Genova: il Santo Graal nel prezioso tesoro della Cattedrale di San Lorenzo
Poche città come Genova sono un così continuo alternarsi di nuovo e antico, con moderne costruzioni e vestigia di un illustre passato di cui è orgogliosa, una storia che non a torto l’ha fatta definire la Signora dei Mari, la Dominante, la Repubblica dei Magnifici e, soprattutto, la Superba.
Una comunità ricca e potente i cui commerci raggiungono tutto il mondo. Tra i miei avi ci sono sicuramente dei genovesi, il cognome di mia madre da nubile era Colombo, e mio nonno mi raccontava che, quando un emigrante andava all’estero, non aveva che da recarsi in un porto e parlare in genovese: qualcuno gli avrebbe certamente risposto, perché Genova è terra di marinai, i suoi marinai sono in ogni porto e tra loro si aiutano sempre.
Il mondo cambia, però Genova resta una città palpitante tra passato e futuro, tra mare e terra, distesa lungo la costa e abbarbicata sulla montagna, spesso trionfante e a volte umiliata, ma sempre, ostentatamente, Superba.
Uno dei simboli del capoluogo ligure è la Cattedrale di San Lorenzo, il principale monumento medioevale della città. Consacrata nel 1118, i lavori per il suo completamento sono durati circa cinque secoli. La facciata a fasce bianche e nere è caratterizzata da due campanili, di cui quello di sinistra, non terminato, è più basso e coperto da un’originale loggetta.
L’interno è quello che ci si deve aspettare dalla cattedrale di una città così ambiziosa. L’alto colonnato è potente e armonioso, le navate arricchite da affreschi, rilievi e opere di indiscusso valore. Splendida è la cappella di San Giovanni Battista del 1450. San Giovanni Battista è il patrono di Genova, oltre che di Roma, Torino e di tante altre città.
Nella navata destra è possibile vedere la granata che, nel 1941, sparata dai cannoni di una nave inglese durante i terribili bombardamenti aeronavali che devastarono la città, penetrò nella chiesa senza fortunatamente esplodere.
Il Museo del Tesoro di San Lorenzo, accumulatosi nel corso dei secoli, è dal 1956 ospitato in uno spazio allestito su progetto dell’architetto Albini. L’area sotterranea, che richiama antiche cripte e catacombe, comprende quattro sale circolari a cui si accede tramite un ingresso dalla navata sinistra della cattedrale, e una zona centrale di raccordo.
I reperti esposti, una cinquantina in totale, hanno tutti un valore artistico e religioso immenso.
Nella prima sala troviamo quella che è l’opera più famosa e venerata: un recipiente verde di forma esagonale, sulla cui datazione il dibattito è aperto. Sembra che sia stato portato a Genova nel 1102, al termine della Prima Crociata, dal condottiero genovese Guglielmo Embriaco, detto Testadimaglio, il quale con poche centinaia di uomini riuscì a conquistare Gerusalemme, superandone le potenti mura che in precedenza avevano resistito a eserciti molto più numerosi.
Il Sacro Catino è ritenuto il vassoio usato durante l’Ultima Cena e viene da molti identificato come il Santo Graal. Per lungo tempo si è creduto fosse di smeraldo finché, trafugato dalle troppe napoleoniche e portato a Parigi, fu studiato e dichiarato di cristallo bizantino, probabilmente di scuola araba. Alla caduta dell’Imperatore dei francesi fu restituito a Genova; purtroppo durante il viaggio si ruppe o venne rotto per offesa, e arrivò in dieci pezzi, di cui uno mancante. Dopo vari restauri, l’ultimo è del 2017, lo si può ammirare grazie anche a un’illuminazione particolare che ne esalta la bellezza.
Altra opera a cui la tradizione attribuisce un grande valore, è il Piatto di San Giovanni Battista, che avrebbe raccolto la testa e il sangue del santo dopo che la giovane Salomè, come premio per la sua celebre danza, ottenne da Erode Antipa che fosse giustiziato.
Il piatto in calcedonio è risalente al primo secolo dopo Cristo, mentre il prezioso bordo metallico con oro e rubino che lo fascia, è stato aggiunto nel XV secolo.
Sarebbe stata donata dall’imperatore Federico Barbarossa nel XII secolo l’Arca per le ceneri di San Giovanni Battista, opera cesellata su lamine in argento che ricoprono una cassa in legno, dove la tradizione vuole che siano state conservate le ceneri del santo di cui, sul lato frontale dell’Arca, sono raffigurate le scene della prigionia e del martirio.
Lussuosissimi sono il palliotto d’altare del Corpus Domini in argento fuso, risalente al 1599, e quello del Santissimo Sacramento di tre secoli posteriore, dove è riprodotta in argento sbalzato l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci.
L’illuminazione tenue ma attenta delle stanze riesce a esaltare la bellezza delle opere, come la statua sempre in argento della Madonna Immacolata, realizzata nel 1748 dopo la cacciata delle truppe austriache che avevano occupato la città. Contempliamo una Madonna dal volto sereno, luminoso, che esprime la fierezza e l’orgoglio del popolo genovese, una donna che rivolge lo sguardo a Dio con venerazione, ma guardandolo dritto negli occhi.
Tra le opere appartenenti al Tesoro si ammirano reliquiari, ostensori, calici, croci, anelli pastorali, paramenti sacerdotali: creazioni preziose che, saltuariamente, ancora vengono adoperate nelle solenni funzioni.
La visita si svolge in ambienti silenziosi e dalle luci soffuse, che sono permeati di una religiosità antica eppure ancora viva e convinta.
Certo, in un mondo sempre più razionale e ateo, posso accettare e comprendere le risatine ironiche di due ragazzi davanti allo splendido reliquiario che avrebbe custodito i capelli della Madonna, eppure anche coloro che non provano emozioni davanti alle tradizioni della religione, non possono restare indifferenti davanti alla ricchezza e alla perfezione tecnica e artistica di capolavori che testimoniano una storia gloriosa e una fede intensa e unica.
Written by Marco Salvario
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