“E qualcosa rimane”, libro di Nicoletta Bortolotti: un tuffo nel passato al tempo delle Fosse Ardeatine

E qualcosa rimane“. Margherita e Viola, due sorelle abissalmente diverse eppur unite per sempre da un amore che non conosce confini di spazio e di tempo, perché hanno condiviso esperienze di crescita e hanno sognato insieme quella casa di Lego che il padre aveva costruito per loro.

Mentre con l’immaginazione si facevano piccole per entrarvi dentro, crescevano fisicamente e mentalmente, delineandosi per sempre diverse. Margherita raramente si abbandonava a storie di amore adolescenziale, Viola cambiava ragazzo e taglia dei jeans. Ognuna con le proprie peculiarità cercano per una vita la casa di Lego, che è il mondo idealizzato dell’infanzia, cui sono ombelicamente attaccate , benché la famiglia di origine  non sia proprio  quella da manuale.

Spesso i loro rumori sono lì a coprire i silenzi di un coppia in crisi. Alla originaria disperazione della madre subentra lentamente il silenzio. Poi  Viola, che ha  abbandonato la casa paterna giovane, andando via da Milano, ritorna inaspettatamente e chiede a Margherita di vivere due giorni come ai vecchi tempi. Le sorelle si ritrovano solidamente e profondamente legate,segno che la distanza nulla può contro la potenza dell’amore, ognuna con la sua casa  di Lego nel cuore e nella mente.

La storia è una serie di scatti fotografici in un viaggio nel passato, contestualizzato con riferimenti  a fatti storici importanti, mettendo in risalto come in una foto le peculiarità fisiche degli inquadrati dall’obiettivo, conosceremo così nonna Clara e nonna Alba, nonno Francesco e nonno Federico.

La storia si fa saga di una famiglia in un tuffo nel passato, al tempo dell’eccidio delle Fosse Ardeatine e della successiva liberazione di Roma, per mano degli alleati. Mentre gli aerei nemici volavano su Roma come stormi di uccelli, nonno Federico rimaneva al suo posto in casa, nonna Clara consumava la sua travolgente passione per un uomo del Sud nei  rifugi sotterranei. L’uomo del Sud ritornò nella sua terra; Nonna Carla si chiuse nel silenzio per quattro lunghi anni.

Intanto  cresceva  il loro figlio fino conoscere colei che un giorno assunse semplicemente il nome di mamma, la loro mamma.  Dopo una prima cotta non corrisposta, la mamma incontrò fatalmente quell’uomo che presto sarebbe diventato suo marito, Matteo, il padre di Margherita e Viola. Di qui il trasferimento a Milano. Venti anni fa Berlusconi scende in campo: la telefonata di Viola a Margherita; il silenzio dell’imbarazzo, tante le cose da dire, ma Viola resta sempre quella che cambiava ragazzo, appartamento e numero di telefono.

Il momento più alto del felicitometro di Margherita? La nascita di Sofia, la figlia; e di quello di Viola? Mistero…Il momento più basso?Quando Matteo  venne messo in mobilità sul lavoro. O quante cose si potrebbero dire in una telefonata! Ma il discorso scivola su Un posto al sole. Viola telefona da casa, ma questa dove è? E ha mai ritrovato la sua casa di Lego?

Il pensiero corre agli anni di piombo, ai tempi delle Brigate rosse: dormivano su letti a castello: l’uno in ordine maniacale, nell’altro il caos totale; Viola seduceva con lo sguardo i visi degli adulti, Margherita l’insicurezza fatta persona. Ma, in fondo, chi era la vera insicura? Quella che teneva sotto controllo la realtà o quella ribelle e spensierata, quella che non studiava e aveva messo in crisi la psicologa coi suoi silenzi?

Poi la separazione dei genitori: Margherita dalla parte del padre, Viola da quella della madre. Ma prima della separazione l’intesa politica: il padre a la madre alle Feste dell’Unità sulle note degli Inti-Illimani. Il referendum sull’aborto, l’omicidio di Pasolini, Montale insignito del Premio Nobel. I genitori si divertivano, fumavano molto e ridevano altrettanto, ma quando le Brigate Rosse cominciarono a fare sul serio, fecero una faccia! E non ridevano più. I genitori erano il rumore, le sorelle il silenzio o viceversa a seconda dei tempi: il gioco del pieno/vuoto degli equilibri familiari. E mentre la telefonata prosegue parlando di Un posto al sole, va il revival di Margherita e tutto pare immobile nell’apparente scorrere: la vita le ripassa davanti come in una pellicola cinematografica.

Tante, troppe, le cose da dire e da ricordare; il ricordo scalpita e vuole sapere di Viola, la quale divaga. Mentre Margherita pensa al momento in cui il suo felicitometro raggiungerà  ancora le stelle, cosa aspettano le due sorelle? E ricordi, Viola, quando la mamma decise di riprendere gli studi di psicologia e divenne assistente sociale? Una vera missione per lei, perché c’era un mondo fuori che chiedeva aiuto, mentre la villa dei Forrester era anch’essa una casa di Lego, in cui rifugiarsi per mezz’ora… Potrei continuare ad libitum, ma svelerei la trama, di cui bisogna solo dare un’indicazione perché il lettore sia invogliato a leggere questo delicato e profondo libro di Nicoletta Bortolotti, scrittrice affermata, milanese. Il segreto del libro vincente le dure regole del mercato? Tante le ragioni, ma partirei dalla struttura narrativa: di sorprendete originalità l’idea della telefonata tra le due sorelle che dà modo di ricucire il filo della memoria.

È certo che Margherita ne tiene un capo, ma Viola che fa? Cosa ricorda? Ne tiene l’altro capo? O come nella montaliana Casa dei doganieri, è travolta da un altro sciame di pensieri? Questo espediente letterario tiene desta l’attenzione del lettore, cui sfugge il vissuto e il livello della memoria di Viola, per cui si crea una tensione di attesa che conduca all’incontro reale tra le due figure femminili. Ancora una volta, se non bastasse, il libro della Bortolotti sottolinea la condizione della donna come grembo di ricordi, perché le donne non dimenticano mai, e la saudade e la nostalgia del ritorno sono potentissime. Ma Viola è una figura immersa nel mistero e non sappiamo se rientri in questa categoria di donna-Penelope, tessitrice di memoria.

L’incarico è quindi di Margherita che lo conduce sapientemente, da vera donna, mettendo in relazione la storia personale con quella universale, attraverso un uso raffinato della parola, che è sostanzialmente metafora. Cosa altro è la casa di Lego non se non il mondo interiorizzato da piccole, il puzzle della memoria storica, quello che ci dà l’imprinting fin dalla nascita, quello che ci struttura e ci accompagna per tutta la vita? Perché –come dice giustamente Heidegger-  il mondo è una nostra rappresentazione che si struttura nel tempo, mentre a quella dimensione dell’infanzia non si può e non si deve rinunciare, perché lì si colloca la nostra parte più creativa.

E di creatività la Bortolotti ne ha da vendere, perché con tono intimistico, ma al contempo scanzonato, delicato e profondo  ricostruisce la storia degli affetti ancestrali, di quelli che ci segnano per tutta la vita. E il viaggio nella memoria continua per tutta l’estensione del libro tra immagini dolcissime, leggere come una farfalla, e nostalgiche fino alla commozione. Il tutto senza alcuna retorica.

 

Written by Giovanna Albi

 

 

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