“13 Tzameti” di Géla Babluani – recensione di Alessandro Vigliani

13 Tzameti, opera prima del regista georgiano – ma residente da anni in Francia – Géla Babluani, pellicola del 2005, è ciò che può essere chiamato debutto eccellente.

13 Tzameti

86 minuti di Thriller, pathos crescente e un senso claustrofobico che ti prende pian piano, come se ci si ritrovasse chiusi in una stanza i cui muri tendessero, attimo dopo attimo, a chiudersi intorno.

Il montaggio è serrato, stretto, alienante grazie alla scelta del bianco e nero che elimina le sfumature, azzera le emozioni dando un distacco netto, a cesoia, tra lo spettatore e i fatti che vengono narrati.

I dialoghi sono essenziali, ricoperti da un silenzio che ne aumenta il senso di disagio; tutto appare sporco, devastato, una realtà che si sgretola dove la vita può concludersi in un attimo.

Le figure sono stanche, spesso deformi. Non è difficile trovare tra i protagonisti della vicenda malformazioni fisiche e di spirito che rendono il tutto ancora più grottesco, diretto come un pugno nello stomaco.

E Babluani non si limita, vuole darci indietro di ritorno tutta l’inquietudine della pellicola. Lo fa con primi piani stretti sul viso dei protagonisti colpiti, affondati, abbattuti dalle regole di un gioco spietato
e mortale.

Il lavoro che c’è dietro, sebbene si tratti di trama semplice che corre su un unico binario, dimostra come si possa, lavorando sulle paure e sull’inquieto animo degli spettatori, fare quel lavoro che a Lynch riesce bene, scavando nella paura e negli incubi più ricorrenti.

Ansia, più che tensione, perché risulta impossibile estraniarsi totalmente dalle sorti del protagonista.

13 Tzameti

Sebastien, interpretato da un Georges Babluani (fratello del regista) abile nel trasmettere emozioni attraverso una mimica facciale essenziale, è un giovane operaio georgiano la cui situazione economica, vive in famiglia, viene descritta, attraverso le immagini, come instabile, precaria, i flash all’interno dell’abitazione rimandano – ma forse è solo una mia visione – alla realtà distorta, inquieta, degli incubi di Lynch in Eraserhead.

Un giorno il ragazzo, tuttofare, si trova a svolgere delle mansioni in una villa che versa in condizioni di abbandono. Il padrone di casa è malato, la donna che lo segue lo sopporto a malincuore.

Mentre i lavori vanno avanti, l’uomo muore. Intanto l’attenzione viene catalizzata da una busta via posta, che uomo e donna, ma non solo loro, stanno aspettando da tempo; busta che quando l’uomo muore, lasciando Sebastien nell’impossibilità di essere pagato, diventa la chiave di volta di tutta la vicenda.

Per un fortuito caso la busta contenente un biglietto per Parigi capita tra le mani di Sebastien, il quale affacciatosi da un buco sul tetto, mentre riprende tutti i suoi attrezzi, ascolta una discussione tra la donna e un misterioso uomo circa un’occasione di guadagno dietro quel viaggio.

13 Tzameti

Il ragazzo non ci pensa due volte, prende tutto e parte seguendo dettagliatamente ciò che viene indicato all’interno della busta. Da qui, cominciano, a ritmo serrato, tutte le vicissitudini che lo porteranno a essere parte di una grande roulette russa dove l’uomo, inteso come individuo, è solo un numero, un partecipante a un gioco in cui altri uomini, senza regole e valori morali, scommettono su vita e morte.

Un film da vedere, premiato a Venezia nel corso del Festival e al Sundance nel 2006 con il Gran Premio della Giuria.

Di questo film esiste anche un remake americano diretto dallo stesso Babluani.

 

Written by Alessandro Vigliani

 

http://youtu.be/O_bQ5rxackU

 

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