersi di effettuare il pellegrinaggio o per i bisognosi… anche i viandanti ricevevano donazioni dalle fondazioni religiose, le quali investivano le proprie entrate in parte nel fornire ospitalità e in parte nella pavimentazione delle strade”
Dopo Damasco giunse alla Mecca assieme ad altri pellegrini; questo fu solo il primo di sette pellegrinaggi di Ibn Battuta alla Mecca.
“Gli abitanti della Mecca si distinguono per le qualità eccellenti e nobili, per la loro beneficenza agli umili e bisognosi, e per la loro gentilezza con gli sconosciuti.”
Dopo aver compiuto i loro riti, quasi tutti i pellegrini fecero ritorno a casa. Ma non Ibn Battuta che partì per Baghdad “per puro spirito d’avventura”.
A Baghdad, famosa in tutto l’oriente per essere stata capitale dell’Islam, Ibn Battuta sentì ancora viva la memoria dell’olocausto mongolo.
Tuttavia rimase colpito dai bagni pubblici, o hammam. “Ogni locale è fornito di una vasca di marmo con un tubo in cui scorre l’acqua calda e uno in cui scorre quella fredda”, osservò. E aggiunse: “In ogni locale, infine, sta una persona sola”. Grazie alle raccomandazioni di un emiro disponibile, il giovane riuscì a farsi ricevere dal sultano Abū Sa’īd. Da questo incontro Ibn Battuta ottenne preziosi doni: un cavallo, una veste d’onore e una lettera di presentazione con la quale si chiedeva all’emiro di Baghdad di rifornirlo di cammelli e approvvigionamenti quando ne avesse bisogno.
Dopo aver visitato l’Iraq si diresse verso la Persia e in particolare si ferma a Tabriz “entrato nella città di Tabriz vidi uno dei più bei bazar mai visti al mondo, chiamato Ghazan, non ho mai visto simili gioielli e rimasi abbagliato dalla bellezza e la quantità di pietre preziose”.
Dopo Tabriz torna alla Mecca, e vi trascorre un anno immerso nelle pratiche religiose e nello studio, quindi, da Gedda s’imbarca, discende il mar Rosso per visitare lo Yemen in grande decadenza, e poi la costa orientale dell’africa (Somalia, Kenya, Tanzania), infine risale il golfo Persico e torna alla Mecca.
Dall’africa si diresse verso la Cina e l’india. Qui ha modo di vedere con i propri occhi il grande successo dei commerci arabi. Mentre l’occidente è ancora chiuso nel suo feudalesimo, le vie commerciali che collegano l’Asia all’Europa sono interamente gestite e controllate dagli arabi.
La maggior parte dei posti che percorse Ibn Battuta furono paesi con una grande civiltà islamica o comunque con grandi legami e amicizie con essa. L’Islam, con la sua visione globale, aveva unito diversi paesi rispettando, usi, costumi locali e le minoranze. La legge islamica e la lingua araba, erano il principale tessuto che connetteva queste diverse realtà, di n mondo arabo con una cultura umanistica e tollerante.
Oggi Ibn Battuta viene definito il viaggiatore dell’islam. Egli fu davvero il più grande viaggiatore mai esistito sulla faccia della terra prima dell’epoca moderna. In un’epoca preziosa in cui veramente pochi possedevano i mezzi o semplicemente il coraggio di sottoporsi alla curiosità e avventurarsi oltre i propri confini, egli trascorse la sua vita in viaggio, percorrendo circa 120.000 chilometri, un’impresa ineguagliata prima dell’era del motore a vapore.
Written by Amani Sadat
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