“Poesie con spin discorde” di Nicola Accettura
Se durante il mio percorso di studi avessi incontrato un professore che con tanta eleganza e gentilezza fosse riuscito a fondere due realtà ritenute così diverse come la poesia e la scienza, ora avrei una maggiore propensione alla conoscenza di settori come la chimica, la fisica, la matematica, pari a quella che ho per le materie umanistiche a me tanto care.
Dico questo dopo avere letto la raccolta di poesie di Nicola Accettura.
L’autore riesce a minimizzare la distanza che intercorre tra i due diversi settori (poesia-scienza) in modo tale da rendere solo apparente la loro diversità, che può sembrare netta a chi, ignaro della magia che avvolge i fenomeni scientifici, si ferma davanti alla loro complessità non riuscendo a compenetrarla per andare a cogliere la sua intima essenza, che altro non è che il semplice e affascinante concatenarsi di eventi.
L’autore srotola con le mani, o meglio, con la penna, la sua conoscenza del mondo trasformandola in poesia. Ecco, quindi, che elementi base della scienza (elettroni, energia, orbitali, enzimi, acidi, e così via) diventano la prima lettera dell’alfabeto dell’animo dell’autore.
Termini che apparentemente possono sembrare poco poetici, per chi si ferma a un superficiale giudizio, sono fusi col sentimento; un rincorrersi di scienza e amore diventa dichiarazione dello stupore di un rapporto che non ha fine e che continua a liberare energia da lui. Da lei. Legati.
In “Elettrone spaiato” l’autore ammette di essere incompleto. Ciò potrebbe sembrare debolezza, ma parla di lui e del suo desiderio di unione con l’universo. Proprio questa ricerca dell’altra parte della mela fa di un apparente debolezza una celata superiorità.
L’autore induce il lettore a porsi domande e riflessioni sul mondo che vive, come lo vive, come lo si dovrebbe, forse, vivere. Le poesie “Con velocità di luce”, “In un telescopio a riflessione”, ”Fulmine”, “Il tuo passo lieve”, “Tangente di un mezzo pi greca” sono il trampolino di lancio verso un’attenta analisi di come potrebbe essere interpretata la realtà.
La realtà è una percezione soggettiva degli eventi e delle persone oppure è una serie di immagini che vediamo e viviamo essendo noi spettatori protagonisti di tutto ciò che ci succede. Volendo noi. Non volendo noi. Qual è la vera realtà, quindi? (Se esiste!) E quanto questa può essere distorta da noi che inquiniamo e ripuliamo la visione, forse… per ingannare noi stessi. Che il nostro autore ci somministri un placebo scentifico per la mente? O per la vista? …
Il nostro professore è un uomo consapevole della propria consapevolezza di essere parte di ciò che dovremmo temere di essere. Il sentimento di odio-amore lo percorre proprio come il tempo e l’aria lo attraversano (Odio la trappola anagogiga/ e l’amo perchè saette/ luminose d’onde scure/ d’una inspiegata frequenza/ siamo) . Ma la fermezza con cui questo dualismo interiore si fa leggere… ammette la maturità di un uomo a cui non basta sopravvivere nella propria duplice dimensione (scienza-poesia) ma la vuole vivere.
L’autore usa un tono forte nei confronti della sua stessa scienza (come incidi/ così emergi, stupido raggio/ ottuso) per voler risanare le sorti di un piattismo diventando egli stesso parte di quella scienza che da dentro vuole vivere.
Poetiche le immagini che, al lettore, appaiono alla lettura del testo “Il basso orizzonte” dove l’autore, seduto sulla sabbia, forse al tramonto, forse all’imbrunire, forse ateo, forse con fede, diventa tutt’uno con la scienza, riconoscendo i limiti degli umani che troppo spesso, presuntuosamente, cercano di dare risposte non ammettendo la propria ignoranza. Poesia è il desiderio ( “Otticamente attivo” ) di voler rinascere, con la consapevolezza che non sarà possibile.
Poesia è l’amore che si legge in “Lord Kelvin”. Parti di noi continuano ad essere e a vivere nei gesti e nelle parole degli altri, i quali possono svelarci i nostri silenzi che sono parte di loro.
In “Dio veste il camice e non il mantello” si scorge l’occhio attento dell’autore rivolto non solo alla scienza e alla poesia ma anche alla religione che riesce a farsi strada tra le due personalità dell’autore scavalcando la bigotta e ristretta concezione del Dio rappresentato come cartone-animato, su una nuvoletta, il cui compito è solo quello di punire e premiare. L’autore va al di là e in questo aldilà lui crede.
Chimico. Poeta. Leggo la sua figura in “I dubbi del chimico”. L’ignoranza crea dubbi. Il sapere crea dubbi. Anche il chimico si interroga, come anche il poeta. E si interroga anche il nostro professore. Consapevole della propria ignoranza ma anche del proprio sapere. Da chimico, da poeta, si domanda, e trasforma la sua sensibilità di chimico in poesia. E ti domando, caro autore, salverà un giorno la poesia l’apparente nozionismo della scienza?
Written by Teodora Mastrototaro
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