“La piazza” di Angela Vecchione: la famiglia è quella che sceglie di stare insieme

La piazza“, opera prima di Angela Vecchione che sceglie, come scenario su cui fare muovere i propri protagonisti, la piazza, una piazza di Napoli, ambientando il libro all’incirca intorno al 1999.

La piazza di Angela Vecchione
La piazza di Angela Vecchione

C’è ancora la lira e, il mondo che si delinea loro attorno è quella della camorra, della droga, del degrado.

Rosa è la protagonista: la donna sposata con un camorrista che ora si trova in carcere. La madre di due ragazzini che deve fare crescere in quell’ambiente. La sorella di Giuliana, lesbica, e di Antonio, che fa il barbone perché si droga e spende tutto per quello.

Giuliana e Antonio hanno subito le violenze del padre e Rosa, da un pessimo padre, è finita con lo sposare un pessimo marito.

Ma commette pure un altro errore: lei che ancora ha in custodia i quaderni del marito dove sono segnati i suoi traffici illeciti, si innamora di un poliziotto. Un “falco”, di quelli che si muovono nei vicoli di Napoli con la moto.

A sua volta anche Domenico, il poliziotto, ha i suoi scheletri nell’armadio e le sue ferite.

Ma cos’è per la scrittrice la piazza?

“La piazza, casa loro. Un microcosmo dell’umanità tutta. Un impasto spocchioso di affare e malaffare che calcava l’asfalto suo e del reticolato di strade adiacenti”.

Di questo luogo ho amato i personaggi di Antonio e dell’amico Vincenzo, paraplegico, tossico e barbone come il suo compagno di sventura. La loro forza è l’unione, l’aiuto che Antonio dona a quel poveraccio sulla sedia a rotelle; lo spartirsi il poco o niente che hanno.

Vincenzo che, in un bellissimo passaggio, viene descritto “un perdente Minotauro, metà uomo e metà carrozzella”.

La maggior parte dei dialoghi è scritta in dialetto napoletano, e questo li rendi più … veraci. L’unica cosa che mi lascia perplessa è una forma insolita. Mentre nei dialoghi, chi scrive lo sa, si dice, ad esempio: “Perché? Farebbe differenza?” disse Giuliana come un automa. La scrittrice lo pone in questo modo: “Perché? Farebbe differenza?” Giuliana come un automa.

Devo dire che è un modo di porre il dialogo abbastanza insolito, che mai ho trovato in nessun libro.

I capitoli sono suddivisi in titoli e mai, in tutto il romanzo, c’è lo spazio per un sorriso, per un momento di sollievo da quanto si sta leggendo. C’è solo spazio per la durezza di quella vita; fra astio, rancori e alcuni sprazzi concessi al perdono.

In tutte le pagine trova posto solo il degrado dello spirito e del luogo. Con i personaggi che si disperano, subiscono, reagiscono, arrancano.

Angela Vecchione
Angela Vecchione

Si può riassumere la vicenda del narrato in questa frase che troviamo all’interno del libro, da una considerazione di Rosa: “Quella città che con la sua identità aveva determinato tutta la sua esistenza, e quella di tutti gli uomini che ne facevano parte. Un uomo alcolizzato senza un lavoro, imbruttito dall’ignoranza e dall’immoralità; un uomo spietato senza empatia, arruolato nell’esercito della criminalità; un altro ingannato, privato dell’affetto di un fratello e cresciuto su quella perdita; un altro ancora dilaniato dalla droga, presa in prestito ogni giorno per astrarsi da tutto quanto”.

La scrittrice, nei ringraziamenti, fa notare che quella piazza l’ha vissuta e ha ascoltato storie vere per potere scrivere il suo libro.

Un libro che non lascia spazio alcuna alla redenzione, alla minima speranza. In fondo si avverte una sorta di riscatto quando Rosa denuncia e fa allontanare la propria famiglia dalla piazza; ma anche in fondo, c’è l’amarezza del perduto.

Un romanzo realista per chi non ha paura di scontrarsi con un quotidiano che pare lontano da chi non lo vive, giorno dopo giorno, sulla propria pelle.

 

© 2020 Robin Edizioni srl

ISBN 978-88-7274-729-2

Pag.267 €16,00

 

Written by Miriam Ballerini

 

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