“Preraffaelliti – L’utopia della bellezza”: tra eroine bibliche e dark ladies, in mostra sino al 13 luglio, Torino

Dal 19 aprile al 13 luglio 2014 il Comune di Torino, insieme a 24 Ore Cultura – che ha ottenuto il patrocinio da parte del MIBACT, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – ha organizzato una mostra di oltre settanta capolavori della Confraternita dei Preraffaelliti che, prima di ritornare alla Tate Britain di Londra che li custodisce in un’ala dedicata da cui non usciranno per anni, saranno esposti al Palazzo Chiablese.

La mostra dal titolo Preraffaelliti. L’utopia della bellezza è un’importante occasione non solo per gli amanti di questa corrente artistica che, lo ricordiamo, è nata nel settembre del 1848 – in piena età vittoriana, dunque – e si è esaurita in Gran Bretagna, ma anche per tutti quelli che amano l’arte in tutte le sue forme e varietà. I visitatori, quindi, potranno accedere all’esposizione da lunedì a venerdì dalle 9:00 alle 18:00, mentre il sabato e la domenica dalle 9:00 alle 13:00.

La Confraternita dei Preraffaelliti, guidati da un esponente di spicco come Dante Gabriel Rossetti e i suoi compagni quali William Trost Richards, William Holman Hunt, Ford Madox Brown, John Everett Millais, William Morris, Edward Burne-Jones e il tardivo John William Waterhouse, realizzò un’arte unica rispetto ai tradizionali canoni dell’epoca. Infatti, pur richiamandosi all’antica tradizione artistica esistita prima di Raffaello Sanzio (1483-1520) – da qui il nome adottato dalla Confraternita −, i preraffaelliti furono i portatori di un’estetica che rovesciava i vigenti canoni dell’arte vittoriana dell’epoca, per creare una resa meticolosa dei dettagli – in particolare dei volti femminili – contenuti in un’atmosfera di rarefatto simbolismo.

Pertanto, sono le donne – eroine bibliche, ma anche fiabesche, storiche e sociali – a ispirare la vivacità e l’estro degli artisti, proprio come hanno fatto alcuni poeti inglesi, quale Oscar Wilde e William Blake, che hanno dedicato le loro opere a quell’«anima gentile e tanto onesta pare» di dantesca memoria.

Il paragone, qui, non è fatto a caso. Infatti, oltre alla nota Ophelia (1851 circa) di John Everett Millais – che rappresenta un po’ il manifesto dell’evento torinese, e che intende ricordare un personaggio nato dalla fantasia di William Shakespeare −, l’esposizione contiene quadri come L’amata (La sposa) (1865-1866), Prendi tuo figlio, Signore (iniziato nel 1851-1852 e ampliato e rielaborato nel 1856-1857) Sidonia von Bork 1560 (1860-1861) di Edward Burne-Jones.

Dipinti, questi, che contengono diversi soggetti del movimento, che rappresentano le sette sezioni della mostra: La Storia, La Religione, I Paesaggi, La società contemporanea, Lo stile pittorico, La Bellezza e Il simbolismo. I temi portanti della produzione del già citato Shakespeare, ma anche di Dante Alighieri al quale la Confraternita s’ispira.

Nel 1936 apparse, sulla rivista Minotaure, un intervento di Salvador Dalí, dal titolo Il surrealismo spettrale dell’eterno femminino preraffaellita, in cui esprimeva la sua gratitudine nei confronti del movimento artistico inglese al quale riconosceva: «le donne al tempo stesso più desiderabili e più spaventose che esistano, poiché si tratta di quel genere di esseri che non mangeremmo senza il più grande terrore e la più grande angoscia: sono i fantasmi carnali dei “falsi ricordi” d’infanzia, è la carne gelatinosa dei più colpevoli sogni sentimentali».

