Intervista di Rebecca Mais a Vincenzo Restivo, autore del romanzo “Quando le cavallette vennero in città”

Vincenzo è ormai di casa su Oubliette ed è un piacere poterlo intervistare nuovamente in occasione della seconda pubblicazione con la Watson da titolo “Quando le cavallette vennero in città”.

Anche in questo romanzo, così come nel precedente “L’abitudine del coleottero” (Watson Edizioni, marzo 2013), ritroviamo gli insetti tanto amati dallo scrittore di Marcianise e anche la sua sensibilità e il solito alone di mistero che avvolge l’intera storia.

Autobiografia ed elementi verosimili si mescolano in un racconto colmo di segreti, di orribili verità e di amori puri e sognanti. Il tutto reso più piacevola dall’abilità dell’autore di delineare ogni singolo personaggio con naturalezza e singolarità facendo sì che il lettore possa rivivere in ognuno di loro.

Un romanzo di formazione dai toni noir che trascina il lettore dalla prima all’ultima pagina.

Ancora una volta Vincenzo ha gentilmente risposto alle nostre domande ed i lettori potranno così conoscerlo ancora meglio.

 

R.M.: Bentornato su Oubliette Vincenzo. “Quando le cavallette vennero in città” è la tua seconda pubblicazione con la Watson. Come ti trovi con questa casa editrice?

Vincenzo Restivo: Grazie a te Rebecca di nuovo per questa opportunità. Oubliette  è stata un’ottima vetrina per l’altro libro e sono certo lo sarà anche per questo. Mi chiedevi della Watson, beh, è sempre una bella avventura lavorare con la Watson. Essendo una casa editrice giovane , attiva dal 2009, è in continua crescita e per questo innovativa e un tripudio di nuove idee e voglia di fare. È senza dubbio il rapporto attivo che si instaura tra editore e autore che fa la differenza e con la Watson è così che funziona, c’è molta azione e trasparenza. È quanto di meglio si possa chiedere a una casa editrice cost free, in un panorama, come  quello attuale  dell’editoria italiana, colmo di insidie e trappole in cui molti scrittori alle prime armi incappano per ingenuità.

 

R.M.: Anche stavolta il tuo libro può essere classificato come romanzo di formazione. È un caso o vi è un qualche legame con i grandi romanzi di formazione che in tanti abbiamo letto durante gli anni dell’adolescenza?

Vincenzo Restivo: Non è un caso e credo che sia inevitabile l’influenza con la letteratura che prediligo. Scrivere “formativo”  è ciò che mi riesce meglio. Mi riferisco: al rapporto genitori- figli e l’accettazione sessuale in quel passaggio drastico che va dall’adolescenza alla maturità, che non lo sarà mai “maturità” ma sicuramente l’inizio di quel percorso che conduce  all’arricchimento personale, esperienziale, culturale e quant’altro. È indubbio quindi che nei miei personaggi qualcuno  ritroverà Hans de “L’amico ritrovato”, Törless del libro di Musil e via dicendo. Scrivere di formazione è comunque toccare quelle tematiche consuete  che hanno contribuito a fare la storia della letteratura mondiale: “Il Giovane Holden” di Salinger, “Funny Boy” di Shyam Selvadurai, “Il Grande Meaulnes” di Alain Fornier, “Il Diavolo in corpo” di Radiguet, e potrei andare avanti  all’infinito. Credo che rifarsi alla vita e quindi alla consapevolezza del cambiamento, sia un argomento che presenta molti spunti di riflessione e quindi tanto materiale per la stesura di un romanzo.

 

R.M.: Per la seconda volta tra i protagonisti del tuo romanzo vi sono degli insetti. Vi è una ragione particolare?

Vincenzo Restivo: Come più volte ho spiegato, credo che la ragione sia in parte conscia e in parte no. Gli insetti hanno avuto in passato e hanno tutt’ora, un ruolo fondamentale nella mia vita. Da piccolo li raccoglievo,  collezionavo riviste  entomologiche e riproducevo modellini di insetti fluorescenti in plastica. Perché proprio gli insetti? Beh, credo che la risposta sia da riscontrare in quel binomio di curiosità e ripudio che la maggioranza ha nei confronti del micro mondo. Ciò che ci spaventa, ci affascina appunto perché non riusciremo mai a conoscerlo bene a fondo. E gli insetti hanno questo potere, il potere di preservare un certo mistero e  quando si tratta di mistero, si va sempre alla cieca. Per questo di insetti sono pervasi molti film dell’Orrore o la Bibbia stessa. Nelle piaghe d’Egitto si parla proprio di cavallette, ad esempio. E non credo sia un caso.

 

R.M.: Ci sono degli autori ai quali ti ispiri quando scrivi i tuoi romanzi?

Vincenzo Restivo: Penso che  tutti abbiamo un modello a cui aggrapparci almeno per poter essere coscienti del punto in cui vogliamo partire per intraprendere il nostro cammino. Tempo fa, quando avevo ancora sedici anni lessi un libro: “Gli occhi di Mr Fury”, all’epoca pubblicato  dalla Mondadori Junior nella collana Supertrend. L’autore  era un certo Philip Ridley, un londinese artista tuttofare che scoprii essere anche stato il regista di un film: “Riflessi sulla Pelle” che avevo visto anni addietro con mio padre e di cui mi ero perdutamente innamorato. Beh, sia il libro che il film erano racconti di formazione, entrambi esploravano i recessi nascosti della mente, i rapporti conflittuali tra adolescenti e genitori, la sessualità ambigua. Ridley divenne per me una sorta di droga, credo di aver letto “Gli occhi di  Mr Fury” una decina di volte e visto il film altrettante volte. Col tempo seguirono altri libri: “Fenicotteri in Orbita”, “Crocodilia”, “Caccia al Feroce Iellagel” e altri film: “Passion of Darkly Noon”, “Heartless”. Non sono mai stato in Inghilterra ma credo che il giorno in cui dovessi decidermi ad andare, conoscere Ridley sarebbe la mia priorità. Mi ha insegnato tanto, anche se lui molto probabilmente non sa nemmeno che io esista. Ma è un dolore sopportabile questo, per ora almeno.

 

R.M.: In quale dei personaggi ti ritrovi maggiormente e/o qual è quello a cui sei maggiormente legato?

Vincenzo Restivo: È senza dubbio la “strega” Rosi Testadimorto. Rosi in realtà esiste, è una mia amica, ovvero esiste la sua fisionomia. Devo alla mia amica il fatto di aver contribuito alla sua nascita, perché appunto, i personaggi nascono e non si creano.  Nascono come succede con i parti naturali, vengono al mondo con quel  pianto liberatorio quasi a squarciare le pagine per poter uscirne fuori. Rosi è anche un po’ come me, o almeno, com’ero io tempo fa, quando vestivo completamente di nero e odiavo gli specchi. Rosi è una donna provata dalla vita, che porta sulle spalle vecchi rancori polverosi e un tripudio di rimpianti. È una donna stanca di doversi difendere dalla ingiurie, quasi costretta nei suoi abiti scuri e protetta da un teschio d’argento che perennemente porta al collo, a nascondere il suo animo fragile e la grande voglia repressa di scoppiare in lacrime.

 

R.M.: Quasi sempre le tue storie, compresi i racconti horror che scrivi, sono atemporali. Si tratta forse di un espediente intenzionale?

Vincenzo Restivo: L’atemporalità è intenzionale nel momento in cui se non rivelo il tempo come tra l’altro anche lo spazio, è nettamente più semplice per chi legge trovare la propria spazialità e la propria temporalità. Tra l’altro i libri sono creati per fare in modo che ci si identifichi in essi, che ci si ritrovi. Secondo il mio avviso definire un tempo preciso e uno spazio recherebbe un limite all’immaginazione e quindi all’identificazione. Tengo però di nuovo a specificare che si tratta del mio personale approccio alla scrittura, perché è così che a me piace scrivere.

 

R.M.: Oltre che uno scrittore prolifico sei anche un lettore appassionato. C’è un libro che hai letto che ti piacerebbe aver scritto personalmente?

Vincenzo Restivo: Eviterei di essere ripetitivo ma non posso farne a meno: il libro che ho amato di più in assoluto è “Gli occhi di Mr Fury” di Philip Ridley ma credo che leggermente più in basso collocherei  “L’uomo che si innamorò della luna” di Spanbauer e  “Funny Boy” di Selvadurai. Tutti romanzi rigorosamente di formazione, tanto per cambiare.

 

R.M.: Sono previste delle presentazioni per il tuo “Quando le cavallette vennero in città”?

Vincenzo Restivo: Sono previsti Corner espositivi in alcune librerie di Caserta e provincia e sicuramente delle presentazioni a partire dal mese di settembre.

 

R.M.: Stai forse lavorando ad un nuovo romanzo? Puoi anticipare qualcosina ai lettori di Oubliette?

Vincenzo Restivo: Sì, un altro romanzo c’è. Sto riprendendo una vecchia storia che scrissi parecchio tempo fa. Tratta del dolore della perdita, dell’impossibilità e del sentirsi impotenti in certe circostanze. Ma parla anche di un ragazzo e della sua iniziazione sessuale. Anche stavolta ci saranno gli insetti a farla da padrona. Il resto è ancora un mistero. Anche per me.

 

R.M.: Bene, quindi non ci resta che attendere il tuo nuovo romanzo. Grazie ancora per la tua disponibilità e a presto!

 

Written by Rebecca Mais

 

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