Intervista di Pietro De Bonis ad Ilaria Goffredo ed al suo “Il cavaliere d’Africa”
Avevamo lingue, tradizioni e vite diverse. Vivevamo in due emisferi opposti. Il colore della nostra pelle era l’opposto di quella dell’altro. Eppure, in tutte quelle differenze, l’amore che ci legava era lo stesso: profondo, ineguagliabile, inesauribile.
Ilaria Goffredo è nata nel 1987 e vive in Puglia, in provincia di Taranto. Durante gli anni della scuola superiore ha viaggiato in tutta Europa lavorando in agenzie di viaggi e grandi villaggi turistici, nonché come hostess durante convegni e guida turistica nel suo splendido paese barocco per turisti tedeschi e inglesi. Nel 2005 ha avuto la possibilità di lavorare come volontaria in una scuola professionale di Malindi, in Kenya. Lì si è innamorata di quella terra meravigliosa e della sua gente straordinaria, e non passa giorno in cui non pensi all’Africa. Ad ottobre 2010 si è laureata all’Università degli Studi di Bari nel corso di Educatore professionale nel campo del disagio minorile, della devianza e della marginalità. È sposata e ha due figli. Ha vinto diversi premi letterari per racconti e diari di viaggio. Ha pubblicato: “Amore e guerra” (Zerounoundici Edizioni, 2012),
“Il cavaliere d’Africa” (Zerounoundici Edizioni, 2012 presto disponibile anche in lingua inglese, spagnola e portoghese) di cui parleremo oggi, “Un regalo per Kaninu” (Zerounoundici Edizioni, 2012), “Tregua nell’ambra – Il segreto dell’anello” (ilmiolibro.it, 2012, finalista concorso nazionale ilmioesordio Feltrinelli).
P.D.B.: Ciao Ilaria! “Il cavaliere d’Africa” il tuo romanzo, ma prima di affrontarlo ho letto hai lavorato come volontaria in una scuola in Kenia, ci vuoi parlare prima di questo? Forse gli animi più sagaci avranno già intuito qualcosa dal titolo del tuo romanzo.
Ilaria Goffredo: Ciao a tutti. Sì, ho lavorato come volontaria in una scuola professionale di Malindi. L’istituto accoglie giovani kenyoti offrendo loro istruzione, vitto e alloggio. Attraverso vari insegnamenti – sia teorici che pratici – i ragazzi imparano a diventare receptionist, cuochi o addettialle pulizie. Non meravigliatevi dell’ultima professione annoverata perché, provenendo da villaggi di capanne dove non ci sono certamente letti da rifare, mobilio da spolverare e sanitari da pulire, si tratta di cose del tutto nuove per loro. Al termine del corso viene poi facilitato l’ingresso dei ragazzi nel mondo lavorativo, soprattutto alberghi turistici nei territori limitrofi. Il mio compito è stato quello di insegnare la lingua italiana dato che Malindi è una zona a prevalente turismo italiano.
P.D.B.: La povertà in quei luoghi quanto ti ha arricchito?
Ilaria Goffredo: Tantissimo. Mi ha cambiato la vita. È triste pensare come ci si renda conto delle cose che si hanno soltanto guardando da vicino chi non ha nulla. E non mi riferisco ai beni “di lusso” quali telefoni cellulari, televisioni e quant’altro, ma ad una casa, acqua corrente e potabile, elettricità, comodità, un frigorifero pieno. Al mio ritorno in Italia ho valutato ogni cosa in un’ottica diversa, soffermandomi tra l’altro su questioni che prima non mi interessavano molto quali il razzismo e l’immigrazione.
P.D.B.: Un libro molto descrittivo in primis, tieni molto a questo aspetto Ilaria? Ma anche una bella storia d’amore, è così?
Ilaria Goffredo: “Il cavaliere d’Africa” è un romanzo ispirato direttamente alla mia esperienza di volontariato e non poteva non essere descrittivo. Ho cercato di mettere per iscritto nel modo più intenso possibile i luoghi e le atmosfere, i colori, i profumi, la natura, la gente che ho visto e conosciuto in Kenya. E sì, c’è anche una storia d’amore tra la protagonista italiana e “ricca” Selene ed Edward, un giovane insegnante kenyota con alle spalle un passato di sofferenze e povertà, proprio lui è “il cavaliere”. Le incomprensioni tra loro saranno inevitabili ma sarà sempre presente un dialogo aperto e, spesso, una passione impetuosa capace di spiegare le ragioni del cuore molto meglio delle parole. Il tutto per trasmettere un messaggio di speranza, dimostrando che si possono incontrare popolazioni differenti dalla nostra e, travalicando i pregiudizi, amarle profondamente. Le caratteristiche proprie di ognuno non dovrebbero essere intese come differenze con l’altro ma come occasioni d’arricchimento reciproco e scambio culturale.
P.D.B.: Si può essere scrittori di vite e luoghi che non si sono mai provati?
Ilaria Goffredo: Domanda difficile. Certamente vedere con i propri occhi un luogo, ascoltarne i suoni, conoscerne le persone, conferisce una particolare capacità di raccontare, di evocare proprio ciò che si è visto e provato e trasmetterlo agli altri. Al contrario, cimentarsi nel descrivere situazioni che si sono conosciute soltanto attraverso studio e ricerche ad esempio, risulta inevitabilmente molto più difficile. Chi riesce ad ottenere un mirabile risultato nella seconda ipotesi è sicuramente un ottimo scrittore.
P.D.B.: Dove possiamo reperire il tuo bel romanzo? Hai in vista presentazioni?
Ilaria Goffredo: “Il cavaliere d’Africa” è ordinabile in tutte le librerie nazionali o acquistabile dalla maggior parte dei bookstore online sia in versione cartacea che ebook.
Ho già avuto modo di fare una prima presentazione lo scorso 3 agosto nel paese di Locorotondo, in provincia di Bari – chi è curioso troverà il video su youtube “Presentazione Il cavaliere d’Africa, Ilaria Goffredo, 0111edizioni” – mentre una seconda presentazione è in programma nel mese di novembre a San Marzano di San Giuseppe, in provincia di Taranto, anche se non dispongo ancora di dettagli in merito.
P.D.B.: Ci fai un saluto in lingua swahili??
Ilaria Goffredo: Kwaheri! Arrivederci!
“Quando un’intervista vista l’ora è appena finita, una nuova intervista è appena iniziata. Un’intervista per amare, per sognare, per vivere…”
Written by Pietro De Bonis, in Marzullo
http://youtu.be/zRTxVb-ewbE
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