Intervista a Fabio Soricone: vi presentiamo la silloge “Le vie del vento”
“La ricerca di sintesi trascina il poeta verso il nucleo del suo sentire, ogni rivisitazione tracima la necessità di trasparenza perché è nel “poco” che si ha percezione del “molto”. Così quel percorso verso la chiarezza del dire diventa “una terra priva di sentieri” nella quale si procede in silenzio ed in attesa di udire sussurrare la voce che “apre il varco del mistero”.” ‒ dall’Introduzione de “Le vie del vento”

Le liriche contenute nella silloge “Le vie del vento” (Tomarchio editore, 2025) di Fabio Soricone si presentano come una voce che apre il varco del mistero, così come lo stesso poeta sostiene nella poesia intitolata “Il profumo della vetta”. Ci si trova infatti dinnanzi alla costante vibrazione dell’anima nei confronti dell’assoluto, al tendere alla vetta ‒ intesa come l’Alto ‒ di un osservare circolare, dalla materia che percuote all’invisibile che ci circonda.
Fabio Soricone ci rende partecipi del silenzio, dell’atavico stupore e della meraviglia così come scrive nella poesia intitolata “Canto”; ed è un continuo canto ciò che ode e ciò che trascrive. Parole che scorrono fluide, incontaminate e leggere. La ricercatezza della terminologia non appesantisce il lettore ma lo trasporta in altre sponde nelle quali il lieve diventa la totalità dell’esperienza.
“Luci soffuse di candela./ Nella penombra le fanciulle ascoltano./ Di nascosto sottrassero un libro,/ uno dei testi più sacri del cattolicesimo,/ e adesso come mistiche ladre/ dagli sguardi furtivi/ scrutano le profondità di quelle pagine magiche./ Sono in tre. I loro volti graziosi./ S’appressa l’oscurità sui vetri delle finestre./ Se le scoprissero la punizione potrebbe essere dura./ Ma è Dio stesso a guidarle,/ dopo aver letto nell’abisso dei loro cuori./ La scuola mistica di cui fanno parte è immersa nel bosco./ Non esiste sulle mappe./ Dio svela questa ricchezza solo a pochi./ La sala dove si trovano è elegante e vetusta./ […]” ‒ “Segreto”
L’autore è stato molto disponibile nel rispondere a qualche domanda riguardo la silloge “Le vie del vento”. Si augura buona lettura.
“Come nelle sere d’estate,/ tra le scemanti vampe di un caldo/ che trascorre i tuoi occhi/ prima di addormentarsi sotto le fresche/ lenzuola della notte,/ avvertiremo un profumo mai esistito/ se non per noi due, soli.// Come nelle sere di quelle ultime/ estati là,/ il mio cuore torna a lucere/ dello stesso ineffabile mistero.// A te che sfogli/ il libro dei sogni vorrei dire che il giorno/ oramai è vermiglio come il sangue/ che tracima all’orizzonte.// […]” ‒ “Autunno”
A.M.: Fabio ti ringrazio per aver accettato questa intervista per presentare ai lettori la tua raccolta poetica “Le vie del vento”. Parliamo della genesi del libro: le poesie presenti sono state scritte in un arco di tempo ristretto oppure sono frutto di una selezione?
Fabio Soricone: Grazie a te Alessia. Per rispondere a questa domanda devo prima fare una precisazione riguardante il mio modo di “lavorare”. Non sono mai stato un poeta che sceglie programmaticamente quando e come scrivere. Nell’arco delle mie giornate mi lascio coinvolgere da innumerevoli suggestioni, che poi vanno a stimolare l’ispirazione. Sono sempre stato autodidatta. Fruitore onnivoro di tutto quello che mi appassiona, non solo la poesia, ma anche la narrativa, il cinema, la musica, la fotografia, la spiritualità, e così via. Qualcuno disse “Non sai che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?” Questa frase racchiude in breve la mia essenza. Tutto concorre alla genesi delle mie opere, anche guardare fuori dalla finestra. Il mio personale rapporto con la realtà è alla base dei miei rapimenti artistici. Quando scrivo sono inizialmente preda di un vero e proprio invasamento. Il mio approccio ricorda quello dei poeti che vengono definiti “orfici”, oppure quello di certa poesia orientale. Con questo non voglio asserire che, parafrasando Franco Battiato, non debba anche lavorare sodo per portare a termine la creazione artistica. Voglio solo affermare che quest’ultima, in un primo momento, si palesa in modo del tutto epifanico, come un dono che riceviamo dall’Alto. Chiarito questo aspetto della mia scrittura, posso comodamente affermare che le poesie di questa silloge nascono da momenti molto diversi tra loro, e che solo successivamente ho deciso di accorpare. In parole povere, non sono state scritte a tavolino, secondo una precisa pianificazione.
