Intervista di Pietro De Bonis a Erika Corvo ed al suo “Fratelli dello spazio profondo”

Tutto quello che sa fare l’ha imparato da sola, ha imparato a leggere perché non aveva altro da fare, leggeva di tutto con un’avidità spaventosa. Poi si è sposata incinta, con un disgraziato, pur di andarsene di casa. I libri che voleva e non poteva permettersi di comprare ha iniziato a scriverseli da sola. Erika continua a scrivere e a risposarsi. I figli sono diventati due, i lavori mille.

Ha trovato un posto come badante presso la suocera di un architetto. Un giorno questi le dice che per principio non legge libri scritti da donne. Lei gli porta uno dei suoi lavori e l’architetto ne rimane folgorato invitandola a presentarlo a qualche casa editrice.

Fratelli dello spazio profondo”, il libro di cui parleremo oggi con l’autrice Erika Corvo.

“Non sarebbe più sicuro rinchiuderla in una cella, Brian?” osservò l’uomo dalla corta barba “Più sicuro per te, intendo.”

“Vorrai scherzare? Voglio godermi il terrore dipinto su quel faccino di marmocchia arrogante e viziata, voglio gustarne ogni singolo istante, sentire la sua paura, gioire di tutte le umiliazioni che riuscirò a farle ingoiare, sentire le sue urla ogni volta che mi verrà voglia di prenderla a calci!”

Diamond si avvicinò alla ragazza ancora a terra e, così dicendo, iniziò a colpirla con i pesanti stivali da spazio che calzava.

Juno urlò ritraendosi da quella rabbia selvaggia, fino a rannicchiarsi in un angolino, impotente sotto quella gragnuola di colpi.

“FINISCILA, BRIAN!” ruggì l’uomo dietro di lui, strattonandolo per la divisa, distogliendolo dalla sua vittima “Non sei una belva assetata di sangue! Il Diamante Nero non è uno sporco assassino come William Korly! Se quello che vuoi è la vendetta, questa non è la via per ottenerla!”

 

P.D.B.: Ciao Erika! Il tuo romanzo “Fratelli dello spazio profondo” (BookSprint Edizioni), è il primo episodio di una quadrilogia. Affermi  che assomigli molto a Guerre Stellari, ma che tuttavia, non gli assomigli per niente. Ce ne vuoi parlare?

Erika Corvo: Al giorno d’oggi, quando si dice “Fantascienza”, si intende un racconto in cui la terra è attaccata dagli alieni. Ben pochi romanzi o film, purtroppo, si discostano da questo stereotipo, loffio, trito e ritrito. Tra quelli che percorrono strade diverse dall’attacco alieno, potrei citare, Terminator, Total Recall, la trilogia di Ritorno al Futuro, e la saga di Guerre Stellari. Quest’ultima, è un bellissimo esempio di film d’azione e d’avventura, ambientata in un contesto futuristico. Anche i miei romanzi del ciclo spaziale, lo sono: pura avventura con contorno di astronavi e pianeti. Ma avrebbe potuto essere tranquillamente ambientato sulla terra, magari collocando lo svolgersi della storia tra Roma e Ladispoli, o tra Milano e Cinisello Balsamo, e non sarebbe cambiato assolutamente nulla. E allora, perché scomodare il futuro, per qualcosa che avrebbe potuto succedere ovunque, e in qualunque epoca? Perché sono una maledetta perfezionista. Se avessi voluto ambientare le mie storie nel passato, avrei voluto quantomeno un Valerio Massimo Manfredi a farmi da consulente storico, per l’ambientazione, i dialoghi, la descrizione dell’abbigliamento, usi e costumi… Scrivere al presente, invece, mi avrebbe obbligato ad impantanarmi nelle sabbie mobili delle implicazioni politiche. Ad esempio? Brian Black, in “Fratelli”, per la sua vendetta, vuole la testa del Governatore Federale. Se questo fosse trasposto al presente, e sulla Terra? Avrebbe voluto la testa di chi? Berlusconi? Bersani? Monti? E gli altri due corrotti, chi avrebbero potuto essere? Bertolaso e Marchionne? Muccioli e Montezemolo? Capite dove ci si vada ad impegolare, volendo parlare al presente?  Meglio il futuro, nella costellazione chioma di Berenice. Non si offende nessuno, e nessuno si chiede di che orientamento politico fosse il Governatore Lancert. Ambientando tutto in un ambiente futuristico, ho potuto tranquillamente parlare della deforestazione in Amazzonia, della schiavitù sommersa anche se ufficialmente proibita, della corruzione ai livelli più alti del potere, e di tante altre cose ancora. Chi ha orecchie per intendere, intenda… gli altri, tutti in camper.

