“Picasso. Capolavori dal Museo Picasso, Parigi”: in mostra al Palazzo Ducale di Genova sino a maggio 2018
“La pittura non deve essere una visione della realtà, non passa solo attraverso la nostra retina ma deve passare anche attraverso il nostro cervello”
Ospitata nelle sale dell’appartamento del Doge, presso il Palazzo Ducale di Genova, in un’esposizione che si concluderà nel maggio del 2018, Pablo Picasso si offre ai visitatori nella straordinaria dimensione innovativa della sua produzione.
Provenienti dal Museo Picasso di Parigi, le opere esposte sono state selezionate e suddivise in sezioni tematiche, così da accompagnare l’osservatore in un viaggio che ripercorre l’avventura umana e creativa dell’artista.
Pittore audace, poliedrico, tra i più originali del Novecento, Picasso fu anche disegnatore, scultore e anche ceramista, oltre che pittore. Il suo nome, più di altri, è intimamente legato all’arte moderna, tanto da essere considerato simbolo del superamento della tradizione.
Nato a Malaga nel 1881, Pablo Picasso cresce a ‘pane e arte’; suo padre infatti è insegnante di arte e anch’esso pittore. Ed è fin da adolescente che il giovane manifesta un raro talento; ma, nella sua appassionata ricerca artistica, abbandona i virtuosismi per piegarsi a un’arte che sia più autentica e vitale, e a lui congeniale. Ben presto, nel 1904, si trasferisce a Parigi, città che lo celebra con una rapida fama.
Personaggio singolare, passionale, dal temperamento ribelle e ironico, nel 1907, insieme a Georges Braque definisce i principi del cubismo, precisandone negli anni successivi alcuni aspetti fondamentali.
Durante il suo percorso di sperimentazione creativa, accompagnato da vicende personali turbolente, avverte il bisogno di crearsi un nome fittizio: adotta quello della madre, di origine ligure, Picasso appunto, che probabilmente preferisce a Ruiz, suo cognome originario. Forse, per affermare un’autonomia artistica dal proprio padre.
Nella fase iniziale della sua attività si dedica soprattutto a rappresentare personaggi in poltrona, tavolini con vassoi e bottiglie, composizioni di strumenti musicali, soggetti che ribadisce poi nei periodi meglio conosciuti come ‘blu’ e ‘rosa’.
Nel periodo ‘blu’ che si estende fino al 1904, sviluppa opere di gusto post-impressionista, volte a una sintesi della forma. Arco temporale questo, definito ‘blu’, perchè i dipinti sono monocromatici, realizzati in tutte le sfumature e tonalità del blu.
Quello ‘rosa’ è ricordato per la serie dei Saltimbanchi e dei personaggi del circo, raffigurazioni create nelle diverse gradazioni del ‘rosa’: periodo che si consuma negli anni 1905-1906.
Nel 1907, con Les Demoiselles d’Avignon, quadro che diventerà il Manifesto del Cubismo, dà una svolta fondamentale al proprio percorso pittorico. Les Demoiselles d’Avignon è opera considerata d’avanguardia, e funzionale per preparare la strada all’arte astratta, nella quale le figure sono rappresentate in maniera frammentata. Il pubblico, non avvezzo a fruire di immagini di questo tipo, è stupito, come pure i critici che definiscono il quadro il precursore dell’arte moderna.
Nel 1914 Picasso si trasferisce in Francia meridionale e, dopo un viaggio in Italia, recupera un realismo di ispirazione classicista del linguaggio figurativo. Per un breve periodo si accosta quindi al surrealismo, per dedicarsi poi, nel secondo dopoguerra, all’attività grafica e alla ceramica, manifestando anche il suo impegno politico ai congressi per la pace per i quali disegna la sua celebre Colomba della pace.
Per entrare nel cuore della retrospettiva allestita in Palazzo Ducale a Genova, occorre fare un accenno, seppur breve, al movimento cubista, di cui Pablo Picasso, unitamente a Georges Braque, è stato il fondatore.
Corrente artistica fra le più significative del primo Novecento, la sua portata è stata rivoluzionaria, tanto da lasciare un’impronta determinante nell’arte moderna: ha infatti scardinato la tradizionale impostazione rappresentativa propria della pittura precedente.
