L’Europa scoraggia il diporto: la tassa di stazionamento colpisce ancora in Grecia e Francia
“Il diportismo nautico è una passione per migliaia di persone che spesso investono i risparmi di una vita o la liquidazione per comprare un’imbarcazione usata” – Roberto Perocchio
Se ne parlava tra i diportisti già nel 2013, ma dal 2019, in Grecia, la TEPAH, ossia la tassa di stazionamento per chi naviga in acque greche, è diventata una realtà per le imbarcazioni sopra i 7 metri di lunghezza.
La TEPAH sarebbe dovuta entrare in vigore ai primi di gennaio, ma l’intervento della Cruising Association ha fatto sì che il termine per il pagamento sia stato spostato al 2 aprile del 2019 a seguito anche delle pressioni e delle proteste delle associazioni di categoria greche; il grosso delle barche arriverà tuttavia in Grecia o sarà rimesso in acqua proprio in primavera-estate, di conseguenza questo slittamento non avrà alcuna influenza, perché la TEPAH prevede che le barche rimessate a terra non paghino la tassa. [aggiornamento data nei commenti]
Una manovra dettata dall’Unione Europea sul modello della tassa Monti, volta a far cassa con ogni mezzo, e ad ogni costo. Torniamo per un momento nell’Italia del 2012 in cui lo Stato ha incassato dalla tassa sulle imbarcazioni poco più di 23 milioni di euro contro i 155 milioni attesi. Un risultato scoraggiante, pari a un misero 15% dei più lauti incassi ipotizzati dalla Ragioneria generale dello Stato, dovuto alla fuga delle imbarcazioni dai porti italiani alla ricerca di più accoglienti (e meno esosi) approdi stranieri. I dati dell’Agenzia delle Entrate mostrano come i diportisti di imbarcazioni, yacht e maxi yacht abbiano ai tempi preso il largo dall’imposta o quanto meno sono riusciti ad aggirarla.
La tassa greca sulle imbarcazioni dovrà essere pagata sia dalle barche battenti bandiera greca che estera. Ciò significa che i tanti diportisti italiani che hanno deciso di tenere la barca in Grecia (molti la charterizzano per ammortizzare i costi di ormeggio nei periodi di inutilizzo) dovranno mettere mano al portafoglio, e saranno costretti a pagare una doppia imposta: la tassa di possesso in Italia se possessori di imbarcazioni superiori ai 14 metri, eredità del governo Monti, e la TEPAH greca.
I costi per il diportista in Grecia:
da 7,10 a 8 metri: 200 euro/anno, pari a 16 euro/mese
da 8,10-10 metri: 300 euro l’anno, pari a 25 euro/mese
da 10,10-12 metri 400 euro/anno pari a 33 euro/mese
La cifra sale considerevolmente per le barche di oltre 12 metri, ovvero quelle che per i greci non rientrano più nella cosiddetta “nautica popolare”: si parla di 8 euro al metro lineare per mese.
Il proprietario di un 15 metri, sia esso a vela, a motore, nuovo o datato, dovrà pagare ad esempio 8€ x 15m = 120€ al mese x 12 mesi = 1.440 euro l’anno. Più la tassa di possesso italiana.
Cifre molto alte, nonostante alcuni sconti e sgravi. Se si tiene la barca a terra in cantiere, e lo si comunica all’autorità portuale di riferimento, non è dovuta la tassa per tutto il periodo in cui l’imbarcazione è effettivamente in rimessaggio.
Se si paga anticipatamente l’anno di stazionamento, verrà applicato uno sconto del 10%.
Se le barche entrano per la prima volta in Grecia, e decidono di starci l’anno intero, pagheranno una cifra scontata del 25% (il proprietario del 15 metri, pagherà quindi 1.1152 euro). Nessuno sgravio o risarcimento è previsto se si lasciano le acque greche anticipatamente al periodo di stazionamento versato.
Al di là delle tariffe, la criticità riscontrata dalla Cruising Association, l’associazione dei diportisti inglesi riguarda i metodi di pagamento, la difficoltà nel dimostrare il non utilizzo della barca, e la diversità delle procedure da porto a porto.
La registrazione e il pagamento dovrebbero essere effettuati on line, ma il sito dedicato (aade.gr) è disponibile solo in greco, e al momento non è aggiornato per consentire tale operazione. Le multe per inadempienza tuttavia arrivano fino a 500 euro.
La tassa pertanto può essere pagata per ora solo presso l’autorità portuale greca: gli armatori sono quindi costretti a recarsi di persona in Grecia per espletare il pagamento, o in alternativa, devono incaricare una persona di fiducia o un’agenzia nautica che possa effettuare il pagamento in loco. Altrimenti si riceverà una sanzione per il mancato pagamento.
Come la Croazia, anche la Grecia non ha studiato a fondo le ripercussioni negative della “tassa Monti”, una follia del decreto Salva Italia del 2011 che prese forma sulle orme della tassa Soru (la cosiddetta tassa sul lusso voluta anni fa dall’ex governatore della Sardegna), avrebbe dovuto insegnare che si tratta di una manovra non solo inutile, ma estremamente onerosa per le casse pubbliche.