 

P.D.B: Ti affascina la pirateria spaziale?

Erika Corvo: Mi affascina il sottilissimo confine tra il bene e il male, tra il lecito e l’illecito, il giusto e l’ingiusto. Perché si può essere buoni anche avendo fatto tutto il male possibile, e si può essere cattivi anche contornati da un’aura di raffinata rispettabilità.

 

P.D.B: Il personaggio Brian Black ho letto ti ha dato molte soddisfazioni, perché? Non è per niente quindi un uomo che si può incontrare… (sorrido)

Erika Corvo: Come ho detto prima, trovo che il confine tra il bene e il male, dentro di noi, sia fragile e sottile. Nella vita reale, conoscete qualcuno che sia tutto buono o tutto cattivo come nei telefilm americani? Tutti noi siamo buoni verso alcune persone e cattivi verso altri, cerchiamo di “fregare” qualcuno e aiutiamo altri. C’è chi frega il fisco e tacita la coscienza facendo beneficenza, chi darebbe fuoco al vicino di casa antipatico ma adotta un bambino a distanza… La cronaca è piena di brave persone che a un certo punto impugnano il fucile e fanno strage di parenti… tutti noi siamo brave persone, ma chi non prenderebbe a schiaffi un ministro con auto blu che gli sta antipatico? I miei eroi sono questo: persone normali. Il che comporta una differenza sostanziale dai personaggi dei romanzi che ho letto o dei film che ho visto: come me, e come qualunque persona vera, non sono mai completamente buoni o completamente cattivi. In più, hanno casini senza fine. Appena ne risolvono uno ne subentra un altro peggiore. Devono risolverli tutti, ma trovano sempre una via d’uscita. Uno psicologo, Charles Brenner, dice che per quanto si sforzi, uno scrittore possa soltanto raccontare se stesso. Credo sia vero. Scrivo per questo. Ho inventato Brian come mio alter ego. Per tutte le volte in cui sono stata io a credere di non farcela. Per tutti i secoli in cui ho avuto soltanto Brian come amico. L’amico più prezioso, che ha saputo infondermi la certezza che ci sia sempre una via d’uscita. Che finché lui fosse riuscito a cavarsela anche nell’impossibile, ci sarei riuscita anch’io. Lui ce l’ha fatta. Anch’io.

 

P.D.B: Sei cresciuta leggendo Pirandello, Trilussa, Kipling, Salgari… Ti sono serviti soltanto a scrivere bene, o a migliorare il tuo stile di vita? Leggere molto da giovani aiuta, in qualche modo, a vivere meglio, o la vita vissuta è un’altra cosa?

Erika Corvo: Sono nata sul finire degli anni ’50. A quel tempo, la tv trasmetteva solo dalle cinque in poi, ed esisteva solo la rai. Non è che ci fosse granché di interessante, quindi… Per passare il tempo, l’unica cosa valida era la lettura. Mi è sicuramente servita per vivere meglio: i libri sono stati gli unici amici in un’infanzia difficile. I miei non mi facevano mai uscire, e il solo modo che avevo di conoscere il mondo, era leggere. Leggevo di tutto, con una voracità portentosa, pescando a caso dalla ben fornita biblioteca paterna. Questo mi ha aiutato sicuramente a scrivere bene, perché fino a pochi anni fa veniva pubblicato soltanto  chi scrivesse in un italiano impeccabile (sarebbe bello se fosse ancora così!). Imparare è facile, quando i tuoi maestri sono gli autori da te citati nella domanda. E tutto sommato, mi ha aiutato anche nella vita: nonostante i miei facessero di tutto per inculcarmi a forza le loro idee, propinandomele come dogmi assoluti, io sapevo che il mondo era diverso da loro, diverso dalla loro gretta meschinità, perbenista e ipocrita. Sicuramente, la vita vissuta è un’altra cosa, ma posso affermare che un’intensa attività di lettura crei un’ottima base per affrontare il mondo.

 

P.D.B: Davvero hai scritto tutto a mano finora?