A.M.: “Le vie del vento” è un titolo parlante, riprende per caso quel concetto greco della psiche intesa come “respiro, soffio” e dunque in traslato “vento”?
Fabio Soricone: Certamente. L’anima, intesa come soffio vitale, è uno degli elementi che mi hanno spinto a intitolare il libro in questo modo. Ma c’è una seconda chiave di lettura, che si ricollega alla prima. Siamo stati condizionati a credere che la spiritualità sia qualcosa di austero, statico, chiuso, repressivo, persino labirintico, intricato. Questo non coincide con la mia esperienza della Verità. Il vento è sinonimo di spazio aperto, di libertà, di movimento. La visione che ho maturato dopo vent’anni di cammino spirituale è caratterizzata da un’adesione imprescindibile, alla sacralità che nasce dall’essere se stessi. Viviamo in un mondo inflazionato, frenetico, che ha sviluppato una vera e propria parodia della libertà, del movimento spirituale. Il movimento che conosciamo è qualcosa che intrappola. Il vento, lo spirito, è movimento che libera.
A.M.: Nella postfazione curata da Franco Carta leggiamo: “La poesia in questo libro è legata a problematiche religiose, con il confronto tra gli oggetti e la realtà e ciò che sta al di là della realtà. È dunque “poesia metafisica”? Forse in senso laico, ma questo laicismo non esclude un interrogativo di tipo religioso sul mondo e sul suo significato”. Sei in accordo con quanto espresso dal poeta sardo?
Fabio Soricone: Il poeta Franco Carta si è dimostrato molto sensibile alle tematiche del libro. Le sue osservazioni sono assolutamente giuste. La metafisica laica mi ha sempre affascinato. È naturale che un monaco o un eremita, cerchino la dimensione spirituale. La loro scelta di vita è indicativa in questo senso. Molto diverso è quando a cercare La Via dello Spirito, sia un’anima sganciata da ogni forma di Clero, da ogni organizzazione o movimento religioso, e che allo stesso tempo possa apprendere da qualsiasi insegnamento. Fu San Luigi Orione a confidare al grandissimo scrittore abruzzese Ignazio Silone, che “Dio non si trova solo nella Chiesa”. È così che iniziano le avventure più avvincenti. Il mondo è un posto meraviglioso.
A.M.: Nella lirica “Caterina da Siena” dedicata alla mistica e filosofa italiana leggiamo: “Caterina aveva otto anni./ Quella notte fu un anelito a svegliarla./ Il profumo delle lenzuola/ le sembrò lo stesso della Madonna/ e qualcosa di così soave strinse il suo cuore/ che le parve di sfiorare con le labbra/ l’azzurrità infinita./ La bimba aveva l’abitudine/ di lasciare sempre una candela accesa nella stanza/ per non farsi cogliere impreparata/ dai rapimenti che spesso sopraggiungevano/ come un vento improvviso./ Nonostante la tenera età aveva chiaro/ cosa fosse il Sacro,/ e quando univa le piccole mani in preghiera/ una lacrima scendeva dagli occhi/ di Gesù e si posava nel suo cuore di bimba zelante./ […]”. Che cosa intendi con “azzurrità infinita” e “Sacro”?
Fabio Soricone: L’azzurrità è un chiaro riferimento al Cielo. Ma il Cielo è un luogo concreto. Ho sempre creduto nell’invisibile, non intellettualmente, bensì attraverso la mia stessa sensibilità. È possibile fare esperienza dell’invisibile. Un bambino che si trovasse nel grembo di sua madre non sa che fuori lo attende un mondo fantasmagorico. Noi siamo come bambini che hanno dimenticato come vedere l’Oltre. Per quanto riguarda il “Sacro”, in questa specifica poesia possiede connotazioni ovviamente cristiane. Il Sacro è, per dirla con Kierkegaard, non una dottrina ma un Incontro, precisamente l’Incontro con la Persona di Cristo. Se la Fede non si avvalesse di questo Incontro, resterebbe fuori dal campo dell’Esperienza, e, quindi, pura superstizione. Personalmente, mi piace scandagliare il Sacro in tutte le sue forme. L’esperienza di un Jim Morrison non è meno Sacra di quella di Santa Faustina Kowalska. La vita di un Ozzy Osbourne non è meno profonda di quella di Gautama il Buddha. Il Sacro si snoda lungo tutti i sentieri umani. Che siano sentieri oscuri o luminosi non fa differenza. La mia intera visione è policroma. E dobbiamo imparare a non confondere il Pluralismo con il Relativismo. Sono due cose diverse. Il Pluralismo comporta un profondo rispetto e una passione smisurata verso ogni aspetto del Sacro.
