Le métier de la critique: il rifiuto della condanna in Ian McEwan
Ritorno sempre con grande piacere a parlare dello scrittore anglosassone Ian McEwan, il cui debutto letterario –in quella che venne definita una letteratura di influenza gotica- ha dettato le premesse di una fulgente e incisiva carriera, nonché l’eclatante sviluppo di una delle menti più fervide nel campo della scrittura degli ultimi cinquanta anni.

Più noto per il romanzo Espiazione (titolo originale Atonement) pubblicato nel 2001 dal quale è stato tratto un fortunato adattamento cinematografico per la regia di Joe Wright nel 2007 e per il romanzo breve Amsterdam con il quale vinse il Booker Prize, McEwan ha avuto modo di mostrare, nell’ultimo decennio, una grande versatilità tematica nei suoi vari scritti.
Se – come si passerà brevemente in rassegna in questo saggio – la letteratura d’esordio dello scrittore fu catalogata dalla severa critica come appartenente al cosiddetto nuovo gotico per l’incidenza di tematiche quali la devianza, la morte e la presenza di un narratore freddo ed impersonale, negli ultimi anni l’autore ha mostrato di aver studiato con particolare perizia la materia di cui è andato a trattare.
Non solo il clima sociale e l’atmosfera pregna di tabù e pregiudizi della società inglese nel periodo imminente alle lotte per le rivendicazioni della libertà sessuale (On Chesil Beach, 2007) ma anche il dilemma degli inglesi pro e contro il conflitto militare in Iraq (Saturday, 2005), la cortina di ferro Germania-Russia nel dopoguerra vista nell’universo dello spionaggio di stato (Sweet Tooth, 2012) ed ancora le problematiche d’interesse globale dinanzi al grave problema del cambiamento climatico (Solar, 2010).
Un approfondimento va fatto in maniera particolare sull’ultimo romanzo dell’autore, The Children Act (2014), nel quale il nostro scopre le nervature di un’aporia ingestibile, quella di un giudice che si trova a decidere di imporre una terapia urgente a un ragazzino figlio di una coppia Geova che, invece, rifiuta strenuamente l’intervento trasfusionale ben sapendo che Adam Henry – questo il nome del protagonista – è malato di leucemia e senza intervento medico sarà condannato a una veloce morte.
Con questi brevi ma significativi accenni alla materia degli ultimi lavori dell’autore è evidente come McEwan sia un autore profondamente lucido ed aderente alle questioni e problematiche sociali che concernono l’uomo nella sua attualità o che lo hanno riguardato in dati momenti del passato. Le cornici storico-ambientali nelle quali l’autore sviluppa le sue storie dipanando trame curiose dove generalmente più persone – tra loro estranee per famiglia, gruppo sociale, età, etc. – giungono in contatto in maniera accidentale decretando una disarmante rottura nella consuetudine e l’origine di una crisi di coscienza.

McEwan ha sempre mostrato nelle sue storie che vi è generalmente una risoluzione binaria di scelte, una doppiezza di possibilità da intraprendere senza attribuire ad una di esse un’accezione negativa e all’altra positiva. I dilemmi che vengono posti – come quello di aiutare o no una donna che sta per essere violentata in Amsterdam (1998) o quello di intervenire o meno per mettere in salvo un bambino che viaggia su una mongolfiera in avaria in Enduring Love (1997) – sono esemplificativi dell’esigenza umana di fare una scelta.
Una decisione che spesso non può essere rimandata nel tempo ma che deve essere presa subito, all’istante, magari in maniera istintiva e poco razionale ma che chiama l’uomo a un responsabile intervento, a una presa di posizione, a una fattiva partecipazione alle questioni anche quando – proprio come la questione dell’interventismo o del neutralismo inglese in Iraq – non riguardano direttamente e da vicino la nostra pelle.
Prendere una decisione è segno di partecipazione. Non sempre la decisione presa è buona o è quella che potrà consentirci benessere, sicurezza e soddisfazione ma è comunque foriera di una serie di accadimenti in qualche modo motivati – ragionevolmente – dalla nostra scelta, più o meno responsabile essa sia.
L’invito che McEwan fa è quello di guardare oltre dal nostro piccolo giardino, di focalizzare un nostro atteggiamento ipotetico (se e ma) su fatti che non ci toccano direttamente, di calarci nei panni dell’altro, di maturare una consapevolezza tale che ci consenta di essere pronti al mondo nel quale viviamo.
Le categorie sociali, le inclinazioni affettive, le ideologie, le forme di pensiero e le religioni, gli stili di vita, il grado di socializzazione sono tutti fattori che determinano in maniera significativa sull’adozione di una determinata scelta piuttosto che un’altra.
L’autore nei suoi romanzi non ci conduce solo ad un bivio difficile su quale strada prendere, ci fa solidarizzare con il personaggio o ci fa dialogare animatamente con lui, contravvenendo alla sua decisione – magari apparentemente banale oppure, al contrario, vistosamente azzardata.

