“Il sogno del brigante” di Antonietta Fragnito: l’orto interiore dell’autrice di San Giorgio la Molara

“In certi giorni da noi il silenzio è spettacolare./ A luglio le lucciole indossano tacchi di luce./ Le farfalle si denudano senza pudori./ Le stagioni sono pigre./ La pallida luna si nutre a spese del monte./ I pastori scendono a valle./ Le pecore pensano bianco.// È l’alba dei semplici/ e dei poeti scomunicati.” ‒ “Il silenzio”

Il sogno del brigante di Antonietta Fragnito Premessa
Il sogno del brigante di Antonietta Fragnito Premessa

“Il sogno del brigante” (Tomarchio Editore, luglio 2025) della poetessa e scrittrice campana Antonietta Fragnito è una raccolta poetica che comprende, così come recita il sottotitolo, poesie in dialetto e in lingua italiana su San Giorgio la Molara, il paese d’origine dell’autrice.

Il territorio di San Giorgio la Molara, sito in provincia di Benevento e già abitato in epoca preromana, ampliò i suoi confini nel Cinquecento con l’acquisizione del feudo di Pietramaggiore del cui castello fortificato oggi restano solo dei ruderi scarsi, ma l’importanza del sito di Pietramaggiore si evvince non solo dalle poesie dell’autrice e dalla scelta della copertina ‒ fotografia di Angelo Masone ‒ ma anche dalle leggende che tutt’ora si narrano e che continuano ad affascinare gli abitanti della zona e tutti coloro che ne vengono a contatto.

L’intento di Antonietta Fragnito, con “Il sogno del brigante”, è celebrare la propria comunità con il recupero di un dialetto pregno di vivacità e di umorismo che, trattando di eventi quotidiani, presenta il variegato mondo del borgo San Giorgio la Molara.

È presente nella raccolta una poesia tradotta in sardo dal poeta e scrittore Franco Carta dal titolo “Sfiorando le stelle” (“Isfiorande sos isteddeos”).

“Ve lo tenìti a mente a l’àngilo custode?/ Ogni criatùro ne teneva uno./ Ce dicéveno ca era ’na fortuna/ ca ce n’èveno assegnato cocchedùno./ St’àngilo ce stéva sèmpe apprésso./ Ce parlava dóce dóce ìnt’a la récchia,/ ce abbrazzàva,/ ce manteneva pe’non ce fa cadé’!/ Però si facevamo li mmàle sorìzzi,/ se pigghiàva còllera com’a cché!/ “Accòrta a tte ‒ me dicéveno li vécchi ‒/ ca ogni vòta che fai ’na brutta cosa,/ l’àngilo lo va a riferì a nostro Signore.”/ Io ’ncàp’a mme penzàva:/ “Ma stàtive cìtto brutti busciàrdi!/ L’àngilo è bello e santo!/ Ce dà protezione!/ Non pòte mai èsse’ ’no spione!”” ‒ “L’àngilo custode”

Per gentile concessione della casa editrice Tomarchio Editore vi presentiamo in anteprima la Premessa dell’autrice presente ne “Il sogno del brigante”.

PREMESSA “IL SOGNO DEL BRIGANTE”

Quanti dialetti esisteranno al mondo? Credo che il numero sia rilevante perché innumerevoli sono i gruppi umani che li hanno generati e che continuano ad alimentarli.

Sempre mi emoziona pensare alle tante voci esistenti nell’alveo della lingua madre, così multiformi e fertili, somiglianti ad un’orchestra in cui si specchia la faccia di ogni Comunità. Durante l’elaborazione di questa Raccolta ho pensato spesso ai diversi dialetti esistenti, specie a quelli dei paesi limitrofi, così affini al nostro, eppure ognuno differente per proprie caratteristiche.

Ho pensato alla biologia di ogni vernacolo, alla sua proliferazione con i tratti dei luoghi di appartenenza.

In questa mia dolce fatica ho voluto soffermarmi sul nostro dialetto, così aspro e al contempo musicale, così prezioso e intinto della nostra storia.

Mi è piaciuto altresì inserire in questo libro anche delle composizioni in lingua italiana a tema paese, quasi a voler mantenere un filo di connessione, una sorta di cordone ombelicale tra il linguaggio nazionale e quello locale.

 

Nacqui a San Giorgio la Molara.

Mi trovai immersa in questo luogo ameno carica di curiosità per il mondo che mi circondava.

Trascorsi infanzia e prima adolescenza nel mio cortile a Piazza Piccola, in mezzo al viavai giornaliero del forno Paradiso.

D’estate, la mattina presto venivo svegliata dallo scalpiccìo degli animali giù in strada: erano asini, cavalli che venivano condotti nei campi di lavoro.

La vita a quel tempo era dura e grama per quasi tutta la popolazione.

E tuttavia, in angoli nostalgici della memoria, conservo un clima placido, quasi da innocenza primordiale del mondo.

I quartieri in cui mi aggiravo erano minuscoli villaggi inondati di un clima di accoglienza, di cooperazione, di solidarietà. Il Centro storico tutto era un teatro architettonico, con vicoli, case abbracciate, balconi fioriti. Ovunque si incontravano botteghe artigianali. C’erano sarti, fabbri, calzolai, operai, carpentieri, piccoli commercianti. Per il resto erano contadini. Il senso di comunanza tra gli abitanti era forte. Si partecipava alla vita collettiva e soprattutto a quella dei parenti e dei vicini nella gioia come nel dolore.

Vivendo qui, a contatto con una tale bellezza umana e paesaggistica, via via ho piantato e coltivato parole poetiche nel mio orto interiore.

 

Il Paese

Antonietta Fragnito poesie Il sogno del brigante
Antonietta Fragnito poesie Il sogno del brigante

Il Paese ci ha allevati.

Durante la nostra crescita passavamo molto tempo nei suoi vicoli, nelle sue stradine, così da non sentirci diversi dagli uccelli, dai gatti e dai cani randagi.

Si cresceva tra casa e casa, a cavalcioni di muretti, su loggette e balconi.

Il paese, padre e madre di ogni abitante, conserva nel tempo memoria di ognuno.

Anche dell’uomo anonimo conserva tracce. Il sudore di tanti è fra le pietre.

Il mio, il nostro Paese è davvero un’enciclopedia a cielo aperto, dove hanno qualcosa da dire “pùro le prète de la vìja”!

Ed eccomi in un angolo d’anima, con occhi commossi e voce tremante, in veste di menestrello, di saltimbanco, di interprete, di spettatrice di vissuti divenuti la trama di questo racconto.

Il volto poliedrico di una popolazione abita le poesie che seguono. Tra esse ve ne sono alcune che fanno pensare a dialoghi di impronta teatrale o alla sceneggiata napoletana.

Vivono in tanti versi la platealità spontanea e la vena umoristica della nostra gente!

A voi la lettura!

 

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Written by Alessia Mocci

 

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