Intervista a Franco Carta: vi presentiamo “Cortocircuito poetico”

“Un’onda di anime danzava/ come se là il bosco fosse vivo/ in un tempo che lento si fermava/ una dolce melodia che sentivo/ e poi scappare nel bosco/ per cercare le fate,/ ritrovare le mie mani/ nelle tue legate/ verso quell’incantesimo mi attirava./ Era forza sovrumana/ che vinse ogni residuo arbitrio/ come una piuma diafana/ fui trascinato nell’oblio.” “Piuma diafana” di Franco Carta

Franco Carta intervista Cortocircuito poetico
Franco Carta intervista Cortocircuito poetico

Cortocircuito poetico (DrawUp, 2024) è la quarta pubblicazione del poeta sardo Franco Carta.

Suddivisa in tre sezioni presenta diverse tematiche che spaziano dall’amore di un uomo verso una donna alla ricerca dell’essenza pur consci dell’impossibilità dell’impresa. Ma è in questo contesto che si instaura il compito del poeta: cimentarsi con una missione che va oltre la fisicità e la temporalità degli eventi.

“Cortocircuito poetico” appare come un vero e proprio cortocircuito per i mutevoli registri stilistici e per la fusione della carne e dell’anima in un discorso che ora appare e che scompare nel medesimo momento.

Franco Carta, alias Il Poeta Ibrido, è stato molto disponibile nel concedere questa intervista nella quale racconta non solo dettagli curiosi di “Cortocircuito poetico” ma sorprende con diverse novità editoriali che verranno alla luce nel corso dell’anno.

“Una poesia non cresce su strutture,/ non deriva dal nome preciso/ che la parola richiama,/ non è la luce, non illumina, non brilla,/ e ciò che la spinge/ non la fa muovere/ né fa pensare./ La sua voce/ non arriva da nessuna parte,/ non è nemmeno la mia voce/ e non vuole nemmeno essere/ la mia voce./ […]” ‒ “Il vuoto” di Franco Carta

 

A.M.: Salve Franco, ti ringrazio per aver accettato questa intervista per presentare ai nostri lettori “Cortocircuito poetico”, ma prima facciamo un passo indietro. Ci racconti del tuo pseudonimo Il poeta ibrido?

Franco Carta: Salve a te ed ai lettori di Oubliette Magazine. Ti ringrazio per questa opportunità, dunque iniziamo! Sono nato a Cagliari ma nell’infanzia ho vissuto a lungo in Barbagia dove ho imparato, grazie a mia nonna, ad amare la poesia logudorese. Mia nonna componeva continuamente poesie in sardo, me le recitava (purtroppo non le ha mai trascritte). A 16 anni cominciai a scrivere anche io le prime poesie in sardo che sono rimaste a lungo tempo in un cassetto. La mia prima pubblicazione risale al 2021 con “Liriche dalle isole” (raccolta di poesie in Logudorese) e due mesi dopo “Versi di Sardegna AAVV” con mie poesie in italiano e in sardo (nelle due varianti). Una poesia logudorese pubblicata in “Liriche dalle isole” conteneva per errore un vocabolo nella variante cagliaritana del sardo. Mi accorsi dell’errore dopo l’uscita del libro, decisi di non correggerlo e pensando di aver ibridato la poesia adottai come pseudonimo “Poeta ibrido”. Da allora ho pubblicato altre tre sillogi poetiche: “Verso la luce tra identità e Radici” (2022), “Come l’acqua” (2023), “Cortocircuito poetico” (2024) e una raccolta di Racconti: “L’Atropo e i falsi idoli” (2024), oltre a numerosissime antologie di poesie e racconti in italiano e in sardo con alcune versioni tradotte in inglese.

 

A.M.: Nella prefazione di Maria A. Miraglia si legge: “I suoi temi riguardano anche la mancanza di significato o la mancanza del senso della realtà per esprimere, magari, un suo punto di vista esistenziale”. Sei in accordo con questa analisi?

