Intervista di Bernadette Amante a Willie Peyote: voce dei Funk Shui Project

Willie Peyote è un rapper freelance e voce dei Funk Shui Project, polistrumentista, autore e compositore.

Nato a Torino a metà anni ottanta, sviluppa fin da piccolo una naturale propensione verso la musica anche grazie all’esperienza di roadie  ai concerti del padre batterista.

Nel 2004 forma, insieme ad altri ragazzi, il gruppo Sos Clique con grandi ambizioni ma, nonostante i loro primi progetti riscuotano un buon numero di consensi tra gli addetti ai lavori, in particolare l’ep “L’erbavoglio” uscito per Bm records nel 2008, il gruppo si scioglie.

I pezzi scritti nel lungo periodo di riflessione dopo lo scioglimento dell’Sos Clique vengono riuniti nel “Manuale del giovane nichilista” primo album solita del Peyote, pubblicato nel 2011.

Il 2012 si apre con la nascita del collettivo Bene Così che porta all’uscita di un disco omonimo  in collaborazione con  Canebullo, Kavah, Judah, Dj Lil cut e si chiude con l’uscita di “Fresh”,  singolo dal sapore french house con il quale si annuncia la preparazione di un nuovo album.

I successivi singoli “Glik” e “Friggi le polpette nella merda (cit.)” anticipano l’uscita de “Non è il mio genere, il genere umano” che fanno conoscere anche a livello internazionale Willie Peyote.

Willie Peyote è stato molto disponibile nel rispondere a qualche domanda per noi di Oubliette Magazine. Buona lettura!

 

B.A.: Quando hai iniziato a interessarti alla musica?

Willie Peyote: Ormai quasi non ricordo più la data. diciamo che la musica ha sempre fatto parte della mia vita in vari modi ma mi sono avvicinato attivamente alla musica nell’adolescenza iniziando come mediocre bassista in un gruppo punk e seguendo i live di mio padre batterista con la sua band rock steady nei panni del roadie aka il ragazzo che scarica gli strumenti, alla fine delle superiori invece ho incontrato Kavah e Shula e di conseguenza anche il rap.

 

B.A.: Quanto è importante il rapporto con internet per un artista?

Willie Peyote: Visto il periodo storico direi che è fondamentale sia per quanto riguarda l’accessibilità della musica attraverso la rete sia per la diffusione e pubblicizzazione della stessa sui social network. I dischi si vendono poco e in radio e in televisione le dinamiche sono piuttosto complicate quindi soprattutto per gli artisti che non fanno parte di un certo panorama internet resta il primo mezzo a disposizione per far ascoltare la propria musica e per creare hype intorno ai propri progetti.

 

B.A.: Quali artisti hanno influenzato maggiormente il tuo stile?

Willie Peyote: Ho cercato di cogliere il meglio da tutto ciò che ho potuto ascoltare e conoscere in qualunque genere musicale perché credo sia fondamentale aprire il più possibile i propri orizzonti per poter creare qualcosa di veramente personale, per quanto possa sembrare paradossale questa affermazione, ma ha un suo senso. Da quando ho iniziato a suonare punto ad assimilare e rielaborare il più possibile, da Damon Albarn ai Verdena passando per il Wu Tang (per dirla con le parole dei Funk Shui Project). Se però devo restringere il campo direi che tra gli italiani Fibra in particolare con Turbe Giovanili mi ha influenzato molto nel momento in cui mi avvicinavo più seriamente al rap.

 

B.A.: Come nasce la tua collaborazione con il collettivo HMCF?

Willie Peyote: In maniera del tutto naturale, ci siamo incontrati in occasione di un live organizzato proprio da loro a Bologna e abbiamo subito trovato molti punti in comune. Il resto è venuto da se.

 

B.A.: Qual è il messaggio che vuoi trasmettere ai tuoi ascoltatori?

Willie Peyote: Non ho mai cercato di trasmettere un messaggio preciso, nel senso che non mi sono posto un obiettivo specifico in merito. Parlo di ciò che conosco, di ciò che penso, di ciò che vedo. Sono passato da un periodo iniziale in cui parlavo più spesso di politica in un certo senso agli ultimi dischi nei quali i pezzi sono più introspettivi e più concentrati su diversi aspetti della società che ci circonda in senso più ampio, in particolare sul disagio diffuso tipico della nostra generazione. Cerco di metterci più ironia possibile perché credo che si possa ridere di tutto ma che si debba parlare di tutto, soprattutto delle cose che non funzionano. Questo ovviamente nei pezzi in cui non faccio lo zarro parlando di rap e limitrofi.

 

B.A.: Come vivi i live?

Willie Peyote: Bene direi. Sono il momento più divertente e più gratificante per come la vedo io. Portare la propria musica dal vivo e vedere la reazione del pubblico è sempre una bella esperienza, se poi capita che la gente conosce i pezzi e li canta con te non hai altro da chiedere. Credo sia il motivo principale per cui qualunque musicista scrive e compone la propria musica.

 

B.A.: Hai dei progetti per il futuro?

Willie Peyote: Intendi oltre a cercare faticosamente di sopravvivere? Abbiamo già in cantiere un secondo album Funk Shui Project e sto cominciando a raggruppare le idee anche per il mio disco nuovo. Nel mentre ovviamente non escludo collaborazioni inaspettate e progetti imprevedibili.

 

B.A.: Per concludere, c’è qualcosa che vorresti dire ai tuoi fans?

Willie Peyote: Beh visto che sono nel viaggio messianico da un po’ di tempo a questa parte azzarderei un pigliatevi bene e non lasciatevi annichilire dal mondo circostante. E ovviamente grazie del supporto, anche se non sembra apprezzo molto. Ciao ne!

 

Written by Bernadette Amante

 

 

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