La spinta propulsiva che dà inizio al movimento cubista avviene grazie al già citato dipinto Les Demoiselles d’Avignon, nel quale per la prima volta Picasso esprime in maniera sistematica i principi fondamentali della sua pittura.
Ma, prima di procedere con la speculazione sul cubismo, è utile ricordare l’origine del termine ‘cubista’, coniato nel 1908 in relazione a un dipinto di Georges Braque. Osservando un quadro di Braque, un critico colse la tendenza dell’artista di ridurre in forme essenziali il soggetto impresso sulla tela, da cui si poteva dedurre la trasformazione dello stesso in cubi, o ‘cube’, in francese.
Il quadro su cui il critico sofferma la sua attenzione è un paesaggio, all’interno del quale l’artista ha esplicitato una singolare interpretazione del paesaggio: l’ha raffigurato secondo schemi geometrici, in prevalenza forme cubiche, per l’appunto. In quella rappresentazione, Georges Braque, uno dei maggiori rappresentanti dell’arte del ‘900, ha messo in pratica i suggerimenti di Paul Cézanne, impressionista d’eccellenza, secondo cui:
“In natura ogni elemento può essere tradotto in volumi geometrici come il cilindro, la sfera, il cono…”
Legato a un’unica prospettiva, Cézanne ricercava una sintesi formale del dipinto; i cubisti, invece, mostrano l’oggetto moltiplicandone i punti di vista per sintetizzarli poi in un’unica immagine plastica.
Riducendo in frantumi lo spazio basato sulla prospettiva centrale, che fin dal Rinascimento aveva dominato l’arte occidentale, i cubisti lo sostituiscono con una costruzione artistica libera, dove soggetto e sfondo hanno la medesima importanza, e il cui scopo non è raffigurare l’apparenza visiva delle cose, ma svelarne la struttura. E, per riuscire nel loro intento, i fautori del cubismo ricompongono gli elementi in un’immagine simultanea che l’osservatore può decodificare analizzando l’oggetto.
Ma, tornando al connubio Picasso-Braque, è importante aggiungere che furono i primi a intendere la realtà in modo plastico, e a rappresentarla, almeno inizialmente, con dipinti monocolore. Al fine di riprodurre una realtà che fosse concreta, e aliena da una dimensione interiore. Una realtà pittorica scomposta in molteplici piani, accostati sulla tela senza un ordine preciso o sovrapposti in un nuovo assetto.
Come già sottolineato, cardini fondamentali della pittura cubista sono la negazione della visione prospettica e la definizione realistica dei volumi, le quali offrono all’osservatore una visione totale della realtà, trascurando come l’oggetto si presenta allo sguardo di chi osserva. Inizialmente, le forme espresse nelle opere di Picasso sembrano snaturate, in così totale assenza di piani prospettici, dove non c’è difformità fra colore e luce. In realtà, i quadri cubisti sono il risultato di un processo di scissione del soggetto reale e di ricomposizione poi sulla tela, dove vengono rappresentate forme di oggetti distinti in elementari blocchi geometrici. Blocchi sfaccettati, che in molti casi somigliano a cubi o anche ad elementi sferici.
Le composizioni di Picasso appaiono frantumate, come se l’oggetto venisse smembrato e analizzato in tutte le sue parti, motivo per cui gli elementi dei suoi quadri vengono rappresentati come se fossero visualizzati da molteplici angolature e diversi punti di vista. Si può affermare pertanto, che le leggi della prospettiva tradizionale, la quale impone all’artista la scelta di un unico punto di vista, si contrappongono.
La scomposizione dei volumi in piani molteplici offre la possibilità, grazie all’impiego di più punti di vista, sia di visioni multiple dell’oggetto sia di immagini scandite da un’alternanza temporale, impegnando così l’artista ad analizzare in maniera approfondita la struttura stessa dell’oggetto e il suo funzionamento.
Ma nel cubismo, non solo è presente la scomposizione del volume di oggetti quotidiani frammentati in diverse schegge di realtà, e visti da diverse angolazioni e sovrapposti in un nuovo ordine; perchè il cubismo si occupa anche di analizzare volti, corpi e tutto ciò che è compreso in natura.