Franco Carta: Colgo l’occasione di questa domanda per ringraziare pubblicamente Maria Miraglia che ho conosciuto ad Assisi durante La Giornata Internazionale della pace in occasione della presentazione del libro “Regalami la pace” a cui abbiamo contribuito entrambi con nostri scritti. Si è stabilita immediatamente una grande empatia artistica e personale soprattutto per i temi trattati, in lei ho riscontrato una grande forza comunicativa e ho apprezzato la sua condivisione sul mio pensiero di difesa delle lingue minoritarie, dichiarazione che, fatta da una autorevole poetessa poliglotta, per me fu di grande conforto. In quell’incontro ci fu uno scambio di libri, ci siamo letti e apprezzati vicendevolmente e qualche mese dopo Maria Miraglia mi spedì un graditissimo regalo, aveva tradotto una mia poesia dal sardo all’inglese, la mia poesia era Cherzo (Voglio) e la traduzione era questa:

“I want” “I choose/ a silence of glances,/ the hug/ that youdon’t expect,/ laugh until late./ I flee/ from the noise of the word./ I want/ a fence to hide me a cave/ to rest in.”

Avevo in quei mesi in cantiere la silloge “Cortocircuito poetico”, le inviai una bozza per avere un parere e qualche autorevole consiglio. Qualche mese dopo mi disse di averlo letto attentamente e oltre ai graditi consigli dimostrò un forte apprezzamento per i miei versi, ne fui molto onorato e le chiesi se avrebbe voluto scrivere la prefazione del libro. Si prese qualche settimana di tempo per controllare i suoi impegni letterari e infine accettò con mia grande soddisfazione.

Tornando al nocciolo della tua domanda penso che quell’estratto della prefazione sia riferito all’ultima silloge del mio libro “Frammenti reali” e descriva un mio stile molto legato al “Realismo terminale”, corrente poetica fondata da Guido Oldani dove gli oggetti occupano tutto lo spazio vivibile della realtà, soffocando la natura e provocando l’estinzione dell’umanesimo, in ciò la realtà ha smarrito il suo significato originale.

 

A.M.: “Cortocircuito poetico” è suddiviso in tre sezioni: Accarezziamo i sensi con la poesia, Strappare la scena dal reale, Frammenti reali. C’è un filo conduttore oppure sono totalmente autonome?

Franco Carta: In realtà no, o quantomeno se vogliamo riconoscere un filo conduttore possiamo individuarlo nella successione cronologica. Si tratta di tre raccolte ben distinte sia da punto di vista della produzione temporale che stilistica e tematica, esse rappresentano la mia evoluzione poetica. Accarezziamo i sensi con la poesia è una raccolta di liriche scritte tra il 2019 e il 2020, anni fortemente caratterizzati dal Corona virus e dal lockdown, il tema dominante è l’amore declinato in tutte le sue forme con una scrittura essenziale, quasi ermetica e sensuale descrivendo i desideri e le voglie che questo sentimento richiama, Strappare la scena dal reale è stata scritta nel 2022 con tematiche prevalentemente metafisiche, Frammenti reali nel 2023 dopo l’incontro con la poesia di Guido Oldani.

 

A.M.: Entrando nel vivo della raccolta, in Accarezziamo i sensi con la poesia e precisamente nella poesia intitolata “Oltre” si legge: “Oltre perché tu eri proprio lì/ oltre il piacere di scoprire: riscoprire./ Oltre il piacere del desiderare:/ conoscere la realtà del desiderio,/ tante volte più intenso di quanto immaginassi./ […]”. Che cosa intendi per “oltre” connesso a scoprire e riscoprire?

Franco Carta: Questa silloge raccoglie la mia produzione con tematica erotica prevalentemente scritta durante il 2019/2020 nel periodo del lockdown fortemente influenzato dalla poesia ermetica di Giuseppe Ungaretti ed Eugenio Montale, queste poesie rappresentano una singolare mescolanza di passione ed emozioni, di sentimento e sensualità con versi essenziali e metafore non criptate ovvero molto semplici, i moti dell’anima sono svelati con disinvoltura e senza pudori e “Oltre” ha questi molteplici significati, ovvero superare i pregiudizi, le ipocrisie e conoscere se stessi, oltre gli schemi entrando in contatto con la vastità del proprio mondo interiore. Questo incontro avviene sempre di notte quando la solitudine si apre allo stupore della vita, perché come scrisse Alda Merini «I poeti lavorano di notte». L’amore qui è narrato con chiarezza espressiva e al lettore donna si offre l’opportunità di addentrarsi in sensazioni ed emozioni tutte al maschile. Questa chiarezza espressiva non scade mai in volgarità, i versi, se pur di immediata lettura conservano l’eleganza lirica. Dopo aver messo a nudo la mia sensibilità all’universo femminile ho voluto chiudere questa silloge con un omaggio alla forza, alla intraprendenza, all’abilità, al coraggio e all’ingegno della donna con una poesia dedicata a Giovanna D’Arco (La Vergine di Orléans) che rappresenta simbolicamente tutti questi pregi.

