“Born to Be Blue”: nel biopic di Robert Budreau l’inquietudine del trombettista Chet Baker

Già uscito nelle sale americane e canadesi, il nuovo film di Robert Budreau, “Born to be Blue racconta l’ultima parte della tormentata vita del trombettista e cantante americano Chet Baker.

Born to Be Blue

La personalità del leggendario musicista, schiacciata da vizi e debolezze, rivive grazie alla sensibilità di Ethan Hawke, nonostante un copione assoggettato ai canoni dell’artista difficile e maledetto.

Negli anni Cinquanta Chet Baker era uno dei più celebri trombettisti al mondo e tra i massimi esponenti del Cool Jazz. Avventurarsi nelle biografie è sempre pericoloso, per il pericolo di ingigantire aspetti marginali o dare scarso peso a eventi chiave di quelle che rientrano pur sempre in dinamiche indiscutibilmente personali della vita di qualcuno.

L’aspetto che rende i biopic interessanti è, certo quello di raccontare una vita straordinaria e fuori dal comune ma, più di ogni altra cosa, l’essere in grado di filtrare l’unicità alla quale il personaggio resta ancorato, fedele nel tempo. Born to Be Blue avrebbe potuto essere tutto questo. E parzialmente lo è.

Chet Baker rivive, con il suo carico opprimente di angosce, grazie alla spiccata sensibilità di Ethan Hawke, sufficientemente credibile come (finto) trombettista e (vero) cantante di alcuni successi del jazzista americano. Gli eventi degli ultimi anni che hanno costellato la sua tormentata attività artistica vedono Chet Baker impegnato a tenere a galla la sua carriera dopo un grave incidente alla bocca: la perdita dei denti a causa di una rissa (in realtà non fu mai veramente appurato come andarono davvero i fatti) ebbe gravi conseguenze sulle sue successive performance e aggiunse dolore e difficoltà a un equilibrio già molto precario, a causa delle pesanti dipendenze dalle droghe.

Il film, però, non convince del tutto perché rimane intrappolato nello stereotipo malinconico e autodistruttivo dell’artista maledetto, pieno di talento ma privo della capacità e della volontà di salvarsi. Impegnato nelle riprese del film che racconta la sua vita, Baker comincia una relazione con l’attrice Jane Azuka (Carmen Ejogo), la figura femminile (immaginaria) che seguirà i momenti belli e brutti del musicista, donna influente e carismatica, incapace suo malgrado, di districarsi nei complicati meandri di una personalità debole.

Born to Be Blue

Le lacrime e il terrore di Baker-Hawke pochi istanti prima di salire sul palco nella sua esibizione finale, riassumono in pochi attimi la dolorosa insicurezza di un artista incapace di esprimere la sua arte, se non legandola a tranquillità effimere.

Nel film appaiono anche altre figure mitiche del jazz, da Dizzy Gillespie (Kevin Hanchard) e Miles Davis (Kedar Brown), tutti nella veste scomoda di giudici severi del tracollo del trombettista e della sua perenne vicinanza a carceri e degrado. Fu proprio in Italia, precisamente a Lucca, che Chet Baker trascorse diversi mesi nel 1960 – periodo in cui imparò ad esprimersi in un decoroso italiano – al termine dei quali dovette risalire la china, come più volte costretto a fare.

Tra i lavori dedicati al musicista americano, impossibile non menzionare Let’s get lost – Perdiamoci, film documentario del 1988 di Bruce Weber, che riesce a calarsi con profondità nell’animo irrequieto di un uomo qui raccontato davvero per quello che era, artista sensibile e misterioso, lontano anni luce dal vortice artistico che lo travolse e in perenne lotta con la sua spietata solitudine.

 

Written by Irma Silletti

 

 

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