Le fasi, in cui per definizione si suddivide il cubismo sono due. La prima, collocabile intorno al 1909, definita Cubismo analitico, in cui viene analizzata la struttura della rappresentazione pittorica come un sistema autonomo da esaminare nelle sue configurazioni: le superfici vengono scomposte e gli oggetti smembrati, a prescindere dal loro significato. Intorno al 1912, invece, si parla di Cubismo sintetico, momento artistico in cui Picasso e Braque sviluppano un aspetto del Cubismo volto a ricostruire l’oggetto al di là di ogni connessione spazio-temporale, e lo fanno inserendo nelle opere elementi che si possono considerare estranei al dipingere vero e proprio: ritagli di giornali e altri materiali. Il solo scopo di questo tipo di integrazioni è sottolineare l’assenza di distinguo fra l’opera d’arte e la realtà esterna, senza offrire alcun scopo narrativo.
Che aggiungere ancora di una corrente pittorica dall’influsso così decisivo per il proseguo artistico mondiale? Innanzitutto che l’esercizio della pittura messo in atto dal Cubismo rappresenta un importante momento di rottura con le principali correnti artistiche del tempo. Con l’Impressionismo principalmente, i cui principi base poggiano sulla raffigurazione dell’attimo, oltre che sull’impressione transitoria della realtà.
Ma anche l’Espressionismo, fondato sulla rappresentazione dello stato d’animo dell’artista, si contrappone in modo netto al Cubismo che, invece, influenza notevolmente i movimenti artistici e le correnti successive, le quali, seppur con sfumature diverse si caratterizzano per un’impostazione pittorica non emozionale, ma razionale. Da menzionare fra queste Futurismo, Costruttivismo e Dadaismo.
“Picasso. Capolavori dal Museo Picasso, Parigi” è un evento internazionale che entra a pieno titolo nel progetto “Picasso-Méditeranée” del Musée National Picasso-Paris, cui partecipano oltre 60 istituzioni, al fine di rappresentare una particolare esperienza culturale destinata a consolidare le relazioni tra i Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo.
Avvenimento di notevole importanza, sia per il numero di opere di cui il pubblico genovese può fruire sia per la qualità, per sei mesi Genova ospita un vero e proprio museo, con una miscellanea di capolavori di uno dei più grandi, forse il maggiore, artisti del Novecento. Cinquanta sono i capolavori in esposizione nella mostra dedicata a Picasso, e cinquanta le emozioni suscitate nel visitatore da tali opere.
Ogni dipinto è infatti un universo a sé, con un significato ben preciso nel contesto museale in cui è inserito. Contesto museale organizzato in sezioni tematiche che comprendono opere di alto livello creativo. A cui si aggiungono integrazioni di grande rilievo, quali foto d’archivio e documenti autografati e non, che narrano la storia e la figura del maestro.
Il tutto alloggiato in pannelli che raccontano i punti salienti della vita dell’autore, e in riferimento alla sezione tematica che segue nell’immediatezza del percorso museale; dicotomia espositiva questa, che permette di essere guidati nella visitazione delle opere presentate. Introdotti ad hoc, i pannelli hanno toni neutri per non disturbare la percezione e la comprensione del lavoro dell’artista, a differenza delle opere esposte, che sono invece schierate su pannelli con morbide tracce di colore.
Tramite le oltre cinquanta opere e le numerose foto, il visitatore entra in un contatto privato con il percorso artistico del maestro, attraverso cui vengono presentati periodi e stili dell’artista dall’inizio del Novecento fino agli anni ‘70.
Opere previlegiate da Picasso e di particolare attaccamento da parte sua, da cui non si è mai separato fino alla morte, sono state offerte in prestito dal Museo Picasso di Parigi. Dagli studi preparatori per Les Demoiselles d’Avignon, fino alle tardive opere degli anni ‘70, la mostra ripercorre oltre mezzo secolo di sperimentazioni, documentando l’immensa produzione che caratterizza l’attività di Picasso, ed è testimonianza della vita sociale che ha condotto nei diversi luoghi in cui ha soggiornato. Al di là della diversità formale da cui sono investite, tuttavia, queste opere sono accomunate da un elemento straordinario: provengono tutte dagli atelier dell’artista, che le ha custodite gelosamente presso di sé.
