Video-Doc "Sulle tracce del futurismo" 1979-2009, giovedì 14 presso l'Accademia delle belle Arti a Roma
VIDEO-DOC “SULLE TRACCE DEL FUTURISMO” 1979-2009
Giovedì 14 alle 21.00 presso l’Accademia di Belle Arti Roma, proiezione all’aperto del Video-Doc “Sulle tracce del Futurismo” 1979-2009
Il film-documentario prodotto dall’Assessorato alla Cultura di Roma in occasione delle celebrazioni del Centenario del futurismo (1909-2009) girato in bianco e nero, diretto da Maurizio Carrassi e Fabio Solimini, nasce dalle ricerche compiute alla fine degli anni settanta da Marco Rossi Lecce e Enrico Crispolti per ricostruire le vicende del pittore Carlo Erba e la storia dell’ottavo plotone del Battaglione Volontari Ciclisti e Automobilisti lombardo (VCA), partiti volontari nel 1915 per la guerra.
Stiamo parlando dei futuristi milanesi: Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Mario Sironi, Antonio Sant’Elia, Luigi Russolo, Carlo Erba, Ugo Piatti e altri.
Nel documentario, l’intervista, inedita, allo scultore Marco Bisi, testimone della distruzione, nel 1927, di tutte le sculture in gesso di Boccioni e del recupero di Sviluppo di una bottiglia nello spazio del 1912; l’incontro con l’aeropittore Tullio Crali che, interprete delle poesie onomatopeiche di Marinetti, si esibisce nella declamazione di: La Battaglia di Adrianopoli; il racconto di Giuseppe Sprovieri, pubblicista e critico d’arte nonché direttore della Galleria futurista attiva tra il 1913 e il 1914 a Roma e Napoli. Infine, la testimonianza della danzatrice e coreografa Giannina Censi, interprete ideale negli anni Trenta del Manifesto della Danza Futurista scritto da Martinetti nel 1917.
“Sulle tracce del futurismo” raccontanto da Francesca Franco.
È il 1978 quando Marco Rossi Lecce – allora trentaduenne artista emergente e appassionato ricercatore delle proprie vicende familiari – ritrova fra i documenti portati negli anni ’20 a Roma dalla nonna, la marchesa Bianca Erba Pino Lecce, un frammento di carta rosa con i nomi dei futuristi.
Tra questi è quello del pittore Carlo Erba, scomparso in guerra nel 1917: suo prozio e nipote omonimo del famoso chimico fondatore della ditta famaceutica “Carlo Erba” di Milano.
Quel pezzo di carta si scopre essere lo stralcio di un articolo a firma di Filippo Tommaso Marinetti, dal titolo Quinte e scene della campagna del Battaglione lombardo Volontari Ciclisti sul lago di Garda e sull’Altissimo, pubblicato nel gennaio-febbraio 1916, in due puntate, sulla Gazzetta della Sport1. Il testo, fino a quel momento mai citato dalla moderna storiografia, è un ampio, dettagliato resoconto delle imprese compiute tra maggio e novembre del 1915 dall’8° Plotone del Battaglione lombardo, in cui si è arruolato con Marinetti un cospicuo numero di artisti legati al movimento futurista e al gruppo Nuove Tendenze2: Umberto Boccioni, Luigi Russolo, Mario Sironi, Antonio Sant’Elia, Carlo Erba, Anselmo Bucci, AchilleFuni, Ugo Piatti.
È questo il primo documento sull’esperienza dei futuristi in guerra, esperienza che finalmente esce dal buio di una citazione muta. Tanto più che quei mesi trascorsi in stretto, continuativo contatto – prima durante le esercitazioni nella brughiera di Gallarate, poi in retrovia e al fronte -costituirono un vissuto eccezionale e al tempo stesso terribile, in cui furono messe alla prova arroganti posizioni e generosi slanci giovanili. Soprattutto, maturarono nuovi intendimenti di ricerca, mentre la guerra silentemente mutava da ideologia irredentista in fatto esistenziale per una generazione di trent’enni decisa a contrapporre alla distruzione e alla morte, che pure la guerra inneggiata comporta, una “vitalità a oltranza” tesa a conquistare il mondo per ricrearlo, a partire dall’interiorità del singolo uomo.
Da qui l’esigenza avvertita da Marco Rossi Lecce e dal critico Enrico Crispolti (che per primo collabora alla ricostruzione della figura di Carlo Erba), di comprendere di più quell’epopea di vita, arte e gioventù che il futurismo era anche stato, nonostante avesse seguito ideali e posizioni del tutto diversi, se non opposti, a quelli del ’68, eccezione fatta per la ribellione al perbenismo borghese. Ribellione che, né in un caso né nell’altro, riesce a prendere forma in una rivoluzione del pensiero, ripiegandosi, rispettivamente, nell’adesione suicida alla prima guerra mondiale, cui segue il cosiddetto “ritorno all’ordine” dell’arte e della società; e nel terrorismo degli anni ’70, utile a cancellare anche solo la possibilità di un’identità che “diversa” lo sia davvero.
A questa esigenza di ricerca risponde, dunque, la decisione di coinvolgere l’artista Agostino Milanese, in qualità di fonico, e Maurizio Carrassi come cameraman, per intervistare protagonisti e testimoni di quelle vicende con un mezzo allora d’avanguardia, il videotape, portatore di un modo nuovo di pensare sub specie tecnologica. Necessità questa scaturita direttamente dal mood culturale di un decennio, che ha visto il fiorire molteplice di esperimenti e forme di auto produzione.
