“Anatomia della fame” di Stefano Pini – recensione di Rita Pacilio
Da Omero ad oggi il compito della Poesia è quello di ridisegnare la rilevanza della parola poetica come principio dell’essere umano affidando un significato a ciò che non è stato ancora nominato.
Sembra che le parole senza nome cerchino il poeta per essere legittimate anch’esse, per essere nutrite di quel ‘prodigio di esistere’ che ‘allarga il cuore nel contemplare tanta bellezza’.
La parola poetica arriva all’animo umano con forza comunicativa insinuandosi e facendo leva in modo essenziale per ricostruire l’antico tessuto universale del divenire delle cose. La parola è l’unico strumento che abbiamo per renderci prossimi alla conoscenza e per comprendere la realtà degli altri esseri umani e degli spiriti inanimati.
Stefano Pini nella sua preziosa opera prima, Anatomia della fame, utilizza la parola poetica in una versificazione libera con uno spazio-tempo-ritmo che regola un metodo dialettico efficace, ora lento, ora veloce, in cui lo spazio esterno corrisponde ad uno spostamento corporeo-interiore, molto in profondità.
È un viaggio del corpo nel corpo che diviene una peregrinazione tra l’esterno e l’interno in un tempo che è la sintesi della vita dell’umanità intera. Pini non osserva il mondo con occhio indagatore per condannarne i limiti, ma tenta di assolvere, senza sosta e senza quiete, l’insegnamento dell’ansia sociale e dell’assenza.
Non si rinchiude nell’alibi dell’identità storica, perché sa che non funziona: la sua esperienza è radice, è dimora del suo tempo misurato dalla sua energia di essere, esistere, vivere, senza riserve. Le definizioni non si riducono a concetti donne-fantasia o illusione-menzogna: la novità assoluta di Anatomia della fame è certamente la personale elaborazione del soffrire le contraddizioni esistenziali e il continuo attraversarle. Ogni poesia può essere interpretata come una duplice allegoria del reale rifrangendo, per analogia, i dettagli che descrivono, con naturalezza, sia nel mondo fisico che in quello poetico. P
ini ricerca la bellezza delle cose visibili e invisibili consigliando al lettore le visioni di rinnovamento del senso dell’esistenza. Il presente diventa un costante segno dell’ ‘ora’ su cui si sovrappongono i tratti compiuti e rigorosi del fascino cosmico. Il mondo si ricrea grazie all’arte, che non è fuga dalla realtà, ma visione sublimata e meravigliosa dell’esperienza umana. È il lettore che ricompone il libro e lo rielabora interiormente sfilacciando le riflessioni e i colori in cui l’Autore si cala pienamente. Avviene una corrispondenza di creazione artistica che consente i mille viaggi nella misteriosa natura umana.
Lo stile e la tecnica utilizzata consente di percepire lo studio e l’abilità poetica di chi scrive che si sposta, con maestria, nell’incarnazione dell’universo, ora concretizzandolo in un ‘corpo-materia’, ora provocando il destino.
La poesia e le forme di intellettualismo responsabile e illuminato arginano e placano le preoccupazioni e le lacerazioni generazionali moderne e restano le uniche soluzioni possibili: Tutto nel suo laboratorio rimane possibile, tutto dicibile, anche quando verità e bellezza si allontanano e il cerchio delle antinomie si stringe, fino quasi a soffocare. (Daniele Piccini)
(Anatomia della fame vince il XIV Premio Letterario Camaiore 2012 – Sezione ‘Proposta)
Written by Rita Pacilio
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