 

A.M.: Nella seconda sezione, Strappare la scena dal reale, leggiamo nella poesia intitolata “Poesie con la frusta”: “Ogni parola ha i suoi abissi,/ l’urlo che non rompe le finestre/ è tossico,/ la poesia che non provoca vertigini/ è terra desertificata/ il gioco che non fa accapponare la pelle/ è una stella di cristallo/ senza forza siderale.// […]”. Che cosa sono gli abissi e le vertigini?

Franco Carta: Strappare la scena dal reale contiene poesie scritte nel 2022, periodo immediatamente successivo alla risoluzione della Pandemia, con il pericolo superato e la riconquistata libertà, che furono per me spunto di riflessione sul significato della vita e del fine vita. Quesiti sulle interazioni tra realtà terrena e ultraterrena diventano ora protagonisti della mia poetica. La Poesia Metafisica nasce dal contrasto tra razionalità e irrazionalità: per quanto l’uomo tenti di ricercare il varco che unisce il mondo fisico al metafisico ‒ che va oltre ‒ è impossibile oltrepassarlo; l’essenza rimane un qualcosa di ineffabile ed irraggiungibile, ed ottiene questo scopo attraverso numerose caratteristiche formali e di contenuto, per mezzo di assonanze, allitterazioni o rime, attraverso inversioni sintattiche, omissioni o ripetizioni, infine per mezzo di metafore, simboli o allegorie. Questa poesia affronta i temi dell’umanità con approccio filosofico e inevitabilmente nel cercare queste risposte si prova turbamento, insicurezza, ma sottrarsi a questa ricerca è tossico perché gli abissi vanno affrontati pur con le vertigini per sconfiggere l’apatia del materialismo, del consumismo, con l’autonomia del pensiero assoluto. Il pensiero metafisico tuttavia si coniuga con l’impegno sociale che la poesia non deve trascurare, ecco quindi la metafora della frusta che simboleggia questo impegno.

 

A.M.: Nell’incipit della poesia in prosa “Rifiuti” dell’ultima sezione intitolata Frammenti reali si legge: “Un giorno mi è stato chiesto cosa volessi, cosa mi aspettassi dall’amore./ Ho rimosso la domanda per giorni, cercando di capire perché quella domanda mi provocasse./ […]”. Quando è nata la sperimentazione con la poesia in prosa?

Franco Carta: Per non contraddire il mio pseudonimo amo spesso utilizzare questo stile di scrittura letteraria definita “prosa poetica”. Si tratta di racconti brevissimi, che sono appunto un ibrido tra la prosa e la poesia, della prosa mantengono la struttura, della poesia il contenuto e lo stile. Sono poesie dai versi totalmente liberi, senza metrica e musicalità, ma pregne di metafore, allegorie e figure retoriche. Io amo utilizzarle nelle mie sillogi come pause di riflessione sul messaggio che cerco di trasmettere nella raccolta. In “Rifiuti” c’è tutto questo, e come spesso accade nella produzione letteraria, magari nasce e viene ispirata da un’esperienza personale, apparentemente insignificante, ma che casualmente è capace di farti riflettere sul senso di alcuni aspetti della vita e di farti elaborare pensieri universali. In questo caso tutto nacque proprio dal tentativo fallito di raggiungere il camion della spazzatura alle 6:30 del mattino. Questa prosa poetica chiude Frammenti reali fortemente ispirata al manifesto del “Realismo Terminale” che fu presentato nel convegno svolto a Cagliari del 2012, dove si afferma che “il genere umano si sta ammassando in immense megalopoli, le “città continue” di calviniana memoria, contenitori post-umani, senza storia e senza volto. La natura è stata messa ai margini, inghiottita o addomesticata, sono cambiati i nostri codici di riferimento, i parametri per la conoscenza del reale. In passato la pietra di paragone era, di norma, la natura, per cui si diceva: «ha gli occhi azzurri come il mare», «è forte come un toro», «corre come una lepre». Ora, invece, i modelli sono gli oggetti, onde «ha gli occhi di porcellana», «è forte come una ruspa scavatrice», «corre come una Ferrari». Il conio relativo è quello della “similitudine rovesciata”, mediante la quale il mondo può essere ridetto completamente daccapo. In contrapposizione con la similitudine naturale ed è quella che è appartenuta all’uomo e alla poesia dalla notte dei tempi. In essa, il termine di paragone è posto traendolo dall’ambito della natura. L’esempio classico, per quanto banale, è “hai gli occhi azzurri come un cielo d’estate”.[1]