A.M.: Restando sul “vento” leggiamo nella lirica dal titolo “Ineffabile” dedicata al mistico italiano San Pio da Pietrelcina (comunemente noto come Padre Pio): “Io muoio ogni istante infinite volte,/ di ogni tipo di morte.// Dopo aver pronunciato queste parole,/ ti definisti così: mistero a te stesso.// […] Padre,/ quante anime salvasti?/ Quante ne salvi?/ Verso quale astro buio, quale fuoco nero, / è il tuo immensurabile profondare?/ Ivi s’agita ancora il vento?/ Cos’è respiro? Cos’è umano? Cosa?” Perché il mistico deve necessariamente tendere verso l’abisso e che cosa significa morire infinite volte ogni istante?
Fabio Soricone: Fu lo stesso San Pio da Pietrelcina a dire “Io muoio ogni istante, infinite volte, di ogni tipo di morte”. Su questo punto preferirei tacere. Per questo la poesia si chiama “Ineffabile”. A volte le parole non bastano. L’abisso si può presentare in molte forme diverse. Quando tutt’intorno è vacuità, dobbiamo per forza fare i conti con noi stessi. Non possiamo più scappare. L’abisso è un’opportunità che l’esistenza ci offre per cristallizzarci. Per divenire una cosa sola con la nostra anima. La ginestra di Leopardi germoglia in luoghi desertificati. Eppure cresce, matura, diviene se stessa. Quando sei solo l’unica via di salvezza è conoscersi. Nell’abisso si è soli. Ma soli con se stessi.
A.M.: Durante il tuo percorso di studio hai notato qualche differenza importante tra la mistica femminile e quella maschile?
Fabio Soricone: “Siamo Tutti diversi!”, afferma la monaca benedettina Teresa Forcades…
A.M.: “Le vie del vento” ha già riscosso un buon successo soprattutto sul versante dei Premi letterari e dei Concorsi poetici. Ci puoi dire qualcosa a riguardo?
Fabio Soricone: Circa undici liriche presenti nel libro sono state premiate. Forse è più facile, in ambito letterario, parlare di tematiche spirituali.
A.M.: Recentemente, lo scorso luglio, è stata pubblicata con la stessa casa editrice (Tomarchio editore) una nuova silloge dal titolo “Il passo della strega” nella quale hai totalmente cambiato tematica. Ci puoi raccontare qualcosa a proposito?

Fabio Soricone: Non si è trattato di un dietrofront, bensì di una doverosa chiarificazione. “Il passo della strega” è una silloge horror, e, per quanto possa sembrare strano, è il corollario della raccolta precedente. Il mio assoluto amore per la cultura horror, fa di questo mondo, ovvero quello orrorifico, un’esperienza anch’essa Sacra. La paura è la più antica delle fascinazioni. Certa psicologia la vorrebbe soltanto come un ostacolo alla crescita personale, ma essa è molto di più. È un mondo. Ho da poco pubblicato un libro di racconti horror con la casa editrice Gruppo Albatros il Filo, dal titolo “Il dono della paura”. Lo sanno bene i nonni e i cantastorie in generale, che la paura è un dono, un momento d’iniziazione. Pupi Avati disse “Avere paura di qualcuno che poteva venire nella notte, voleva dire non sentirsi soli”.
A.M.: Ci puoi anticipare qualcosa riguardo le tue novità editoriali per il prossimo inverno?
Fabio Soricone: Ho diversi progetti, tra cui un libro fotografico. E un’altra raccolta di racconti horror. Quest’ultima davvero particolare, perché molto eterogenea nella forma.
A.M.: Salutiamoci con una citazione…
Fabio Soricone: “La spiritualità è libertà totale di essere se stessi.” ‒ Osho
A.M.: Fabio, ti ringrazio per il tempo che hai dedicato a questa intervista: Ogni tua risposta ha la capacità di suscitare una profonda riflessione. Invito i lettori ad acquistare il tuo libro “Le vie del vento” e ti saluto con le parole di un pensatore che hai citato Søren Kierkegaard: “Ciò che si vede dipende da come si guarda. Poiché l’osservare non è solo un ricevere, uno svelare, ma al tempo stesso un atto creativo”.
Written by Alessia Mocci
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