“I Giocatori” di Enrico Ianniello: rouge ou noir, fate il vostro teatro, fate il vostro cinema

«Non ci vuole arte e scienza per conoscere il futuro, basta guardarsi allo specchio».

I giocatori di Enrico Ianniello da Els Jugadors di Pau Mirò.

I Giocatori

È così, a volte guardarsi allo specchio diventa necessario, perché nel nostro volto riflesso si nascondono i fantasmi del passato, quelli che ci accompagnano nel presente e si arrampicano come gatti tra le rughe d’espressione che affollano gli angoli delle palpebre e solcano la fronte. Ma come si può mettere davanti ad uno specchio, quindi davanti ad uno spazio obbligatoriamente limitato, una intera società? Come si può cercare il volto riflesso di un intero sistema, di tante molteplici e distanti vite che molto probabilmente non si incontreranno mai e nemmeno si sfioreranno? Occorre raccogliere in uno spazio ridotto, anche fisicamente, quell’infinità di microcosmi: è inevitabile quanto necessario. Si deve procedere dal particolare all’universale ed è uno sforzo che si può realizzare felicemente e pienamente soltanto su un palcoscenico o sostituendo allo specchio la macchina da presa.

I Giocatori” nella versione cinematografica è un esperimento perfettamente riuscito: se nello spazio-limite del palcoscenico si condensa quella parte di società angosciata e frustrata dal desiderio inappagabile (e terribilmente utile per sopravvivere) di possedere denaro e potere, la macchina da presa nelle mani di Enrico Ianniello diventa molto più che uno specchio: soggettive ed oggettive tendono a coincidere, nei dialoghi l’angolazione di quinta lascia intuire la presenza di un’ombra che segue e si muove accordandosi ai gesti dei quattro personaggi come fosse un altro personaggio, un altro personaggio che partecipa e con-patisce sia l’avvilimento e il sentimento di generale impotenza, sia quella naturale ed incrollabile capacità di trasformare l’inferno della quotidianità in un sorriso amaro.

Lo specchio prende vita, la macchina da presa diventa l’occhio del personaggio-spettatore che si siede al tavolo da gioco nel bell’appartamento napoletano del Professore insieme con l’Attore, il Barbiere ed il Becchino. Ed una volta seduti a quel tavolo non ci si può più impedire di osservare e ragionare su una condizione esistenziale solo all’apparenza diversa da quella di molte, forse troppe, vite. Ianniello utilizza carrellate lente e nell’appartamento ci si ritrova già, dalla prima inquadratura: non si entra da una porta, ci si ritrova già nei corridoi e nelle stanze, già complici e partecipi del gioco attoriale.

I Giocatori

La casa è l’ambiente unico dove ogni azione si consuma inesorabilmente, persino l’azione futuribile è già conclusa nel momento in cui viene prospettata tra le mura domestiche. Ed è un ambiente, questo, che si frantuma così come si dividono i personaggi: sono quattro, ma rimangono ora soli con i propri incubi, ora in due a confidarsi, ora in tre in attesa di una parola o di un gesto che scardini l’ordine monotono cui sono condannati. I personaggi si separano e si ritrovano sulle scale o su un balcone, proprio come fossero loro stessi, i Giocatori, carte di un mazzo distribuito di volta in volta attraverso i razionali piani-sequenza che il regista sceglie di utilizzare per portare avanti senza inciampi la narrazione.

Quasi una raffinata Nouvelle Vague si mescola così all’immediatezza del sobbalzare e dello spostarsi della macchina che segue le azioni dei quattro protagonisti con inquadrature strette e primi piani. Altra protagonista è Napoli: le entrate in campo dal fuori campo rivelano, attraverso gli insistiti riflessi nei vetri delle finestre, la presenza di una città che è “una maschera protusa che ti invita a mettere la faccia nel lato vuoto, per esistere”.

Il Professore si accende una sigaretta, la radio è tutta un borbottare circaquestioni di soldi, business e malintenzionati informatici e grandi multinazionali”. È mattina, entrano in scena il Barbiere e l’Attore ed un’aura drammatica investe l’intera giornata: l’atmosfera tesa che i tre interpreti riescono a costruire garantisce sin dall’esordio la riuscita dell’intero film.

I personaggi sono definiti in maniera efficace, perché rigorosa: Renato Carpentieri fa lottare il Professore con il fantasma del padre e basta che il suo sguardo sfuggente impercettibilmente si sposti diretto e liquido verso la macchina da presa per disvelare la messinscena pur mantenendosi nel ruolo. Uno sguardo soltanto e del matematico fragile, insicuro ed orgoglioso si conosce (quasi) ogni aspetto. Ottimo Tony Laudadio, l’Attore fallito che si scopre a poco a poco: anche in questo caso gli occhi sono fortemente rivelatori, negli occhi sempre dilatati e accesi da un lampo di delirio folgorante sta il personaggio che va alla ricerca di “mistero” e adrenalina, che fallisce miseramente i provini e si dedica a piccoli furti nei supermercati non potendo più provare l’ebbrezza di un vuoto di memoria in scena.

I Giocatori - Renato Carpentieri

Mentre il Barbiere e l’Attore discutono in cucina e il Professore si veste in camera, il Becchino prepara la sua entrata in scena in bagno, davanti allo specchio. Il Becchino balbetta, ma è l’unico personaggio che cerca sempre e comunque di esprimersi, anzi, pretende di essere ascoltato ed Enrico Ianniello costruisce una parlata efficacissima, mai parodistica, vorace, ma anch’essa fortemente drammatica perché ostinata.

