“Volevo essere un duro” di Lucio Corsi: manifesto della normalità?
“Volevo essere un duro/ Che non gli importa del futuro/ Un robot/ Un lottatore di sumo/ Uno spaccino in fuga da un cane lupo/ Alla stazione di Bolo/ Una gallina dalle uova d’oro/ Però non sono nessuno/ Non sono nato con la faccia da duro/ Ho anche paura del buio/ Se faccio a botte le prendo/ Così mi truccano gli occhi di nero/ Ma non ho mai perso tempo/ È lui che mi ha lasciato indietro// […]” ‒ “Volevo essere un duro” di Lucio Corsi

“Volevo essere un duro” è la canzone che un quasi sconosciuto Lucio Corsi ha portato sul palco del festival di Sanremo, diventata il manifesto della normalità. Nonostante non avesse una grande platea di fan pronti a sostenerlo, Lucio si è classificato secondo. Inoltre, grazie alla rinuncia di Olly, il vincitore del festival, il brano sarà portato anche all’Eurovision, che si terrà a Basilea, in Svizzera, dal 13 al 17 maggio.
“Volevo essere un duro” è diventata la canzone regina delle radio, ma anche dei video sui social, colonna sonora di meme, di video in cui si vedono persone comuni fare cose comuni. Questa è la conseguenza del fatto che il brano è diventato un manifesto della normalità, la quale è stata completamente alterata dal mondo dei social e dimenticata dalla cultura, a favore di un’illusione di perfezione. Lucio, invece, grida alla paura, al fallimento, all’impotenza, alla precarietà. Parole forti, sentimenti terrorizzanti che abbiamo il dovere di accettare come condizioni ordinarie della vita di ogni singola persona.
I social, soprattutto negli anni passati, hanno stravolto l’immagine della realtà. Prima venivano utilizzati come posto di condivisione della propria vita; poi è cominciato il processo inverso: si vive una certa vita per postarla sui social.
Una testimonianza arriva diretta da Amalia Ulman, una finta influencer, che ha realizzato un esperimento social(e) con la sua performance Excellences & Perfections nel 2014. Ha dimostrato quanto sia facile costruire e manipolare un’identità online, costruendo una falsa realtà credibile. Per quattro mesi, ha raccontato una storia fittizia attraverso tre archetipi femminili molto diffusi sulla piattaforma.
Nella prima fase, ha interpretato una ragazza dolce e ingenua, immersa nell’estetica “kawaii”, con colori pastello, brunch perfetti e peluche. Poi, con un finto annuncio di rottura, si è trasformata in una “sugar baby”, adottando un’estetica più cupa e provocatoria, persino fingendo di essersi rifatta il seno. Infine, ha abbracciato il ruolo di “lifestyle goddess”, tra yoga, smoothie e interni minimalisti, incarnando la perfezione patinata del benessere su Instagram.
Ogni fase ha attratto e coinvolto il pubblico, mostrando come le immagini curate e gli hashtag giusti possano creare realtà tanto credibili quanto artificiali. Con questo esperimento, Ulman ha svelato il fragile confine tra autenticità e costruzione digitale, ricordandoci che sui social media spesso vediamo solo ciò che vogliamo vedere.
Lucio Corsi, circa 10 anni dopo, ha fatto una cosa simile ad Amalia: ha urlato la verità e l’ha fatto, con coraggio e intento di rivoluzione, sul palco più tradizionalista della televisione italiana. Arrivato in strani abiti e faccia incipriata, ha parlato alla gente comune della gente comune. Il testo della canzone racconta il sogno del protagonista di apparire forte, impavido, un vero “duro”. Quasi come uno di quegli influencer che promuovono l’obiettivo tossico del “Se vuoi, puoi”. Ma la vita vera non è così. Ci sono mille ostacoli da superare: i propri limiti personali, la condizione economica, un mondo che ci vuole sempre più produttivi e meno focalizzati sui propri desideri. Il modello a cui si dovrebbe aspirare è forte, determinato, pronto ad affrontare ogni cosa come un lottatore di sumo. Ma la paura è tangibile, viva.
