“Dio in fasce” poesia di Natale di Federico García Lorca: brezza e materia

Di seguito si potrà leggere la poesia intitolata “Dio in fasce” di Federico García Lorca ed una breve biografia del poeta e scrittore.

“Dio in fasce”

Buon Natale
Buon Natale

E così, Dio scomparso, che voglio averti.

Piccolo cembalo di farina per il neonato.

 

Brezza e materia unite nell’espressione esatta

per amor della carne che non sa il tuo nome.

 

E così, forma breve d’inafferrabile rumore,

Dio in fasce, Cristo minuscolo ed eterno,

mille volte ripetuto, morto, crocifisso,

dall’impura parola dell’uomo che suda.

 

Federico del Sagrado Corazón de Jesús García Lorca, (Fuente Vaqueros, 5 giugno 1898 – Víznar, 19 agosto 1936), è stato un poeta e drammaturgo spagnolo appartenente alla cosiddetta generazione del ’27, un gruppo di scrittori che affrontò le Avanguardie europee con risultati eccellenti, tanto che la prima metà del Novecento viene definita la Edad de Plata della letteratura spagnola. Omosessuale ed apertamente a favore delle forze repubblicane.

Federico García Lorca
Federico García Lorca

Nel giro di pochi anni, García Lorca sa ribaltare questi iniziali insuccessi, divenendo membro di spicco dell’avanguardia artistica del proprio Paese: pubblica ulteriori raccolte di poesie, tra le quali Canciones e Romancero Gitano, forse il suo libro più conosciuto. Sul fronte teatrale, Mariana Pineda, con fondali disegnati da Dalí, debutta con grande successo a Barcellona.

Scoppiata la Guerra civile spagnola: García Lorca lascia Madrid per Granada, con l’intenzione di salutare il padre. García Lorca e suo cognato, che era anche sindaco socialista di Granada, sono effettivamente arrestati mentre si trovano a casa dei Rosales, loro amici falangisti. García Lorca viene fucilato da militanti del movimento politico CEDA all’alba del 19 agosto 1936  perché disinistra e omosessuale e gettato in una tomba senza nome a Fuentegrande de Alfacar nei dintorni di Víznar, vicino Granada.

Lorenzo Spurio scrive su di lui: “Negli anni 1929-1930 il poeta spagnolo Federico García Lorca viaggiò in America soggiornando per vari mesi, prima a New York, poi a Cuba.

L’intenzione originaria, come attestano i diari, era quella di poter imparare la lingua inglese a diretto contatto con l’ambiente americano sebbene, tra le ragioni che motivarono i genitori (abbienti, essendo il padre proprietario agricolo) a mandarlo Oltreoceano v’era sicuramente anche il desiderio di voler regalare al figlio un momento di tranquillità e lontananza dai suoi drammi esistenziali.

Difatti si era da poco chiusa la storia amorosa con lo scrittore Emilio Aladrén e di certo questo aveva contribuito a rendere il giovane Lorca molto propenso alla malinconia e alla tristezza (secondo alcuni, addirittura, avrebbe pensato di suicidarsi).

Federico García Lorca _ Dio in fasce - poesia di Natale
Federico García Lorca _ Dio in fasce – poesia di Natale

Di questo tormento, che è vivo nella prima parte della sua esperienza sul territorio americano, Lorca riuscirà a stemperarne le forme più pesanti, durante la sua frenetica attività che vivrà nella Grande Mela, tra nuovi amici, conoscenze, lezioni e visite fuori porta (a Coney Island, metafora del divertimento, tornerà varie volte, ma visiterà assiduamente anche il barrio negro di Harlem e viaggerà finanche in Virginia, ospite di amici).

A testimonianza di questa fase importantissima per la sua crescita umana e professionale (lì scrisse varie opere) rimane principalmente quella componente para-letteraria sempre utile per lo studio di un intellettuale e la sua giusta collocazione storico-sociale: il carteggio (raccolto recentemente sembrerebbe in forma completa, a meno di qualche epistola segreta che, per ragioni diverse, sempre vengono fuori in momenti non prevedibili), gli appunti, finanche la sua attività di disegnatore e, ancora, le memorie, i diari e i ricordi di chi lo conobbe direttamente e nel tempo ha prodotto libri interamente dedicati alla sua figura.” [Et cetera. Continua a leggere l’articolo L’ultimo pranzo a New York di Lorenzo Spurio cliccando QUI.]

Il consiglio è di rileggere la poesia “Dio in fasce” per poterne assaporare la bellezza.

 

8 pensieri su ““Dio in fasce” poesia di Natale di Federico García Lorca: brezza e materia

  1. Non mi piaci, Garcia. Sei stato grande in tante opere, ma qui no. C’è un’inutile complicatezza, che non riesce a smuovere nulla nel cuore, nei sensi, nella fantasia, nella memoria di chi legge, tranne forse “l’impura parola dell’uomo che suda”, in cui si squaderna la pochezza affaticata e maleodorante dell’essere umano a fronte della immensa purità di Dio. E basta. E chiunque dica il contrario lo dice solo perché ammagato dall’altisonanza del tuo nome, laddove bisogna esser liberi di dire la verità, nelle cose dell’arte come nella scienza e nella filosofia e nel marnero della politica verminosa. A chi si sente offeso offro, sempre sul Natale, questi miei versi perché vi possa scagliare il suo rancore, e far così la sua giustizia:

    MINUTE ALCHIMIE

    Noi siamo qui a far le storie
    e viene lui con le sue mani colme
    di sementi
    di storie
    di galassie dimentiche
    lietamente distendentisi in minute alchimie
    in un piccolo sorriso
    di Dio padre
    dove
    tutto l’universo
    si rimette a luce
    tenue
    nel cuore degli uomini
    atroci.

    Domenico Alvino

  2. la poesia sa permettersi,nella sua profondità, il sacro e il profano,libera,lei,di legarne ogni intimo significato …

    1. Solo una persona che non è in grado di emozionarsi può non amare l’intensità e la profondità di questa poesia. Senza offesa. Ma non riconoscere la grandezza di questi versi è come non aver imparato mai a camminare e pretendere di giudicare chi sa volare.

      1. Buongiorno, ringraziamo per il suo commento. “Dio in fasce” è poesia di grande impatto, le diamo ragione, altrimenti non l’avremo condivisa. Le auguriamo buone feste.

  3. Dire ciò che si è detto è come dire che un cibo è salato o amaro o dolce senza averlo assaggiato. Anche qui, si è stati smossi dall’altisonanza che di critico in critico ha assunto il nome Garcia, un’altisonanza simile a buio che accieca e fa inciampare sull’orlo di ogni burrone. Si provi a risalirne per la scala di quei versi: si dissolvono di passo in passo, onde non si arriva alla cima, né alla soglia di quel dentro che si vorrebbe varcare. Perché non c’è nessun dentro.

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