Eroine bibliche, dunque, come la Beata Vergine Maria di Ecce Ancilla Domini (conosciuto anche come L’Annunciazione) di Dante Gabriel Rossetti − in cui predomina il bianco delle vesti della donna e dell’Arcangelo Gabriele, dipinto con le sembianze completamente umane, per esprimere l’estremo realismo − ma anche «dark ladies» come Lady Lilith – la mitologica prima donna di Adamo, e il demone femminile associato alla tempesta, ritenuto portatore di disgrazia, malattia e morte −, che l’artista dipinse dopo la morte della moglie.

Lilith è rappresentata con la sua folta chioma rossa, simbolo della diversità e della tentazione (da ricordare il Malleus Maleficarum a cura dei frati domenicani Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer, il trattato sulle streghe del 1487 in cui gli autori hanno cercato di reprimere l’eresia e il paganesimo, evidenziando alcuni segni di vampirismo e di magia come, appunto, i capelli rossi). Da qui il rovesciamento della prospettiva, poiché la donna delle opere successive incarna l’erotismo di cui parlerà più tardi Dalí.

L’eterno femminino, espressione usata da Goethe nel Faust – in cui s’incontra anche qui Lilith, che con la sua avvenenza ammalia e cattura il cuore degli uomini che incontra nel suo passaggio − è il trait d’union delle opere preraffaellite, che è analizzato in tutte le sue svariate forme e rappresentazioni simboliche.

È la femminilità, perciò, a indicare quelle caratteristiche eterne e immutabili anche di donne che hanno avuto un tragico epilogo, come l’Ophelia di Millais, o Elaine – la «Lady of the Shallott» del poema romantico scritto da Alfred Tennyson, che rielabora in una sua personale versione un tema del ciclo arturiano – illustrata sia William Holman Hunt, sia dal già ampiamente citato Dante Gabriel Rossetti. Nel 1888 lo stesso poema ispirò John William Waterhouse, che dipinse la dama alla deriva nella sua imbarcazione funebre.

Tuttavia, in queste opere la femminilità è associata alla rappresentazione della natura nella sua complessità e varietà. In effetti, nel 1916 il filosofo Georg Simmel nel saggio Il cambiamento delle forme culturali avrebbe definito il naturalismo presente nelle opere inglesi del tardo Ottocento: «segnale del fatto che le forme artistiche diffuse fin dalla classicità non potevano racchiudere in sé la vita che tende a manifestarsi».

La natura, quindi, realizza forme estetiche duali: tristezza e bellezza, nudo e velato, sensualità e religiosità, rievocando il dualismo che Sigmund Freud tratta in Al di là del principio di piacere (1920), in altre parole ‘la pulsione di vita’ (Eros) e ‘la pulsione di morte’ (Thanatos). Ne deriva la persistente dicotomia che caratterizza l’arte che si manifesta nella sua essenza creatrice e nelle forme in cui si tende a cristallizzare e, poi, ad annullarsi in forme «altre» come quella preraffaellita.

A metà dell’Ottocento Edgar Allan Poe scriveva: «Non c’è niente di più poetico al mondo della morte di una bella donna», quasi che la morte abbia un potere salvifico ed etereo che contribuisce a dare lustro alla femminilità. Un tema molto ricorrente nei preraffaelliti che, sia per il loro simbolismo, sia per il loro surrealismo, si spingono oltre i confini spazio-temporali, e si addentrano nel mondo onirico e spirituale, con evidenti riferimenti esoterici.

Le donne rappresentate nei quadri diventano icone intramontabili della cultura occidentale e conservano l’ideale del Bello che non si esaurisce nello sguardo dell’osservatore, ma è eterno e immutabile. Donne che, prima di ammaliare lo spettatore, catturano lo sguardo e accendono l’interesse degli artisti che le raffigurano con gli abiti e i comportamenti tipici dell’epoca. Pertanto, Rossetti e i suoi compagni esplorano l’ambiente che li circonda.

La realtà londinese è caotica, in cui i valori borghesi – come la fedeltà al Paese e il progresso – dominano sui vari aspetti della società. Valori e ideali, quelli preraffaelliti, che sono la fonte d’ispirazione per le varie rappresentazioni dell’arte successiva – da quella pittorica a quella cinematografica, dalla moda alla musica –, come quella gotica e dark.

 

Written by Maila Daniela Tritto

 

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