“Essere vivi” di Cristina Comencini: c’è una catastrofe nell’esistenza di ciascuno
“Essere vivi” è il nuovo romanzo di Cristina Comencini, famosa scrittrice, regista e sceneggiatrice, edito da Einaudi nel 2017.

“Ehi, ragazzo, hai mai visto una catastrofe così bella?” – “Zorba il greco”
La parola catastrofe deriva dal greco καταστροϕή e significa rovesciamento. Se pur secondo Aristotele è l’atto conclusivo di un dramma, per Zorba, protagonista del film diretto da Michael Cacoyannis, tratto dal romanzo di Nikos Kazantzakis, è la posizione di chi gode dei semplici piaceri dell’esistere.
Non a caso “Essere vivi” è introdotto da una citazione da “Zorba il Greco” che tornerà altre due volte nel testo del romanzo.
I personaggi descritti dalla Comencini devono tutti fare i conti con una doppia vita, una prima ancestrale e primitiva, un’altra frutto di una rinascita luminosa, al di fuori della grotta delle origini.
Caterina è una bambina che non cammina e che viene lasciata dalla propria famiglia reclusa in casa o in un recinto, da dove, strisciando sulla pancia, può osservare, in compagnia di un cane, un melo e le pecore in lontananza.
In seguito ad una catastrofe, nello specifico un incendio, sarà l’unica a sopravvivere e verrà adottata e cresciuta con amore e dedizione, fino ad imparare a relazionarsi con il mondo esterno e a camminare, anche se zoppicando.
Graziella, madre di Caterina e moglie di Alfio, è una donna di prorompente vitalità, dalla risata contagiosa e ammaliante, che si realizza nella catastrofe, ossia nel rigenerare e ripartorire persone, luoghi e cose.
Eppure essa stessa si trova divisa in due vite e, così come ha fatto con la figlia adottiva, da lei ribattezzata Caterina per amore di “Cime Tempestose”, muta il proprio nome in Maria, dopo aver lasciato il marito e seguito Sebastiano, un pittore dal disturbo bipolare ossessionato dall’Apocalisse, ossia dalla catastrofe estrema.
La scena iniziale del libro, che come “Zorba il Greco” appartiene al genere del romanzo di formazione, pare, tuttavia, quella di un giallo: in seguito ad una catastrofe, nello specifico un presunto suicidio, i cadaveri di Graziella/Maria e del compagno vengono ritrovati in un hotel in Grecia e i rispettivi figli, Caterina e Daniele, sono convocati per riconoscere i corpi e riportarli in patria.

Anche il figlio di Sebastiano ha un “prima”, ossia la fanciullezza in balia dell’umore del padre, è un “dopo”, ossia una vita adulta in cui egli assume il ruolo di genitore.
Eppure entrambi i protagonisti mantengono il legame con il proprio passato, nascosto nel ventre della memoria: Daniele è un istintivo indomabile e ossessivo, Caterina è una sensitiva.
Attraverso uno stile duro e tagliente, la Comencini ci porta a riflettere sulla preziosità dell’essere semplicemente vivi e sulla necessità di accogliere l’interezza della nostra storia per poter godere del dono del futuro.
“E se, tutti, non fossimo altro che i superstiti di una catastrofe già avvenuta, di cui abbiamo perduto la memoria, ma di cui continuiamo a subire le conseguenze?” – Fausto Gianfranceschi, Aforismi del dissenso
Written by Emma Fenu