Erika Corvo: Altroché! Ho sempre scritto a mano perché quando me ne sono andata di casa, non avevo una lira! Mi sono sposata incinta con un poco di buono pur di andarmene di casa, e soldi non ce n’erano: dovevo pensare alla casa e al bimbo appena nato. Troppo povera per qualsiasi cosa. E quando il mondo dove sei non ti piace più, ne inventi un altro; e i libri, ho iniziato a scrivermeli da me… Il libro che avresti sempre voluto leggere e nessuno ha ancora scritto. Tutto rigorosamente a mano, perché non ho mai avuto i soldi per una macchina da scrivere, o per un computer. Io facevo fatica anche a trovare i soldi per le biro e la carta, altro che pc! Ma che differenza passa tra scrivere sul pc e scrivere a mano? Sul pc è una passeggiata: scrivi, riscrivi, cancelli, copia e incolla, torna indietro; questo starebbe meglio in un’altra forma, o un po’più avanti… liscio come l’olio. Ma manca l’anima. Non sei obbligato a pensare sul serio a quello che scrivi. Non sei obbligato a dominare te stesso. Tanto cancelli e rifai, senza sforzo e senza perdere tempo. Scrivere a mano, carta e biro, è un altro pianeta. Devi avere tutto già in testa, il più preciso possibile. La brutta magari è piena di errori, appunti a margine, correzioni; all’incirca cinquecento pagine che capisci solo tu. Poi arriva il momento magico: la trascrizione in bella. Sai che quasi nessuno leggerebbe volentieri una mattonella del genere scritta a mano, quindi devi fare uno sforzo di volontà pazzesco per rendere a tua calligrafia armoniosa, piacevole, e soprattutto leggibile. Comprensibile a chiunque senza il minimo sforzo, altrimenti non leggeranno. Se non sei dell’umore giusto, lascia perdere, la grafia cambia e fa schifo, si vede che è diversa. Chi legge deve concentrarsi sul racconto, non su cosa ti passasse per la testa in quel momento. Poi, l’imperativo sovrano: deve essere una storia così potente, coinvolgente, e mozzafiato che una volta iniziata, chi legge non possa più mollare senza sapere come vada a finire. Trascrivere in bella significa passare due mesi di notti in bianco a copiare. Ad ogni errore, anche una sola lettera sbagliata, butti il foglio e lo riscrivi daccapo. Magari eri all’ultima riga. Su tutto questo, devi essere assolutamente inflessibile e non lasciar passare un solo errore. Riguardo alla storia, invece… I personaggi, non fai in tempo a crearli, che prendono vita e comandano loro. È peggio che essere posseduti dal demonio: sei tu, ma dentro di te c’è lui, c’è lei, c’è quell’altro… un vero casino! Mentre stai facendo qualcos’altro, viene fuori uno di loro e ti racconta la prossima scena da scrivere. E quando scrivi, sei in stato di grazia. L’unico modo per allungare la vita umana: vivere la tua vita e quella di qualcun altro.

 

P.D.B: “Fratelli dello spazio profondo” sta avendo un buon riscontro di pubblico e di critica.  Chi sono, coloro che lo hanno letto per primi, e che giudizio hanno espresso in merito?

Erika Corvo: Attualmente sono single, ho ancora con me una figlia da crescere e sopravviviamo col mio lavoro part-time: faccio la badante presso la suocera di un architetto. Quest’ultimo, un giorno, mi dice che non legge mai nessun libro scritto da donne, in quanto li trova troppo sdolcinati, scontati e mielosi. Punta nel vivo, gli porto uno dei miei lavori e gli dico: “Mielosi? Bene, prova questo. L’ho scritto io.” Nonostante fossero 460 pagine scritte a mano, l’ha letto tutto d’un fiato. Dopodiché mi ha regalato un vecchio computer che teneva in montagna e mi ha detto: “Copialo e presentalo a qualcuno. Ne vale la pena, è veramente bello.” Questo è stato il mio primo lettore. Poi sono venuti i vari editori a cui ho inviato “Fratelli dello Spazio Profondo”: …” Ci troviamo davanti ad un romanzo importante e di spessore che ci ha favorevolmente impressionati in positivo. Una storia fortemente viva, concreta, cinematografica. Ottimo lo stile e la scelta linguistica. Importante la descrizione dei luoghi, bencurati i dialoghi. Un romanzo che esce dagli schemi tradizionali che mette al centro elementi psicologici reali in un contesto fantastico, e un ritmo forte e coinvolgente. Un’opera adatta ad un pubblico eterogeneo e che siamo certi otterrà il favore del pubblico e della critica”… Dott. Davide Zedda, editrice La Riflessione…”Ottimo prodotto letterario in relazione al genere. Un testo scorrevole, di facile ed appassionante lettura, idoneo per il mercato italiano. Argomento ottimo. Contesto: buono. Forma: ottima. Trama: buona. Linguaggio utilizzato: ottimo. Valutazione generale dell’opera: ottima”…. Enter Edizioni, Cerignola …”Brian Black è un figo!”… Valerio Curione, Vertigo Libri. Bastano?

 

“Quando un’intervista vista l’ora è appena finita, una nuova intervista è appena iniziata. Un’intervista per amare, per sognare, per vivere…”

Written by Pietro De Bonis, in Marzullo

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