“Serial Kinder” di William Silvestri: un riuscito connubio fra thriller e risate

“Dimenticavo il dettaglio più importante. Come ogni serial killer che si rispetti (eufemismo) anche il fu Donato Cozzolino aveva ideato una firma, un segno di riconoscimento che portava gli inquirenti ad associare un omicidio alla sua mente criminale. Ecco perché quando rinvenne quel piccolo involucro giallo nella cavità vaginale della Rodrigues, il dottor Cinquegrana sul serio teorizzò l’intervento di un fantasma”.

Serial Kinder

È concepito all’insegna dell’ironia, il romanzo d’esordio del partenopeo William Silvestri, pubblicato nel marzo 2015 da Watson Edizioni, nella collana Ombre. Perché, nonostante la trama sia quella di un noir, ciò che spicca con preponderanza è il senso dell’umorismo dell’autore nel descrivere i personaggi, con citazioni e similitudini volutamente surreali.

Silvestri intrattiene una sorta di “dialogo” col lettore, coinvolgendolo di volta in volta, ottenendo l’effetto di avere sempre viva la sua attenzione. In particolare, sembra che egli anticipi ogni domanda di un lettore esigente, consapevole che chi ama leggere storie thriller, solitamente desidera scendere nel particolare. Proprio per questo, l’autore ha compiuto studi specifici, affinché ogni argomento trattato, riguardo alle procedure investigative, risulti credibile.

Nella storia, vi sono alcuni flash back che rimandano agli anni Ottanta e Novanta, ed egli si è premurato di attestare che ogni affermazione venga suffragata da basi scientifiche. Il cadavere mutilato di Vera Rodrigues, brasiliana ventiquattrenne, viene ritrovato a Napoli dal Cavaliere, nella sala da ballo di cui è proprietario con tre amici.

L’attempato Ferdinando Celentano, detto Cavaliere, dopo i primi legittimi momenti d’incredulità, mette al corrente del macabro rinvenimento i suoi “soci”, aventi tutti un’età importante e dei soprannomi. Don Gennaro e Peppe detto ‘o Mericano arrivano al Circolo dopo poco. All’appello manca l’Avvocato, che, guarda caso, era anche l’amante della vittima e principale indiziato.

Il “modus operandi” dell’assassino ricollega l’omicidio ad un serial killer, morto in carcere nel 1997. Donato Cozzolino, questo il suo nome, è stato l’artefice di una scia di sangue che nel passato ha colpito l’Europa e il Brasile, ed è balzato alle cronache col nome di “killer degli ovetti kinder”, poiché di questi piccoli gusci di plastica gialla, ha fatto la sua firma. La cosa assurda è che Cozzolino è deceduto quasi vent’anni prima. Eppure, il nuovo killer conosce particolari mai rivelati alla cronaca, che vengono riscontrati sul corpo di Vera.

William Silvestri

La domanda sorge spontanea: che si tratti di un emulatore eccezionalmente bene informato? E se no, il sospetto che si insinua è che Donato Cozzolino sia ancora vivo. Il caso viene affidato al commissario Joe Duraccio, un energumeno grande e grosso dai modi rudi e decisamente poco ortodossi, che a suo tempo era stato l’artefice dell’arresto del killer. Ma Duraccio tergiversa, e rimane fermo nelle sue convinzioni. Così, quando giunge ad accusare dell’omicidio il figlio di Peppe, Francesco Gori, solo per aver discusso con la ragazza per futili motivi, i “vegliardi” non ci stanno e decidono di indagare.

Eleggendo un bar della zona a loro “quartier generale”, portano avanti le indagini, con la complicità del giudice Stefania Dal Molin, la “veneta rompiscatole” che invece si rivela ben più disponibile del previsto. Ovviamente l’attempata brigata si metterà in una situazione pericolosa, ma “Cosa non si farebbe per un figlio?”. Il finale è a sorpresa, e ovviamente non lo riveliamo. Sappiate comunque che, anche qui, Silvestri non lascia nulla al caso.

Le frasi vernacolari, in napoletano e in “toscanaccio”, miste al turpiloquio, rendono i dialoghi esilaranti. Fra scazzottate, palpate di sedere alle bariste e sfide a colpi di dentiera, i protagonisti rendono la storia piacevole. L’atmosfera che si respira ricorda un po’ quella dei “bischeri” del Bar Lume di Marco Malvaldi, anche se qui la storia è più drammatica, poiché si parla di violenza sui minori e di episodi di grande crudeltà. L’autore infatti fa una cronistoria dell’infanzia infelice del killer, frutto di abusi sessuali e maltrattamenti familiari.

Nonostante questo, “Serial kinder” risulta una storia credibile, che non si propone di suscitare empatia nel lettore. Lo scopo è divertire, e l’impressione che se ne trae è che William Silvestri si sia dilettato a concepire questa trama, pensando al suo interlocutore e rendendolo direttamente “complice” dei suoi ragionamenti. Una volta terminata la lettura, colpisce la considerazione per il lettore, che diventa un po’ protagonista, al pari dei personaggi. “Serial Kinder” è una storia divertente, ben scritta e curata nei particolari. In sintesi, una buona prova d’esordio per l’autore.

 

Written by Cristina Biolcati

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *