“Magdan in Charleroi”, album degli Atomik Clocks – recensione di Emanuele Bertola
All’inizio era il Jazz, musica votata all’improvvisazione e all’istrionismo ma con schemi intrinsechi e regole non scritte che ne regolavano limiti di sperimentazione abbastanza delineati, poi arrivò Miles Davis e niente fu più come prima, basta un album (e che album!) al principe delle tenebre per cambiare le carte in tavola per sempre, “Bitches brew” è la manifestazione di uno dei più geniali interpreti della musica moderna, il manifesto più influente del concetto di sperimentazione musicale in senso lato, il punto di partenza per ogni percorso di sperimentazione e mescolanza che coinvolga generi diversi.
Dalla mente di Miles Davis sono nati la fusion e il funk, e da allora migliaia di artisti e band ne hanno preso spunto per ulteriori innovazioni, ulteriori mescolanze e rielaborazioni, anche se le sonorità care al Jazz nel corso dei decenni sono sempre rimaste all’ombra di generi più ballabili e commerciali, tanto che trovarsi di fronte un nuovo album pieno zeppo di sassofoni e jam sessions datato 2012 è cosa che non capita certo tutti i giorni, se poi si aggiunge che il progetto è incline al jazz sperimentale e che la band è italiana il caso si presenta più unico che raro.
La band in questione sono gli Atomik Clocks, formazione fiorentina nata nel 2006 come progetto di improvvisazione collettiva che dopo anni caratterizzati da molti demo ed ep rilasciati in free download e diversi cambi di line up giunge ad un meritato album di debutto, un long playing per intenditori pubblicato nel 2011 e rigorosamente autoprodotto, l’unica strada percorribile per chi, come gli Atomik Clocks, si affaccia ad un genere che vende (ingiustamente) poco e soprattutto non nell’immediato.
10 sono le tracce che compongono il lavoro, pezzi che definire semplicemente canzoni è estremamente riduttivo, quelli di “Magdan in Charleroi” sono dieci anfratti rigorosamente strumentali di pura ispirazione, dieci tasselli di un puzzle apparentemente confusionario, che trova la sua soluzione soltanto tramite la sperimentazione e le frontiere inesplorate di sonorità che riescono ad avere allo stesso tempo il gusto del classico e quello dell’innovativo, tra deliranti assoli di sassofono e ritmiche che sfondano il muro di divisione tra i generi passando per il funk, qualche traccia di fusion ed arrivando persino ai confini del punk, no, non quello fatto di chitarre scordate, urla sguaiate e pogo violento, quello dei tempi esasperati e degli strumenti aggrediti con la veemenza di chi ha un diavolo per capello.
Sembra strano persino il concetto di un possibile punk-jazz, eppure è anche – ma non solo – così, gli Atomik Clocks imbracciano gli strumenti e si lasciano guidare dall’istinto, dall’improvvisazione e da una sorta di telepatia musicale che li fa trovare sempre al posto giusto al momento giusto, mai impreparati, sempre pronti ad un nuovo assolo come ad un’incursione che rimescoli ancora una volta le carte per regalare sound nuovi e visionari.
“Magdan in Charleroi” è un delirio di devastanti attimi di classicismo, tagliati e incollati come in un collage per regalare loro una nuova forma, poco meno di 40 minuti di inventiva allo stato puro che passano attraverso l’ancia vibrante del sax, corrono lungo le corde del basso e rimbalzano su tamburi e piatti come una scheggia impazzita, la folle visione oltre i confini convenzionali di chi non si ferma a ciò che già esiste, ma crea qualcosa di realmente nuovo.
Resta la malinconica consapevolezza che nonostante la tecnica sopraffina e la passione smodata gli Atomik Clocks e la loro creatura, salvo miracolosi cambi di rotta del livello culturale di massa, resteranno relegati ad un ambiente e un pubblico di nicchia, rischi del mestiere se ad elementari accordi chitarristici e banalità compositive si preferiscono il suono graffiante di un sax alto spinto al massimo e la complessità di una musica che non ha nè regole nè tantomeno limiti, bravi!
Written by Emanuele Bertola
Tracklist
1. Double feint
2. Robotic prostitute in heat
3. Cash’n’carry
4. Psycho bones
5. Rarefescìon
6. Meat Flute
7. La stagione degli amori
8. Deuterio
9. Traffic jungle
10. Take one (pay two)
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