Il grottesco nasce apparentemente in maniera del tutto spontanea dal contrappuntistico gioco attoriale: la giornata prosegue, arrivano nuove mattine e nuove notti, i minuti si dilatano e le ore svaporano nel fumo di una sigaretta. Assenti, negligenti, incapaci di reagire alle loro vite, dolcemente egoisti, i quattro Giocatori si ritagliano nell’appartamento un posto nel mondo e nella città che garantisca loro una sospensione dal fallimento e dalla frustrazione. Ma sono davvero destinati a fallire?

La causa del disagio e del disorientamento di questi uomini di mezza età (del Professore e dell’Attore specialmente) è nascosta nel passato e nel rapporto con un padre le cui “reliquie” diventano premonitrici di quel colpo di testa che i quattro sceglieranno come unica soluzione possibile alla crisi che limita ogni loro azione e rende claustrofobico persino l’arioso appartamento dove si incontrano in attesa di giocare la partita che pirandellianamente non si conclude mai.

Sebbene il Professore lasci la porta di casa sempre aperta, il mondo non vi entra, ma solo i tre fedeli amici tornano a cercare la sua compagnia, compagnia ambigua, fatta di parole non dette, sogni e pensieri raccontati con la stessa naturalezza con cui si beve un caffè. Sia il Barbiere – che Marcello Romolo rende come un gentile ed arrendevole marito e lavoratore sconfitto, attraverso un sorriso che si spezza e uno sguardo che sfugge e si abbassa perso dietro il rimuginare stanco – sia l’Attore rappresentano paradossalmente la coppia più statica nel movimento della resa,mentre il Professore e il Becchino cercano, pur disincantati, un riscatto: l’uno dal fantasma del padre (Andrea Renzi) e dallo scacco intellettuale dello studente che lo ha portato ad una reazione violenta, l’altro dalla vanità ruffiana del mondo in cui “le parole non servono più a niente” perché è proprio la violenza ad essere ormai l’unico vettore comunicativo: «Noi ci uccideremmo l’uno con l’altro per strada, ma invece di ucciderci, sorridiamo».

Enrico Ianniello

C’è una tenerezza ostinata nel dramma scritto da Pau Mirò (Els Jugadors) che nella traduzione in lingua napoletana di Ianniello assume una grazia dolente, e si tratta di una tenerezza e di una sofferenza che assumono diverse forme: ogni Giocatore scommette e vive a modo suo per l’istante che lo può sollevare dal peso dell’esistenza e che lo può trascinare in una dimensione, in un frammento fuori dal tempo. Quando la carta sta per sollevarsi e decretare la vittoria, solo allora un Giocatore si allontana da tutto e tutti. Ma le partite dell’Attore, del Barbiere, del Professore e del Becchino non vengono mai portate a termine: se per il Tristam Shandy di Sterne smettere di raccontare significava morire, per i Giocatori arrivare alla conclusione di una partita in cui scommettono soldi che non posseggono e cercano di destreggiarsi con una sicurezza che non hanno è altrettanto fatale. E tuttavia la tentazione di vivere è troppo forte: “rouge ou noir!”, facciamo il nostro gioco, si dicono, e se per il resto del mondo che si muove oltre le finestre siamo solo degli invisibili, tanto vale tentare il rischio di giocare fino all’ultima mano.

Sono tenerezze e malinconie diverse quelle di questi quattro personaggi, ma sono, questi, antieroi incapaci di essere cinici e anche nell’incomunicabilità più oscura non sprofondano mai nell’ottusità.

«E tu perché non compri più i biscotti, tu Professore perché non compri più i biscotti? Prima dentro a questa casa ci stavano sempre i biscotti. E ‘mo da quando non ci sono più i biscotti ‘sta casa fa schifo. Lo sapete pure voi!» la battuta è del Becchino, unico tra i quattro che si ribella apertamente al comune destino di “stranieri in patria”, personaggio che risolve la tensione ristabilendo l’ordine in nome di quella “famiglia” di uomini che lottano contro l’anaffettività e l’anonimato con un piglio a mezzo tra l’ironia shakespeareana, il nichilismo beckettiano e lo slancio utopico tradito eduardiano.

Raffinato il montaggio di Pierpaolo Centomani che rende compatta questa visione di frammenti, raffinata la colonna sonora (musiche di Mendelssohn e Brahms) che ricalca la presenza – assenza dei singoli Giocatori assorbiti da sé e dagli altri compagni di gioco, colonna sonora che accompagna i sogni del Professore e del Becchino. Pulita la fotografia di Pietro Emozione, funzionale alla messa a fuoco sempre puntuale.

Lo spettacolo teatrale “Els Jugadors” di Pau Mirò vincitore del premio Butaca 2012 come miglior testo in lingua catalana è stato tradotto da Enrico Ianniello in lingua napoletana “Jucatùre – I giocatori”, premio Ubu 2013 come miglior novità straniera tuttora in tournée.

Il film “I Giocatori” è una produzione firmata da Rai Fiction, Rai CPTV di Napoli e Teatri Uniti. In onda domenica 27 dicembre 2015 in prima visione assoluta su RAI3, in streaming su Rai Replay.

 

Written by Irene Gianeselli

 

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