La tassa Soru provocò in Sardegna un crollo immediato del 35% sul fatturato delle aziende legate ai servizi e al turismo nautico e, anche quando fu revocata nel 2009, le lasciò fortemente indebolite ad affrontare la crisi economica appena scoppiata in Europa, con risultati disastrosi sul piano occupazionale di cui i sardi pagano ancora le conseguenze.
Nel gennaio del 2010 è stata pubblicata la sentenza del novembre 2009 con la quale la suddetta tassa è stata dichiarata in contrasto con le disposizioni comunitarie e quindi nulla fin dall’origine. Benché fosse stata applicata anche alle ville, oltre alle imbarcazioni e agli aerei privati, la tassa sul lusso introdotta in Sardegna fruttò la metà dei costi di esazione e la Regione Sardegna è ancora indebitata per la restituzione delle somme dopo la pronuncia negativa della Corte di Giustizia della UE.
L’imposizione è infatti contraria alla libera circolazione sancita dal trattato di Lisbona e inoltre “introduce una restrizione alla libera prestazione dei servizi nel mercato dei servizi nautici e aerei, che costituisce una parte rilevante del mercato europeo“.
Proseguendo il nostro tour del Mediterraneo troviamo la Spagna che ha promulgato una “corporate tax” sui contratti di charter nautico producendo come effetto la fuga delle imbarcazioni da quelle coste, mentre in Francia, patria di numerosi navigatori di fama mondiale (ricordiamo tra i tanti Bernard Moitessier e i suoi famosi libri di mare), il governo Macron non è più favorevole alla nautica da diporto, e sta rispettando alla lettera i compiti che l’UE ha assegnato alla Francia.
L’UE, già nel maggio scorso, aveva invitato il governo francese a varare nel settore della nautica una serie di normative: nuove accise sui carburanti, revisione del regime di esenzione IVA, e varo di un nuovo regolamento per le concessioni demaniali sui porti; il governo Macron ha emanato anche una sorta di “tassa di soggiorno” sugli equipaggi dei grandi yacht che sostano nei porti francesi.
Queste nuove normative hanno reso gli approdi sulle coste francesi economicamente svantaggiosi rispetto a qualche anno addietro: ai tempi del governo Monti, circa 45mila imbarcazioni salparono in tutta fretta dall’Italia verso le più tranquille acque francesi, greche e croate.
Passata l’estate 2018, molti proprietari d’imbarcazioni che sostavano nei porti e porticcioli francesi hanno dovuto fare i conti con gli aumenti dei costi di ormeggio e di sosta e hanno quindi deciso di spostare i propri yacht lungo le coste liguri.
Questa migrazione di barche più e meno grandi verso le coste italiane, specialmente nelle provincie di La Spezia, Genova e lungo tutta la Riviera di Ponente, è dovuta essenzialmente all’ adeguamento da parte della Francia alle norme europee. La stessa Francia, però, non ha previsto una fuga di tale portata; si parla di oltre il 30% in più di presenze in Riviera di Ponente e nelle altre marine liguri, favorite anche da un provvedimento della Regione Liguria che ha recepito la norma dell’Iva al 10% sugli ormeggi di durata inferiore ad un anno.
Per il governo Macron questa norma è da considerarsi una concorrenza sleale come quella sui carburanti e per questo ha additato l’Italia alla Commissione UE tramite Pierre Moscovici. Sono così partite le “lettere” per chiedere la costituzione di messa in mora dell’Italia, accusata di elusione fiscale.
Bisogna sottolineare che questa migrazione di imbarcazioni dalla Francia all’Italia non è dovuta solo convenienza fiscale, e di certo l’Italia non è un “paradiso fiscale”. la Francia sta operando una politica serrata volta a “far cassa” nei confronti della nautica da diporto e non solo. Se uno yacht si ferma a lungo sul territorio francese, deve pagare i contributi a Parigi; e oltre alle aumentate tasse di stazionamento nei vari porti, si sono aggiunte quelle di stazionamento in acqua, che rendono il tutto non più sostenibile economicamente da parte di privati diportisti e società di yachting, che come conseguenza evitano così le coste francesi, spagnole, greche; da qui la fuga verso altre marine, italiane e soprattutto liguri per l’appunto.
Parigi e Bruxelles accusano l’Italia di far pagare troppo poco l’Iva sui carburanti per il noleggio “a breve tempo”; di operare dei benefici non regolari per gli yacht in charter per un periodo non superiore ai novanta giorni. Bruxelles informa anche che altri Paesi, come la Spagna, la Grecia, Cipro e Malta, sono sotto controllo da parte dell’Ue e sotto procedura d’infrazione.
Un Mediterraneo sempre più chiuso e difficile per i navigatori di tutte le nazionalità, un ideale di libertà a cui sempre più si tarpano le ali tra burocrazia, confini invalicabili, costi sempre più elevati.
“Non ne posso più dei falsi dèi dell’Occidente sempre in agguato come ragni, che ci mangiano il fegato, ci succhiano il midollo. E sporgo querela contro il Mondo Moderno, è lui, il Mostro. Distrugge la nostra terra, calpesta l’anima degli uomini.” – Bernard Moitessier
Written by Claudio Fadda
Info
Sito Associazione dei diportisti inglesi
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Il pagamento della TEPAH è stato fatto slittare a dopo il 9 maggio.