“Per ora noi la chiameremo felicità”, album de Le luci della centrale elettrica – recensione
Il primo disco non era male. Una ventata di rabbiosità inserita in un contesto cantautoriale “giovane” e un po’ indie-punkettone.
Testi evasivi. Derivativi.
Intimisti e pieni di rimandi al vissuto personale del Brondi.
Ma la sensazione che avevo, ascoltandolo, dopo un po’ di volte, è stata quella dell’associazione con Manuel Agnelli degli Afterhours: sparare a pallettoni contro stormi di uccelli, sicuro che “almeno uno lo becco”.
Molta depressione.
Questo secondo lavoro non si discosta dal precedente di una virgola. Come una montagna di cianfrusaglie sulla quale abbiamo investito i nostri desideri di sparizione.
Avrebbe potuto spostarsi da sola, forse anche scomparire. Sparire per sempre. Ma è rimasta li.
E’ sempre stata li ed è sempre stata uguale. Album che ho rifiutato dopo appena tre brani. Una cosa che non mi succedeva da anni.
“Per ora noi la chiameremo felicità“.
Ma noi chi? Ciò che sentiamo non è che (ormai) la glorificazione di un’autocitazione divenuta ormai strutturale, senza più contenuto.
Un contenente in cui annotare pensieri random sprezzanti un’unica volontà orientata al fastidio.
Un rullo compressore con problemi di avviamento che attraversa lento l’autostrada dei nostri coglioni.
Written by Galakordi
Fonte Debaser.it
Le luci della centrale elettrica è il progetto musicale del cantautore ferrarese Vasco Brondi. Il nome si riferisce alle illuminazioni dell’ex polo industriale Montedison della città natale del cantautore, Ferrara. In proposito afferma: “non mi interessava dare il mio nome di battesimo, ma trovarne uno che in qualche modo caratterizzasse già i pezzi dando loro uno sfondo” e ancora “Più che la centrale elettrica in sé sono queste luci. Forse mi piaceva come immagine, quello che era. Mi piace questo fatto della Montedison che se chiedi anche alla maggior parte dei nostri concittadini nessuno sa bene cosa facciano lì dentro, a meno che proprio non ci lavorino. Quindi è questa entità Montedison che mi piaceva evocare, e soprattutto le luci della Montedison in quel fumo che esce, questa attrazione serale che spesso è l’unica che c’è in città.” quest’ultima riflessione è evidente nel testo di Piromani (andiamo vedere le luci della centrale elettrica/andiamo a vedere le luci della centrale a turbogas).
Trovo una recensione di questo tipo superficiale e priva di contenuti, poi se il tuo intento è sparare a zero, a prescindere, allora ok, ma se non ti obbliga nessuno, smerdare così un disco, senza vedere realmente cosa significa e fermandosi al terzo pezzo, non è ne bello, ne giusto, ne professionale.
Poi vedi tu, la dignità è la tua.