“Someday at Christmas” di Stevie Wonder: l’utopia di pace ieri e oggi

In un’epoca di conflitti globali e tensioni geopolitiche, risulta sempre più difficile non chiedersi quanto la musica possa ancora essere un veicolo di cambiamento. Negli ultimi anni, tra conflitti, instabilità economiche e crisi umanitarie, il messaggio di pace sembra aver perso una parte della sua carica emotiva, schiacciato dalla brutalità del reale.

Stevie Wonder lyrics Someday at Christmas
Stevie Wonder lyrics Someday at Christmas

In questo contesto, riscoprire un album come “Someday at Christmas” di Stevie Wonder è un esercizio di memoria, un richiamo a un tempo in cui la musica pop poteva permettersi di sognare la fine delle guerre, anche se, come oggi, quei sogni restavano in gran parte inascoltati.

“Someday at Christmas”, pubblicato nel 1967 sotto l’etichetta Motown, è un disco natalizio che si distingue per l’audacia del suo messaggio. Se il Natale è il tempo dell’attesa, Wonder, con la sua voce inconfondibile, rende esplicito un desiderio che va oltre il semplice augurio festivo.

Il brano che dà il titolo all’album non è solo una canzone stagionale, è un manifesto politico travestito da melodia natalizia. All’apice della guerra del Vietnam, in un periodo in cui gli Stati Uniti erano divisi e lacerati da conflitti ideologici, Stevie Wonder osa cantare di pace, uguaglianza e compassione. Parole che, ascoltate oggi, suonano ingenue nella loro dolcezza, ma allo stesso tempo potentemente profetiche.

Il pezzo inizia con un’immagine che, se trasportata ai giorni nostri, non ha perso nulla della sua attualità: “Someday at Christmas men won’t be boys/ Playing with bombs like kids play with toys” (“Un giorno a Natale gli uomini non saranno più ragazzi/ Giocheranno con le bombe come i bambini giocano con i giocattoli”). Il confronto tra l’innocenza del gioco infantile e la devastazione bellica è diretto, semplice, quasi disarmante. Eppure, nell’era della post-verità e delle guerre sempre più silenziose, colpisce ancora.

Motown, l’etichetta che ha plasmato una generazione di artisti afroamericani, ha sempre curato con attenzione l’immagine dei suoi talenti. Per questo è sorprendente che un brano come “Someday at Christmas” abbia trovato spazio in un album natalizio. L’etichetta, infatti, tendeva a evitare le controversie politiche, ma qui Wonder riesce a portare avanti un messaggio pacifista in un contesto apparentemente innocuo e lo fa senza cedere a facili sentimentalismi.

Se la canzone sembra oggi troppo idealistica, è proprio perché si scontra con una realtà che non ha cambiato pelle. Eppure, “Someday at Christmas” ha avuto una fortuna postuma notevole. Rifatta da artisti come Justin Bieber, Pearl Jam e persino Diana Ross, la canzone è diventata parte del repertorio musicale di molte generazioni. Il suo messaggio, benché originariamente legato alla guerra del Vietnam, è stato reinterpretato in vari contesti di conflitto e crisi.

Il testo prosegue con un invito all’umanità a riscoprire il valore della vita: “Someday at Christmas there’ll be no wars/ When we have learned what Christmas is for” (“Un giorno a Natale non ci saranno più guerre/ Quando avremo imparato a cosa serve il Natale”). L’utopia di Wonder non si ferma alla fine della guerra; egli immagina un mondo in cui l’amore prevarrà sull’odio, un mondo in cui “l’odio se ne andrà e l’amore prevarrà” (verso 26).

Riascoltare “Someday at Christmas” oggi, in un clima di crescente sfiducia verso la possibilità di un futuro pacifico, significa riconoscere la potenza della speranza. Wonder non ci offre soluzioni facili, ma ci invita a sognare un mondo diverso, forse impossibile, ma non per questo meno desiderabile.

 

Written by Cinzia Milite

 

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