“Il canto dei cuori ribelli” di Thrity Umrigar: è un privilegio raccontare le storie degli altri?
Ci sono libri che sono come tagliole: perché ti catturano, ma anche perché hanno denti e mordono. E ti fanno male.

È il caso di questo romanzo, Il canto dei cuori ribelli di Thrity Umrigar, scritto in modo che compenetri nel lettore, scuotendolo e lasciandogli nel cuore un maremoto.
Tratto da una storia vera, non per i personaggi narrati, ma per gli eventi; l’autrice ha voluto raccontare cosa accade in India alle donne. E a chi appartiene a religioni diverse dall’Induismo.
Il canto dei cuori ribelli è un racconto di discriminazione, violenza; ma anche d’amore e di ricordi.
Abbiamo Smita, una giornalista indiana americana, che per aiutare l’amica e collega Shannon, torna in India, suo paese natale, che ha abbandonato quando aveva quattordici anni.
Pensa di dovere stare accanto all’amica per l’intervento che deve subire, invece Shannon le affida il compito di continuare nella raccolta del materiale che aveva iniziato a mettere insieme: una donna è stata sfigurata dai fratelli, mentre davano fuoco a suo marito. Lui è morto, mentre lei è sopravvissuta, e con lei la piccola creatura che portava in grembo. A breve ci sarà il processo.
Smita non voleva tornare in India, perché ci sono dei ricordi di quanto è accaduto a lei e alla sua famiglia che ancora le fanno male: “Smita Agarwal guardò fuori dal finestrino le strade di una città che un tempo aveva amato, una città che aveva passato gli ultimi vent’anni a cercare di dimenticare”.
Infine Smita si fa convincere e, accompagnata da Mohan, un ragazzo che ama la sua terra, vanno a trovare Meena, la donna sfigurata: “La faccia di Meena era la mappa creata da un cartografo misogino e feroce”.
Si ritrova a rivivere gli odori e i sapori del suo paese: “In tutti i suoi viaggi, c’era mai stato un crepuscolo all’altezza di quelli della sua infanzia?”
Ma anche a dover assistere a quanto di doloroso e malefico ancora permea l’India: “Si ritrovava a fare i conti con tutte le cose che odiava di quel Paese: il modo in cui trattava le donne, i conflitti religiosi, il conservatorismo”.
Non ci viene risparmiato nulla ne Il canto dei cuori ribelli, sia quanto c’è di buono, sia quanto si esterna con una violenza inaudita. Si soffre e, a tratti, tale è la rabbia e l’impotenza che ci prendono da farci quasi desiderare di chiudere il libro.
Ma ci consola il cambiamento di Mohan, il quale comprenderà molte cose del suo Paese e, lui come altri uomini, li vedremo come la speranza per il futuro.
Ci placherà l’animo l’amore che si creerà fra Mohan e Smita e la confessione di quest’ultima, che racconterà quanto le è accaduto in passato.

Per la povera Meena non ci sarà nessun lieto fine, al processo i suoi fratelli verranno prosciolti da ogni accusa, perché anche i giudici sono corruttibili; ma in compenso ci sarà un futuro migliore per sua figlia: la bambina nata dall’amore di una Induista e un Mussulmano. In sé la piccola porta quel seme che il padre credeva avrebbe cambiato l’India.
Scritto da Meena in prima persona, e in terza persona per quanto riguarda Smita, ci si avventura in una terra meravigliosa, dove ancora perdura una mentalità lontana da chi si reputa umano.
Ma il mare lo formano le gocce, e questo ne è un esempio.
Il canto dei cuori ribelli è un libro che non può mancare nella nostra libreria: perché insegna, semina, sconvolge e lascia il nostro cuore trasformato; come quando una tempesta sconvolge il terreno e poi si placa. Tutto sembra tornato come prima, ma niente lo sarà più.
© 2024 Libreria pienogiorno
ISBN 979-12-8136-828-6
Pag. 397
€ 18,90
Written by Miriam Ballerini