L’atelier, specchio del processo creativo
È questa la tematica, tutta picassiana, che dà inizio alla visita della mostra, la quale, favorita da un supporto audio, ad esplicitare meglio il significato di alcune opere, a volte non propriamente decodificabili, affianca l’osservatore lungo il percorso narrativo museale.
La presenza degli atelier, luogo di creazione per eccellenza, è il focus dell’intera produzione pittorica di Picasso. Ma l’atelier non è solo ambiente di lavoro, è anche spazio vitale dell’artista, il quale diventa soggetto a sé, attraverso cui si possono percepire le condizioni in cui il pittore ha operato e dato spazio alla propria creatività.
Nei suoi atelier, la cui caratteristica più evidente è il disordine, il maestro riunisce le proprie opere e quelle dei maestri contemporanei come di quelli del passato. Si può dunque definire Picasso come un collezionista compulsivo, o anche un ‘conservatore museale’.
“Il modo di dipingere di un pittore è come la scrittura per i grafologi. Dentro c’è l’uomo intero”
La rappresentazione degli atelier attraversa tutta la produzione picassiana, e in tale contesto è uno l’elemento che più di altri si evince: il legame tra pittore e modella, il quale ricopre un ruolo di favore, a prescindere dalla diversa tecnica o stile utilizzato. Gli atelier di Picasso sono luoghi di sperimentazioni pratiche, dove il maestro colloca le sue opere, le sposta e poi le riunisce, contrario del museo immaginato da Andrè Malraux, che parla di ‘luogo mentale’ per definizione.
Le opere presentate in Palazzo Ducale, e i loro ‘viaggi’ da l’uno all’altro degli atelier di Picasso hanno inoltre un notevole significato: offrono l’opportunità di osservare l’artista nei suoi momenti creativi. Ma, soprattutto, fanno conoscere al visitatore ciò che il pittore ha scelto di mostrare e ciò che volutamente ha mantenuto segreto.
Tutte le sperimentazioni di Picasso possono essere interpretate come il risultato di un’unica ricerca: quella di un artista che non smette mai di rivelare i misteri della creazione e di raccontare della pittura in sé.
I cosiddetti Picasso di Picasso, ovvero il repertorio delle opere che Picasso ha scelto di esporre nelle proprie abitazioni, lo seguono in ogni suo trasferimento, decorando le pareti delle abitazioni in cui soggiorna. Rappresentano un laboratorio di cui l’artista si ciba per alimentare la sua continua sete di ricerca.
Tra le opere che Picasso conserva a scopo personale, anche gli autoritratti.
In esposizione a Genova un autoritratto del 1906 che mostra il pittore a mezzobusto con aria meditabonda. Accanto a questo, un altro autoritratto: Picasso in veste di pittore giovane con il pennello in mano. Entrambi sono testimonianza della continua riflessione sui gesti che gli ispirano creatività.
Al Bateau-Lavoir
Seconda sezione tematica del percorso espositivo è Al Bateau-Lavoir, che deve il suo nome all’analogia fra lo stabile in cui Picasso alloggiava nel 1904 e le imbarcazioni che sostavano lungo la Senna.
In questo luogo di lavoro ma, anche in questo caso, spazio vitale, Picasso incontra la sua prima compagna.
Ed è in questo stesso atelier che si compie la realizzazione del suo capolavoro Les Demoiselles d’Avignon, opera che lo consacra padre del cubismo e diventa testimonianza dell’importante svolta subita dalla sua ricerca. Collezionista appassionato, il pittore inizia a raccogliere sculture africane e oceaniche, mentre su esempio di Cézanne porta avanti la rappresentazione della figura umana e la costruzione volumetrica.
Variazioni 1: Bagnanti
Altro aspetto che percorre l’intera produzione picassiana è la figura della bagnante, presa in considerazione nella terza sezione tematica della mostra. Situazione di molte sperimentazioni stilistiche, dal classicismo al cubismo, l’elemento acquisisce una nuova valenza nel momento in cui il pittore incontra Marie-Thérèse Walter, di soli 17 anni.
