“Nella giungla di Park Avenue” di Wednesday Martin: uno studio antropologico sulla tribù più chic del pianeta

“In quel mondo capovolto, i bambini sembravano accessori appesi alle braccia toniche delle madri, come tante tote bag firmate. La maternità non era nient’altro che l’ennesimo outfit. E l’amicizia una moneta di scambio da centellinare con parsimonia.”

Nella giungla di Park Avenue

Quando ho iniziato a leggere “Nella giungla di Park Avenue” dell’americana Wednesday Martin (Bookme – De Agostini Libri, 2016), ho pensato che fosse un libro frivolo. L’autrice, laureata in antropologia, analizza quel tipo di maternità “glamour” che si vive a Manhattan.

Si tratta di un approccio “scientifico”, con continui riferimenti al mondo delle scimmie, dalle quali tutti discendiamo. Quindi si è messa a scrivere di quanto le donne, di questa porzione di mondo, ci tengano alla linea; ad andare in palestra; alle scarpe col tacco anche quando sono gravide; al botulino che riempie le rughe e le fa apparire sempre giovani. A quanto, quella analizzata, sia una gerarchia tribale costruita sulla pelle dei bambini – vanno addirittura in estasi per la magrezza di un bambino e lo esaltano se ha le gambe lunghe.

Se io fossi stata Kim Kardashian, avrei trovato tutto questo tremendamente interessante; invece mi sono annoiata. Non provo stimoli per un mondo di “plastica”, dove tutto è solo apparenza. Dove alla nascita di un bambino lo si mette già in lista per l’università, perché così aumenta il prestigio della famiglia.

A mano a mano che procedevo nella lettura, però, ho dovuto ricredermi. Mi sono resa conto che questa storia, autobiografica, nascondeva di più. Era il tentativo di una donna, che ha sofferto, di elaborare il suo lutto. Di “esorcizzare” quel dolore, così come si fa abitualmente quando una cosa colpisce nel profondo. Si nega, sperando possa fare meno male.

Quando la protagonista e il marito – in America gli uomini lavorano e basta, sono le donne a prendere le decisioni – scoprono di attendere il primo figlio, si trasferiscono da Greenwich Village nell’esclusiva Upper East Side di Manhattan. Non poi così distante, eppure tutto cambia. Si trovano a dover fare i conti con un ambiente chiuso, esclusivo ed ostile, dove l’universo femminile è in continua competizione.

Fra le righe, ho letto di una donna che si è sentita sola – all’inizio le altre mamme, confabulando sulla soglia dell’asilo, nemmeno la salutavano. Una donna che ha cercato in tutti i modi d’integrarsi, studiando le sue “rivali” e decidendo poi di omologarsi.

Wednesday Martin

Ecco quindi che il repentino cambio di look e l’acquisto della Birkin di Hermès – la borsa più ambita – hanno dato ottimi risultati. La protagonista ha saputo evolversi ed adattarsi, fino a trovare un proprio posto nella giungla dell’Upper East Side. Ha assecondato il suo senso di appartenenza a una tribù, abbracciando quella nuova cultura.

Nella seconda parte, l’opera diventa più introspettiva, fino a toccare picchi davvero commoventi. I ricchi non sono affatto esenti da tragedie, così come l’autrice stessa è chiamata a vivere l’evento più tragico per un genitore. All’improvviso s’impara ad assegnare una scala di valori alle cose; a distinguere quello che è importante.

Rimane un comune senso di vicinanza, di solidarietà e di condivisione. L’uomo, infatti, come diceva Rousseau, è un “animale sociale”, non incline alla solitudine. Dall’unione riesce a trarre la forza per superare gli ostacoli.

Per fortuna non mi sono arresa al pregiudizio e sono andata oltre le apparenze. Ho potuto così scoprire un bel romanzo.

 

Written by Cristina Biolcati

 

 

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