“Ritrovarsi”, romanzo storico-amoroso di Raffaele Messina: l’amore ai tempi della Seconda guerra mondiale

Dove collocare “Ritrovarsi” (Guida editori, 2018), romanzo d’esordio di Raffaele Messina, eccellente studioso, conferenziere affabulante e docente di scrittura creativa, se non sulla scia dell’Elsa Morante de “La storia”, di Enzo Striano, narratore della Pimentel, o di Giorgio Bassani, rievocatore del gruppo dei Finzi-Contini? Ma c’è anche altro.

Ritrovarsi – Raffaele Messina

C’è che Messina ha inventato il “romanzo storico d’amore”, godibilissimo testo, dalla lingua pulita e precisa nei molteplici colori di Capri e di Napoli, in cui si muovono Francesco, giovane protagonista, suo padre Carabiniere e il contesto di lunghi anni di guerra, conclusi con una precisa ed emozionante ricostruzione delle Quattro giornate di cacciata dei tedeschi.

Il romanzo, strutturato in ventisette brevi capitoli, di cui l’ultimo dà titolo al romanzo “Ritrovarsi”, è ricucito intorno all’amore adolescenziale fra Francesco Nastasi e Patrizia Levi. Una simpatia interrotta dalle peripezie che le due famiglie subiscono, prese nella corrente della ‘Storia’, negli anni 1938-1944.

Compreso nei valori adolescenziali del suscitare l’ammirazione delle donne e nel costituire la banda dei ragazzi di via Tiberio, Francesco consente al narratore di stendere pagine dense su una Capri incantevole, dalla toponomastica degli appostamenti verso le femmine alla splendente botanica, anche degli orti dei limoni, fino a Villa Jovis ed agli orli dei dirupi degradanti o a picco sull’incessante mare, che cattura e isola le sue bellezze e la tristezza illuminescente degli uomini.

Con un “mentre” Messina separa questi intrecci adolescenziali di passioni nascenti dal decreto sulla razza, in cui incappa la madre di Patrizia, recatasi dal podestà per ottenere il rinnovo della licenza di acquaiolo per il marito Levi, e che invece si ritrova di fronte a un infoiato podestà che tenta di farle provare la ’verga fascista’, prima scena del sesso che scandisce, con piacevolezza e ambivalenze psicologiche, i vari tempi delle iniziazioni alla vita.

Francesco scopre che i Levi hanno abbandonato Capri per rifugiarsi altrove (Como, la Svizzera?) ma anche i Nastasi si spostano a Napoli, dove il padre Salvatore, maresciallo dei Carabinieri Reali, è stato trasferito per punizione. E qui il figlio Francesco palesa il suo ‘astio verso il padre’, irrazionale ed emotivo, ma altro tema sotterraneo che Messina ripercorre in questo suo romanzo sull’adolescenza.

A scuola, nell’inverno del 1939, Francesco scoprirà su di sé il peso delle beffe e degli stereotipi e la chiusura dei gruppetti napoletani verso il ‘siracusano’ (il padre Salvatore era siciliano), denominato: asino, puzzolente, capraro e mafioso.

Nel frattempo irrompe da storia: il 10 giugno 1940 Mussolini porta in guerra l’Italia e, nei dialoghi, scopriremo sia la frenesia collettiva delle adunate consenzienti e sia la voce più sotterranea di chi dissente con realismo rimarcando l’impreparazione totale, nel mentre la famiglia Nastasi si accasa in via Settembrini, dove brillano le doti Barbara, nera alta e slanciata custode del focolare domestico.

Francesco pensa di organizzare una fuga alla ricerca di Patrizia, che non solo fallirà ma dalla stazione centrale lo farà penetrare nel regno di nessuno della Duchesca, da cui uscirà nascosto ma derubato.

Il tema del rapporto astioso figlio-padre ritorna nella relazione che Francesco instaura con un professore positivo, Giuseppe Salviati, che gli consente di comprendere quanto sia complessa la realtà e come debba essere sfumata ogni interpretazione. Il professore illumina l’allievo e qui Messina utilizza le sue competenze di studioso pirandellista per rileggere alcune novelle (“Quando si comprende” e “Zia Michelina”) e fornire una pedagogia del dissenso giovanile, qui ancora di più illuminato dal successivo rivelamento dell’antifascismo attivo del docente.

