“Gesù” poesia di Pasqua di Giovanni Pascoli: oltre il Giordano
Di seguito si potrà leggere la poesia che celebra la Pasqua intitolata “Gesù” di Giovanni Pascoli ed una breve biografia del poeta.
“Gesù”
E Gesù rivedeva, oltre il Giordano
campagne sotto il mietitor rimorte:
il suo giorno non molto era lontano.
E stettero le donne in sulle porte
delle case, dicendo: Ave, Profeta!
Egli pensava al giorno di sua morte.
Egli si assise all’ombra d’una meta
di grano, e disse: Se non è chi celi
sotterra il seme, non sarà chi mieta.
Egli parlava di granai ne’ Cieli:
e voi, fanciulli, intorno lui correste
con nelle teste brune aridi steli.
Egli stringeva al seno quelle teste
brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,
temo per l’inconsutile tua veste.
Egli abbracciava i suoi piccoli eredi;
Il figlio – Giuda bisbigliò veloce –
d’un ladro, o Rabbi, t’è costì tra’ piedi:
Barabba ha nome il padre suo, che in Croce
morirà. Ma il Profeta, alzando gli occhi,
“No” mormorò con l’ombra nella voce;
e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi.

Giovanni Agostino Placido Pascoli nacque a San Mauro di Romagna il 31 dicembre del 1855 e morì a Bologna il 6 aprile del 1912. Pascoli è stato un poeta ed accademico italiano, lo si può considerare una figura emblematica della letteratura italiana di fine Ottocento.
Ricordato per essere il poeta del fanciullino, Pascoli intese la sua poetica come una ricostruzione delle vicende che capitano negli anni della prima giovinezza che determinano lo sviluppo creativo e successivamente la maturità dell’individuo. Per comprendere la poetica di Giovanni Pascoli bisogna sempre tenere a mente, dunque, i dolori ed i tormenti biografici e psicologici del poeta, perché furono la fonte ossessiva del suo sistema di senso delle parole in base al quale concepì il mondo.
“È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello.”
Mediante la poetica del fanciullino Pascoli definisce le tre funzioni di cui la poesia, per ritenersi tale, dovrebbe godere:
la funzione conoscitiva che si rivela solo mediante l’intuizione;
la valenza simbolica del linguaggio che consente di disambiguare la realtà;
la funzione sociale della poesia che sottende un messaggio morale di comprensione reciproca.
Info
Leggi la recensione de “Il fanciullino” di Pascoli
è uno dei miei poeti preferiti
Mica male Rosa! :) Buona Pasqua 2015!