“Survivor” di Chuck Palahniuk: la storia del sopravvissuto al suicidio collettivo di una setta di fanatici religiosi
“Uno due, tre prova.
Forse quest’affare funziona. Non lo so. Neanche so se riuscite a sentirmi.
Ma se ci riuscite, ascoltate. E se state ascoltando, bè, allora quello che avete trovato è la storia di tutto ciò che è andato storto.”
Survivor, secondo libro pubblicato nel 1999 dallo scrittore Chuck Palahniuk, racconta grottescamente la storia dell’unico sopravvissuto al suicidio collettivo di una setta di fanatici religiosi, i Creedish: la storia, narrata in prima persona da Tender (il protagonista), viene registrata registra dalla scatola nera del Boeing 747 mentre l’aereo si sta schiantando nel deserto dell’Australia.
La voce di Tender trascina con un ritmo incalzante il lettore in una dimensione alienante, grottesca, senza scampo e senza confini delimitati.
Dal racconto di Tender vengono fuori lentamente gli oscuri segreti della comunità, i riti deliranti e le usanze (solo i primogeniti maschi hanno il diritto di avere famiglia mentre gli altri, appena diciassettenni abbandonano il villaggio e vengono sfruttati al servizio di altri) fino alla confessione del suicidio in massa di tutti gli altri membri della setta.
Fino al momento della fuga dalla sua comunità (di cui il protagonista è uno degli elementi più bassi) Tender non immagina l’esistenza di un mondo diverso da quello in cui è cresciuto; la comunità, con i suoi strani e folli rituali, è un luogo che rifiuta le meccaniche della ritualità quotidiana, ma è anche un luogo folle in cui rifugiarsi, in cui accettare e vivere una dimensione altra.
Tutto cambia quando il protagonista sembra essere l’unico superstite dei Creedish. Da anonimo, acquisisce visibilità e in un attimo è sotto i riflettori.
Attorno a Tender, viene costruito un fantomatico alone di notorietà che lo eleva in pochissimo tempo al ruolo di messia mediatico, star seguitissima, autore di best seller futili e inutili.
Questo nuovo status lo rende consapevole di quel genere di verità “che ti si affollano dentro… realizzi che non c’è ragione di fare nulla, se nessuno ti guarda. E ti chiedi… se alla crocifissione ci fosse stata meno affluenza del previsto… l’avrebbero rimessa in programma? Capisci che se non c’è nessuno a guardarti, tanto vale restartene a casa”.
Inghiottito passivamente nel vortice della fama, la star “Tender” è imprigionata in noiose meccaniche in cui l’unico epilogo possibile è il sacrificio di sé stesso, la consapevolezza che “soltanto con la morte vediamo qualcosa di nuovo”e nel momento in cui si scopre che il suicidio in massa è in realtà un omicidio di massa, per Trevor ha inizio la sua discesa, che culmina con il disastro aereo.
Lo stile di Palahniuk è incalzante, serrato, il lettore ha la sensazione costante di trovarsi all’epilogo, incastrato in un inferno senza confini e senza ritorno.
L’incubo non ha limiti perché il protagonista vive in realtà dimensionali assurde e grottesche: nella comunità dei Creedish, lontano dai contatti con la realtà e successivamente (da star) affogato e divorato dal futile della visibilità a tutti i costi.
Due estremi che si toccano e si confondono, tanto che resta difficile comprendere quale sia la follia più alienante, il ritiro in una dimensione lontana dalle “comuni regole di società” o l’annegamento in un mondo grottesco e fintamente“reale”.
Cogliendo l’evidente critica verso una società impregnata di culti, credenze, predicatori fasulli, il lettore vive una bidimensionalità lontana dalle comuni regole accettate che non lascia respiro e diventa soffocante.
Il Countdown del protagonista diventa incubo per il lettore, in un crescendo incalzante che rapisce senza dar tregua.
Written by Sarah Mataloni
Un pensiero su ““Survivor” di Chuck Palahniuk: la storia del sopravvissuto al suicidio collettivo di una setta di fanatici religiosi”