Alla 37a Biennale di Venezia del 1976 il videotape è, infatti, celebrato come il mezzo ideale per documentare in presa diretta la realtà, la protesta, i messaggi politici, le varie situazioni in fermento, tanto che nel 1977 è oggetto di un seminario e di un corso presso la nuova sede veneziana dell’A.S.A.C. (Archivio storico delle Arti Contemporanee) vòlti ad approfondire l’uso e la lettura della comunicazione audiovisiva. E torna massicciamente presente, come fatto strutturale decisivo della contemporaneità, nella Biennale del 1980 dedicata a L’arte degli anni settanta.
Al di là della funzione documentaria, insita nella duttilità oltre che nelle potenzialità narrative e discorsive del videotape, la memoria scritta nelle immagini in movimento appare, dunque, allora lo strumento più idoneo per indirizzare, in forma programmaticamente dinamica, la ricerca su un passato che si vuole aprire all’interpretazione e al senso di una storia plurale e attuale, in cui s’intrecciano arte, contestazione giovanile e moderna civiltà multimediale.
Nel dicembre 1979, a Milano, Rossi Lecce incontra l’ex-volontario V.C.A., Gino Francioli, e lo scultore Marco Bisi, figlio dello scrittore Giannetto Bisi e della pittrice Adriana Bisi Fabbri, cugina di Boccioni; mentre Cripolti intervista l’aeropittore Tullio Crali, interprete d’eccezione delle declamazioni di Marinetti.
Le registrazioni non solo fanno luce su episodi sconosciuti o poco noti del futurismo, ma regalano veri e propri scoop, come il rocambolesco recupero della scultura di Boccioni Sviluppo di una bottiglia nello spazio (1912), che getta nuova luce sui fili sotterranei che legano la ricerca futurista a quella astratta del secondo dopoguerra; il racconto dal vero della presa di Dosso Casina e lo scioglimento dei V.C.A.; la rappresentazione visiva oltre che sonora, ad oggi unica, di due poesie onomatopeiche di Marinetti: Morte della mula di batteria e la nota Zang Tumb Tumb, ispirata all’assedio di Adrianopoli avvenuto nel 1912 durante la guerra bulgaro-turca.
Nel 1980 la ricerca si allarga ad altri personaggi: al critico d’arte Giuseppe Sprovieri, attivo sostenitore nel 1913-14 del futurismo attraverso l’attività delle sue gallerie a Roma e Napoli; e a Giannina Censi, che all’inizio degli anni trenta era stata l’ideale interprete del Manifesto della Danza Futurista (pubblicato da Marinetti nel 1917) e che a Savona insegna alle sue allieve – tra le quali si distingue Silvana Barbarini, ballerina e coreografa – a tradurre nella danza le poesie di Marinetti e i quadri di Fortunato Depero ed Enrico Prampolini, scindendo definitivamente il movimento dall’evento musicale.
Nelle intenzioni di Marco Rossi Lecce ed Enrico Crispolti il progetto sarebbe dovuto continuare con video interviste ad Arnaldo Ginna, autore del film Vita futurista; a Primo Conti, Ivo Pannaggi, all’aeropittrice Barbara (pseudonimo di Olga Biglieri Scurto) e altri ancora, ma le difficoltà logistiche e organizzative che il progetto implica, la mancanza di mezzi economici che non siano quelli concessi dall’entusiasmo del singolo, e forse anche il cambiare ineluttabile della situazione, non lo permettono.
È il 1980. L’immaginazione non è più al potere e non è più tempo d’indagare sé stessi attraverso la scoperta dell’“altro”. Il mistero irrisolto di Ustica, la strage di Bologna e la “marcia dei 40.000” a Torino segnano il volgere degli eventi verso un nuovo “ritorno all’ordine”, in cui la ricerca del benessere lascia la strada delle rivendicazioni sociali per affidarsi allo spirito di sopravvivenza individuale o al potere relazionale di famiglie e clan.
Per tanti anni i problemi maggiori sono stati la preservazione del girato e la sua accessibilità. Solo nel 2008, grazie alle ricerche compiute da Alberto Grifi sui metodi di restauro dei video-tape, è stato finalmente possibile all’Archivio Carlo Erba di Roma rendere nuovamente fruibili i nastri e, con il contributo dell’Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma, partire per una nuova avventura: realizzare un vero e proprio documentario.
Dalle 5 ore e mezzo salvate del filmato originario sono stati selezionati i contributi di più incalzante interesse, integrandoli sia con materiali d’archivio raccolti da Marco Rossi Lecce, sia con nuove riprese e interviste – allo stesso Rossi Lecce, a Enrico Crispolti, Silvana Barbarini e Luigi Sansone- atte a comporre il racconto corale e partecipe di un periodo della nostra storia recente troppo spesso affidato al nozionismo da manuale o alle semplificazioni di parte di uno o dell’altro schieramento politico.
Nasce così nel febbraio 2009 Sulle tracce del futurismo, che già nel titolo evoca lo spirito d’avventura che aveva animato quel primo progetto nato nel 1979 e ora utilizzato dai registi, Maurizio Carrassi eFabio Solimini, come una sorta di “promemoria al futuro”: ossia un canovaccio sul quale intessere una fitta trama di rimandi temporali al fine di comprendere la portata dei processi di continuità e discontonuità che legano ancora quel passato all’inconscio dell’uomo contemporaneo.
Le parti del girato originario non ancora utilizzate riguardano soprattutto le esperienze teatrali, musicali e performative messe in campo dal futurismo e meriterebbero di essere sviluppate in un secondo documentario, per i molteplici collegamenti che lanciano con la successiva storia del cinema. Ma questa è un’altra storia, ancora tutta da scrivere.
Nadia Turriziani
Grazie Nadia, bellissimo ed esaustivo articolo! Di meglio non si può fare!