La sequela delle Bagnanti è indice del rapporto amoroso fra i due, rimasto a lungo segreto. Uno dei quadri esposti, della serie delle Bagnanti, è stato dipinto durante una vacanza del pittore sulla costa bretone, e vi si può rintracciare la presenza nascosta dell’amante dell’artista.
I giochi con la palla diventano l’occasione per proporre la rappresentazione del corpo e dei movimenti, mentre la figura geometrizzata rammenta il discorso plastico dei surrealisti. Nel contesto pittorico, la bagnante è emblema di erotismo, mentre la cabina diventa luogo di nascondiglio e simbolo del segreto, oltre che espressione del desiderio tra la modella e l’artista.
Rue des Grands-Augustins: l’artista all’opera
In questa nuova sezione, riferita all’abitazione occupata da Picasso nel 1937, il protagonista è ancora l’atelier. Ma, con lo scoppio della guerra civile spagnola e della Seconda guerra mondiale il modo di dipingere di Picasso subisce un’evoluzione. La materia pittorica diventa più corposa e viene stesa con pennellate più mature.
Personaggi dai volti alterati e dall’aspetto orrendo affollano un tipo di pittura atta a coniugare violenza ed intensità, proprio per esprimere l’orribile periodo bellico in cui le opere vengono realizzate.
La vita sentimentale del pittore subisce un cambiamento con la comparsa di Dora Maar, fotografa e poetessa surrealista, con cui Picasso stabilirà un rapporto sì d’amore, ma anche molto conflittuale. Sarà in questo atelier che il pittore dipinge Guernica, il suo capolavoro, che presenterà all’Esposizione internazionale di Parigi del 1937.
Variazioni 2: Donne con cappello
Quinta sezione tematica del percorso museale è intitolata Le donne con cappello.
Le donne con cappello sono un elemento ricorrente nella pittura di fine ‘800. Esempi se ne possono riscontrare anche nelle opere di August Renoir e di Henri Matisse.
Sarà Picasso, però, a dare al soggetto una diversa dimensione, rivisitandolo secondo stili e tecniche diversi.
Le donne con cappello sono rappresentative del suo lavoro sulla figura umana, e filo conduttore dell’iconografia picassiana. Picasso acquisisce una padronanza del soggetto che risolve con la rappresentazione dei volumi del corpo nello spazio della tela.
Il soggetto femminile raffigura anche il rapporto che il pittore intrattiene con le modelle. Nonostante ciò, Picasso fa delle donne col cappello la personificazione di un rapporto disarmonico tra l’artista e la sua modella che, collocata a distanza, viene rappresentata in posizione ferma, come costretta fra i braccioli della poltrona che l’accoglie.
‘Sono prese nella trappola di quelle poltrone come uccelli chiusi in gabbia’
Il ritratto picassiano, vuol essere al contempo un atto di omaggio alla donna, ma anche un gesto di possesso.
Nei diversi dipinti delle donne con cappello, esposti in mostra, cambiano le tecniche e i toni, ma in tutti i lavori si può rintracciare l’influenza che ogni carattere influisce sulle sperimentazioni di Picasso.
In questa fase della sua vita, ai ritratti delle sue compagne di vita si aggiungono anche quelle di personalità quale Nusch Eluard, che partecipa alla vita mondana dell’artista.
Gli atelier mediterranei
Nella sezione tematica Gli atelier mediterranei è il Sud della Francia ad assumere il ruolo di protagonista. In un villaggio ai piedi delle Alpi, nel 1948, Pablo Picasso scopre il fascino che scaturisce dalla lavorazione della ceramica, apprendendo i principi tecnici dai maestri vasai del luogo.
Si sposta quindi a Cannes con una nuova compagna. Sono anni in cui l’artista stabilisce anche un rapporto stretto con la fotografia, mettendosi in scena con pose e travestimenti, e dando origine a un’immagine costruita insieme ai fotografi David Douglas Duncan e Roland Penrose. Anche in quest’occasione l’atelier occupa uno spazio importante, diventando scenografia della sua quotidianità.