La “similitudine rovesciata” è l’utensile per eccellenza del “realismo terminale”; il registro, la chiave di volta, è l’ironia. Ridiamo sull’orlo dell’abisso, non senza una residua speranza: che l’uomo, deriso, si ravveda. Vogliamo che, a forza di essere messo e tenuto a testa in giù, un po’ di sangue gli torni a irrorare il cervello. Perché la mente non sia solo una playstation.

 

A.M.: Ci sono state alcune presentazioni nel 2024 della raccolta “Cortocircuito poetico”, ne hai in programma altre per il 2025?

Franco Carta citazioni cortocircuito poetico
Franco Carta citazioni cortocircuito poetico

Franco Carta: Sì, al momento ho presentato il libro in tre occasioni: il 13 luglio a Ussana (provincia di Cagliari) presso Domu de Mariedda, Pinu e Adele, durante la manifestazione “Atobiu de cenabara”; il 17 agosto a Cagliari presso il cortile interno della parrocchia di San Bartolomeo in occasione del Festival letterario solidale di San Bartolomeo; il 7 novembre a Cagliari presso la libreria Ubik di via Sonnino durante il festival letterario “Dialoghi di carta”. Per avermi invitato a questi eventi, ringrazio Ottavio Congiu, Vincenzo Di Dino, Rossana Copez e Elena Pau.

Certamente anche nel 2025 ci saranno altre presentazioni, le sto definendo ed a breve darò le indicazioni nei miei canali social.

 

A.M.: A breve sarà pubblicato il bando di un Premio letterario che hai voluto organizzare per incentivare la scrittura poetica e la lettura: il Premio Poeta Ibrido. In che modo la poesia può migliorare la vita delle persone?

Franco Carta: La poesia è vita e la vita ha bisogno di poesia. Tutti abbiamo bisogno di avere attenzioni e le parole sono fondamentali al pari degli abbracci, dei baci e delle carezze. Tuttavia, come afferma Guido Oldani, noi con la nostra modernità fatta di oggetti e tecnologia ci siamo via via allontanati dal piacere della lettura, soprattutto dalla lettura dei versi. Perché la poesia non intrattiene come un romanzo e non insegna come un saggio. La poesia (quella buona) fa pensare e il piacere che ti dà (quando te lo dà) è un piacere raffinato, mentale. Il romanzo, nella sua forma moderna, è il prodotto delle rivoluzioni borghesi: la cultura della borghesia si è fin dall’inizio rispecchiata nel romanzo. La poesia è altro. Appartiene a un’altra dimensione, aristocratica e atemporale. Si è perso il gusto di leggere la poesia. Eppure rappresenta le nostre radici, essendo nata, non solo prima della prosa, ma molto prima della stessa scrittura. Ecco la tradizione orale della poesia fa parte delle tradizioni culturali della mia terra e io amo declamare le poesie in pubblico dove gli spettatori entrano più facilmente nell’universo delle emozioni del poeta. Tuttavia la tecnologia, il virtuale, non necessariamente sono nemici della poesia se usati con intelligenza.

Nello specifico i concorsi poetici, o letterari in genere, sono frequentati nella maggior parte dei casi per far conoscere le proprie opere, una sorta di veicolo pubblicitario molto individualistico, io ho partecipato spesso a questi concorsi sia come concorrente che come giurato e a prescindere dalla soddisfazione provata nel ricevere qualche premio ad essere sincero li trovavo freddi.