Questo procedimento narrativo consente un’elucubrazione continua come se il lettore sviluppasse nella sua mente due storie parallele, due diverse possibilità di consecutio, un po’ – tanto per semplificare- come avviene con i tanto diffusi libri – gioco degli anni Novanta nei quali effettivamente era non tanto l’autore del libro ma il lettore ha costruire la storia, a scegliere il finale, a bearsi di aver fatto compiere al suo personaggio-figlioccio un determinato percorso.
Ecco, allora, che in quella incredulità e vaghezza che si respira nel trovarci dinanzi a varie possibilità di azione, che il narratore carica gli apparati narrativi di un significato subliminale, inespresso sulla carta, più ampio, radicato all’interno del concetto di moralità. Se prendere una scelta comporta esporsi in un determinato modo dopo aver considerato la validità di ciò che si decide di difendere o propagandare, tale scelta è moralmente valida dalla comunità?
Alcuni esempi tratti dalle opere del Nostro possono servire a chiarire meglio questo aspetto. La giovane Serena Frome (Sweet Tooth, 2012), spia dei russi nello scenario del post Seconda Guerra Mondiale, dopo aver sottratto dei racconti a Thomas Haley ed essersi al contempo innamorata di lui, vivrà in una condizione di angoscia e tribolazione dannandosi per il furto verso una persona che ama e per il fatto di non riuscire/non poter rivelare l’accaduto.
Si direbbe che Serena – da spia – non ha agito umanamente ma nell’avviluppato e pericoloso scenario storico nel quale si trova in veste di investigatrice, quello della guerra fredda, ha davvero prodotto un’azione da definirsi immorale?

In Enduring Love (1997) il compositore Clive Linley, rifugiatosi in campagna per ritrovare la giusta ispirazione per completare la sua sinfonia, è testimone di una violenza sessuale contro una donna che – pur urlando e chiedendo disperatamente aiuto – lui non si sente in obbligo di aiutare proprio per non rompere la magia ricercata della tranquillità per una propizia creazione artistica.
Clive è un personaggio che va demonizzato per ciò che compie, o meglio, per ciò che non fa? Per la sua inazione? Il suo non agire è riconducibile a un urticante menefreghismo o va addirittura percepito come bieco avallo della violenza di genere alla quale non si oppone?
McEwan non ci dà attestazioni di fastidio o recriminazione nei confronti dei suoi personaggi spesso incentrati su un accentuato egoismo e disattenti al sociale perché, come rivelò in un’intervista, uno scrittore non è un giudice e non deve giudicare, condannare, incolpare, puntare il dito, etc. Con questo, comunque, va detto che non è neppure valido il contrario. Ovvero l’autore non intende mostrare un atteggiamento distaccato e menefreghista o far passare l’idea che un stupro sia ben poca cosa se paragonato al silenzio e all’intimità con la natura atta a una creazione artistica.
Semplicemente lascia che sia il lettore a maturare un suo pensiero -non un giudizio -; difatti se l’autore non è un giudice nemmeno i lettori devono avere la velleità di assumere una simile prerogativa per impartire la giustizia e il diritto.
Written by Lorenzo Spurio