Il dialogo con i maestri: Manet nell’atelier
“Quando guardo la colazione sull’erba di Manet, so che poi ci sarà da soffrire”
Così si esprime Picasso a proposito del capolavoro di Manet, di cui è grande ammiratore. Attorno a quest’opera Picasso lavora per circa 3 anni, dal ‘59 al ‘61; attraverso un eccezionale repertorio di versioni, a distanza di un secolo, il pittore dialoga con il maestro ottocentesco.
Dei personaggi inseriti nella scena Picasso offre una visione poetica, tanto che sembrano uscire dallo spazio pittorico accompagnando l’artista che posa in loro compagnia nell’atelier. Il quadro testimonia inoltre i rapporti che Picasso stabilisce con i suoi predecessori: lascia che l’esempio dei grandi maestri lo inciti nelle sue espressioni pittoriche. Quest’opera è al contempo omaggio e confronto con loro, che rappresentano fonte d’ispirazione e di reinvenzione plastica.
Mougins l’ultimo atelier
È il 1961 l’anno considerato nella sezione dal titolo Mougins l’ultimo atelier.
Ed è l’anno in cui Picasso si trasferisce a Mougins, un paesino delle Alpi Marittime dove conclude la sua esistenza, ricca e piena di passione. Sempre circondato dalle sue opere e dalle sue collezioni.
In questa porzione di mostra viene posta la questione del nudo femminile con un erotismo esplicitato in immagini dai corpi languidi. Visioni di corpi intrecciati danno la misura dell’inclinazione dell’artista per la sua ultima modella. Il suo nuovo stile, dalla pennellata densa e dal disegno semplificato, viene considerato scandaloso. Alla scena contemporanea Picasso preferisce l’astrazione e le pratiche concettuali che si vanno affermando in quegli anni.
“Dipingo come gli altri scrivono le loro autobiografie. I miei quadri, finiti o no, sono le pagine del mio diario, e, in quanto tali, sono validi. Il futuro sceglierà le pagine che preferirà. Non sta a me farlo”.
L’atelier, luogo di vita
Nell’ultima sezione ricorrente è ancora l’elemento atelier, anche in questo caso come luogo di vita e di unità familiare. È un’immagine della famiglia riunita quella proposta nella sezione conclusiva della mostra di Palazzo Ducale. Le opere qui esposte celebrano la vita familiare e quella pubblica del pittore. La separazione dalla sua ultima compagna si è ormai consumata e Picasso sente il bisogno di ritrarre la madre dei suoi figli in una tenera posa, propria dell’amore materno: una mamma che cinge due bambini chini sul foglio bianco, oltre che il figlio Claude intento a dipingere.
Infine, per concludere questa trattazione su Picasso e sulle sue opere esposte in Palazzo Ducale di Genova, occorre fare una precisazione. L’autrice dello scritto non è una super-esperta di storia dell’arte, per cui la discussione può risultare limitata; ma, a giustificazione di ciò, è opportuno aggiungere che tale aspetto è funzionale alla misura adottata per sviluppare l’elaborato, ovvero da un punto di vista squisitamente soggettivo. Considerazioni soggettive quindi, che possono essere opinabili, ma che portano con loro l’auspicio di essere state esaustive nell’esplicitare ciò che la retrospettiva ha raccontato. Racconto che contempla anche l’emozione che ogni singolo quadro trasmette al visitatore.
“In fondo è possibile che io sia un pittore senza stile… spesso lo stile è una cosa che imprigiona il pittore in una stessa visione, in una stessa tecnica, in una stessa formula per anni e anni, a volte per tutta la vita, io sto sempre a scombinare, a rimescolare. Mi vedi qui, eppure sono già cambiato, sono già altrove. Non sono mai al mio posto, ed è per questo che non ho uno stile”.
Written by Carolina Colombi
Photo by Carolina Colombi
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Sito Palazzo Ducale – Pablo Picasso
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Bellissimo articolo! Grazieeeee
Picasso è il mio pittore preferito! Andrò più di una volta a vedere la mostra!
GRAZIEEEE