Da circa due anni partecipo ai concorsi organizzati da Oubliette Magazine prima come concorrente, poi come giurato, questi contest mi hanno affascinato utilizzando una modalità in fondo semplicissima: “l’interattività virtuale”. Infatti il concorrente non spedisce il suo scritto “anonimo” a una giuria che nelle segrete stanze leggerà e sceglierà le opere meritevoli di premi e riconoscimenti, no, in questo caso verranno inserite sotto il bando di partecipazione dove chiunque le potrà leggere e addirittura interagire con l’autore nei commenti, in questo modo giurati, concorrenti e pubblico neutro leggerà noi, e noi leggeremo gli altri. Ecco, questo è una delle modalità capace, secondo me, di diffondere l’interesse per la poesia e per questo motivo voglio rendermi protagonista con un contest dedicato alla mia poesia “Ibrida”

 

A.M.: In chiusura un piccolo cenno sul progetto antologico “Versi di Sardegna” ormai giunto alla quarta edizione, ci puoi dare qualche anticipazione?

Franco Carta: Tra le antologie che hanno riscosso più successo devo citare la prima, la seconda e la terza edizione di Versi di Sardegna (dove è presente un mio omaggio a Gabriele D’Annunzio con la traduzione in sardo di “La Spendula” e “La pioggia nel pineto” che Giordano Bruno Guerri ha posto nella sezione omaggi al Vate del Vittoriale degli italiani). Nella terza edizione ho curato anche la postfazione in sardo (Pustis presentada) con relativa traduzione, sottolineo il fatto che il successo di questo progetto ha superato il confine del mare Tirreno con presentazioni fatte a Venezia, Roma Gardone Riviera e Milano.

Sull’onda del successo posso anticipare che è già in dirittura d’arrivo la quarta edizione di questo progetto antologico di cui curerò la prefazione e Manuela Orrù la postfazione, saranno presenti alcuni autori delle precedenti edizioni ma anche tante nuove voci, alcune anche illustri del panorama letterario sardo. Manuela Orrù con tre partecipazioni e io con quattro saremo, per così dire il filo conduttore tra passato e presente di Versi di Sardegna che nella nuova edizione vedrà la luce verso la primavera del 2025.

È in gestazione anche la seconda edizione di “Racconti di Sardegna” invito quindi chi fosse interessato a partecipare ad inviare la propria candidatura alle seguenti mail: oubliettemagazine@gmail.com oppure tomarchioeditore@gmail.com.

Inoltre, sempre con Tomarchio Editore, ho partecipato l’antologia “Poeti e scrittori d’Italia” gemella di “Poetesse e scrittrici d’Italia” pubblicate entrambe a fine 2024.

 

A.M.: Salutiamoci con una citazione…

Franco Carta: Saluto tutti i lettori citando il Vate Gabriele D’Annunzio.

“Si vive per anni accanto a un essere umano, senza vederlo./ Un giorno ecco che uno alza gli occhi e lo vede. / In un attimo, non si sa il perché, non si sa come,/ qualcosa si rompe, una diga fra due acque./ E due sorti si mescolano, si confondono, e precipitano.”

 

A.M.: Franco, ti ringrazio per la splendida intervista che ci hai donato, le tue parole rivelano chiaramente la passione poetica che ti scorre dentro. Partecipare, pubblicare, esporsi come poeti (e come poetesse) è inserire i versi in un discorso millenario di guarigione e superamento della mortalità del corpo. La poesia vive in ognuno di noi. Invito i lettori a partecipare al Premio Poeta Ibrido il cui bando sarà pubblicato il 24 gennaio, ed ovviamente a conoscerti più da vicino con l’acquisto di “Cortocircuito poetico” e delle altre tue pubblicazioni. Ti saluto con i versi di Ugo Foscolo tratti dalla poesia intitolata “Di se stesso”: “Perché taccia il rumor di mia catena/ Di lagrime, di speme, e di amor vivo,/ E di silenzio; ché pietà mi affrena,/ Se con lei parlo, o di lei penso e scrivo./ Tu sol mi ascolti, o solitario rivo,/ Ove ogni notte Amor seco mi mena,/ Qui affido il pianto e i miei danni descrivo./ […]”.

 

Written by Alessia Mocci

 

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Note

[1] Tratto dal Manifesto del Realismo Terminale.

 

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