Dopo l’immissione nel romanzo della ricetta delle zeppole di riso, Messina ci guida nell’iniziazione di Francesco in un casino di via Mezzocannone, dove un’utile Nanninella, con cui affiora il dialetto e la mimesi del parlato, evidente anche altrove, guida la scoperta del piacere erotico, che in lui contribuirà a ravvivare il desiderio per l’assente Patrizia.

Ma siamo al 4 dicembre 1942 e Messina utilizza una passeggiata dal sole fulgido a San Martino per immetterci nel bombardamento che i Liberator americani portarono a segno, dal porto al Carmine e fino a Chiaia.

Così entriamo, con i personaggi, nel 1943 e nella Napoli sotterranea, nella vita nei rifugi della città dichiarata zona di guerra, in cui comincia a strutturarsi l’opposizione e la strenua resistenza ai nazifascisti (appaiono le scritte “Abbasso il Duce che a morte ci conduce”, analoghe alle dialettali “Duce, duce, cumme c’hai fatte arreddùce!”).

Raffaele Messina – foto di Raiola

Messina, muovendo Francesco e Barbara come Manzoni fa con Renzo per la Milano del Seicento, ci guida in presa diretta all’interno del disastro immane e in vivide pagine ci pone davanti agli occhi la desolazione, le macerie, la fame, le paure per i cari.

Negli ultimi dieci capitoli il tono emotivo del romanzo cresce e la lingua di Messina usa registri affettivi, che coinvolgono il lettore fra i personaggi tutti a rischio, fra quel 5 e 12 settembre, con l’attacco ai Tedeschi. Qui l’obiettivo del narratore si centra sull’epopea del maresciallo Salvatore Nastasi, la cui figura, da consapevole presenza, nei fitti dialoghi snocciola gli eventi, ne rivela i retroscena e gli inganni, fino a rivelarsi vero salvatore di ebrei e della famiglia Levi.

Eroe civile e familiare, pur ingoiando il disprezzo incomprensivo del figlio, il maresciallo Salvatore svela a Francesco la presenza, da Napoli ormai ad Avellino, di Patrizia e si avvia a coordinarsi con la resistenza, dal 28 settembre e per quattro giorni, fino ad esultare per la ritirata nazista da via Duomo verso il porto e poi morire in via Tribunali, colpito da un vile cecchino fascista che gli spara dai tetti. Il figlio avverte tutto il peso delle giornate infami della guerra e la carenza di non aver avuto il tempo di sentire amico il padre (come scrive in una lettera).

Barbara e Francesco si chiudono, sono e si sentono soli, fra un popolo stremato. Tanto lutto è stemperato  in una vena umoristica che compare nel capitolo dedicato ai ‘duelli al sole’, che rievoca l’uso erotico-orale ed economico degli americani da parte delle sboccate popolane, rituali tramandati e registrati fin dai tempi di Boccaccio. E giunge il finale emozionante, che lasciamo alla scoperta del lettore.

In riferimento a “Ritrovarsi”, Maurizio De Giovanni ha parlato di unascrittura discreta, sensibile e intelligente’; Raffaele Nigro di una ‘scrittura limpida e di notevole capacità analitica nella rappresentazione dei sentimenti e dei luoghi’.

È questa paratassi curvata sulle emozioni dei personaggi che rende scintillante la resa letteraria e consente di ascrivere al romanzo attuale questi personaggi eterni, pulsanti di giovinezza, colti nei passi verso la vita, adulti ma eterni di vita fresca come tanta statuaria greca sa per noi raffermare.

Si impara molto dal romanzo di Raffaele Messina, dalla lingua italiana alla complessità dei rapporti padre-figlio, dalle scaturigini della Resistenza antinazista alle periodiche scene di sesso che allietano la lettura per la loro vivacità. Una pluralità di piani, una colorazione dei parlanti. E poi anche una strepitosa copertina che impreziosisce lo scritto, che è già quasi una sceneggiatura da film, per la sua scansione meditata e cangiante.

 

Written by Antonio Lotierzo

 

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