C’è un verso in particolare “Ma non ho mai perso tempo/ È lui che mi ha lasciato indietro” che mette in luce, in modo sottile, l’impossibilità di fare tutto ciò che ci viene chiesto di fare. Per quanto tu possa impegnarti, lottare, studiare, innovare, ci sarà sempre un treno che verrà perso, un’occasione che verrà sprecata, un momento in cui crollerai e non riuscirai ad essere al tuo 100%. E quindi, alla fine, sembra di stare sempre un passo indietro anche se hai corso quanto più veloce possibile, cercando di superare gli altri, persino te stesso.
“Quanto è duro il mondo/ Per quelli normali/ Che hanno poco amore intorno” è un pugno nello stomaco. Lucio descrive con lucidità la solitudine che avvolge tante persone nella società di oggi. L’accelerazione costante del mondo, l’ansia legata al lavoro e la superficialità dei social possono far sentire isolati, rendendo difficile costruire legami autentici.
Viviamo in una realtà usa e getta, dove tutto è veloce, take away, istantaneo. Le relazioni diventano sacrificabili, perché mantenerle richiede tempo ed energia che pochi sembrano avere. Le giornate lavorative si allungano fino a sera, lasciando spazio solo a incontri fugaci, conversazioni leggere, aperitivi consumati di fretta. Così, per non affrontare il vuoto, ci rifugiamo in un flusso continuo di intrattenimento: serie TV, reel, videogiochi.
A volte si perde qualcuno per l’illusione che altrove ci sia qualcosa di meglio. Vediamo gli altri vivere vite apparentemente più piene, circondati da persone più stimolanti, e finiamo per inseguire rapporti che crediamo migliori. Ma amicizie e amori non si basano sulle qualità, bensì su sentimenti e rispetto. I legami non devono essere perfetti, ma veri.
Le ultime strofe della canzone sono un inno all’accettazione: “Perché in fondo è inutile fuggire/ Dalle tue paure/ Vivere la vita è un gioco da ragazzi”. Dietro la facciata, siamo tutti fragili. E non c’è nulla di più umano di questo. Riconoscersi per ciò che si è, senza il bisogno di dimostrare nulla, è la più ricchezza più autentica che si possa ottenere. Alla fine, non resta che ammetterlo: non sono altro che me stesso.
“Volevo essere un duro” Lyrics
“Volevo essere un duro/ Che non gli importa del futuro/ Un robot/ Un lottatore di sumo/ Uno spaccino in fuga da un cane lupo/ Alla stazione di Bolo/ Una gallina dalle uova d’oro/ Però non sono nessuno/ Non sono nato con la faccia da duro/ Ho anche paura del buio/ Se faccio a botte le prendo/ Così mi truccano gli occhi di nero/ Ma non ho mai perso tempo/ È lui che mi ha lasciato indietro/ Vivere la vita/ È un gioco da ragazzi/ Me lo diceva mamma ed io/ Cadevo giù dagli alberi/ Quanto è duro il mondo/ Per quelli normali/ Che hanno poco amore intorno/ O troppo sole negli occhiali/ Volevo essere un duro/ Che non gli importa del futuro no/ Un robot/ Medaglia d’oro di sputo/ Lo scippatore che t’aspetta nel buio/ Il Re di Porta Portese/ La gazza ladra che ti ruba la fede/ Vivere la vita/ È un gioco da ragazzi/ Me lo diceva mamma ed io/ Cadevo giù dagli alberi/ Quanto è duro il mondo/ Per quelli normali/ Che hanno poco amore intorno/ O troppo sole negli occhiali/ Volevo essere un duro/ Però non sono nessuno/ Cintura bianca di Judo/ Invece che una stella uno starnuto/ I girasoli con gli occhiali mi hanno detto/ “Stai attento alla luce”/ E che le lune senza buche/ Sono fregature/ Perché in fondo è inutile fuggire/ Dalle tue paure/ Vivere la vita è un gioco da ragazzi/ Io/ Io volevo essere un duro/ Però non sono nessuno/ Non sono altro che Lucio/ Non sono altro che Lucio”
Written by Ilenia Sicignano

