Intervista di Alessandro Pilia al collettivo cinematografico Quadratino Pericoloso
Tempo fa, ad un live dei Thank U For Smoking, mi sono trovato di fianco un tizio barbuto, occhi chiari e piercing, aria trasandata quasi quanto me. Per circa un quarto d’ora mi sono scervellato per capire se fosse davvero lui oppure no.
Sono un gran fisionomista. E’ risaputo.
Ma ero abbastanza sicuro di averlo già visto. E sapevo anche dove. Altro flashback, in past perfect. Christiano Pahler, quello che quando gli dici di essere riuscito a scaricare il famoso film norvegese introvabile ti dice di avercelo buttato dentro lui nel 2006, mi passa un mediometraggio in cui recita, ma non dirige. Si intitola “Da nessuna parte“. Lo vedo, lo rivedo. Lo passo in giro.
Ecco dove ho visto il barbuto.
Mi manca la prova del nove, dopo tanti tentennamenti, la voce. La riconoscerei tra mille. Ha un’accento impareggiabile.
Gli tocco la spalla, si gira. Ci parlo. Non contano troppo le parole, è lui.
Gli chiedo di Quadratino Pericoloso.
Gli chiedo un’intervista.
Eccola:
A.P.: Da qualche parte scrivete: “We catch the most unimportant ideas, signs or neglected dreams floating in the air, forgotten by some inattentive wayfarers or voluntarily neglected by some hyper-busy businessmen“. Ecco, da dove arrivano le vostre idee, come le scegliete, e come le elaborate sino a farle diventare suono, immagine ed emozione?
Quadratino Pericoloso: Ritengo che l’idea di partenza sia l’elemento fondamentale di un lavoro. E’ difficilissimo, per quanto mi riguarda, riuscire ad avere uno spunto interessante; la maggior parte delle volte capita che l’intuizione mi sbatta addosso in maniera casuale, mentre guido o mentre ascolto musica, ad esempio. Se vuoi è la parte più eccitante di tutto il processo di scrittura, perchè in un certo senso è quella meno razionale: è come se qualcosa si accendesse all’interno del cervello, ma non puoi decidere quando questo avvenga, o in che modo.
Una delle mie paure più grandi è proprio ‘rimanere a secco’ di idee, anche se fino a questo momento per fortuna non è ancora capitato.
Quando ho un po’ di tempo a disposizione, mi faccio delle lunghe passeggiate da solo, aspettando che qualche dettaglio attiri l’attenzione e inneschi quel processo di cui ti parlavo prima; con un pizzico di thc, da questo punto di vista, è tutto molto più semplice .
Una volta che ho un’idea in mente, la sottopongo, assieme a tutti gli altri, ad una rigorosa analisi critica: se l’idea soppravvive e se ci sono le basi per lavorarci, si passa alla seconda fase.
Per quanto mi riguarda lo sviluppo di un’idea è un processo tecnico: abbiamo a disposizione degli arnesi e dobbiamo utilizzarli nel modo migliore, compatibilmente con le risorse di cui disponiamo.
Certo, i due momenti non possono essere scissi: puoi avere un’idea brillante che poi non riesci a sviluppare in maniera adeguata, ma in questo caso puoi correggere e capire dove hai sbagliato e quello che hai fatto ti servirà da lezione per il futuro. Diverso, secondo me, è il caso in cui hai eccellenti mezzi a tua disposizione ma idee rachitiche; e le idee, per come la vedo io, difficilmente si possono comprare al supermercato.
A.P.: Il vostro impianto organizzativo è ben saldo: Davide Onnis e Simone Carrus scrivono e interpretano, Stefano Schirru dirige con l’aiuto di Francesca Vacca, talvolta anche autrice, ho visto i fenomenali Christiano Pahler e Bruno Valdes in ruoli sopra le righe e Valerio Marras dei Thank U For Smoking alle prese con la colonna sonora di “And the winner is…“. Come si è creato questo team, e come è possibile che resti così affiatato?
Quadratino Pericoloso: Fino al 2008 Quadratino Pericoloso non aveva nè una forma nè una direzione ben precisa, di fatto si trattava di una firma a cui facevano riferimento sperimentazioni video e video destinati prevalentemente al web, spesso a carattere demenziale, creati da Stefano e Francesca.
In seguito a una collaborazione con Simone, con cui è stato sviluppato un videclip abbastanza improvvisato, e alla successiva realizzazione di un’idea scritta da Davide (che poi diventa di fatto la sua opera prima, “Latitare is better“), Quadratino Pericoloso si struttura come giustamente riporti.
Di base ci conosciamo tutti da molto tempo e, dopo “Latitare is better“, abbiamo scelto di crescere assieme e coltivare il video come mezzo comunicativo con questa squadra di base.
Siamo aperti alle collaborazioni: ci è capitato in passato con Christiano, attualmente impegnato in progetti molto interessanti, che soprattutto in “Da nessuna parte” ha dato un contributo importantissimo; con Bruno Valdes, co-ideatore del concept di “Zoppo dallo spavento” e di tanti altri folli progetti per ora non realizzati, nonchè strepitoso interprete del quasi auto-inventato “Gesù” di “Da nessuna parte“; molto proficua la collaborazione con Valerio dei Thank U For Smoking, autore della colonna sonora originale del cortometraggio appena terminato , “And the winner is…“.
Oltre alle collaborazioni andrebbero citate anche le numerose persone che partecipano attivamente a vario titolo in ogni progetto: guardate sempre i titoli di coda!
A.P.: Ciprì e Maresco, Cronenberg, Lynch, Korine, Fincher, Rezza, Cunningham. Un certo cinema dal sapore antico (Dreyer, Bergman). Episodi che evocano fotograficamente “Dead man” di Jarmusch o “Vahalla rising” di Refn. Viene in mente una gamma molto ampia di sorgenti.
Lo stile è un linguaggio con cui rendere meglio fruibile e più ricco il messaggio?
Quadratino Pericoloso: Hai citato registi e autori che sicuramente ci hanno influenzato tantissimo a livello di linguaggio e stile, aggiungerei poi il primo Aronofsky e pochi altri come maggiori fonti da cui abbiamo attinto in varia misura. Per noi il messaggio, la storia e in generale i contenuti sono molto importanti, lo stile deve essere fortemente funzionale a quello che vogliamo comunicare. L’estetica e la fotografia devono enfatizzare e veicolare il messaggio portante più che essere esercizi di stile fine a sè stessi. Soprattutto per questo motivo non cerchiamo mai uno stile simile al film “X”, o un montaggio “alla Y”, ma plasmiamo il concetto che vogliamo raccontare col video attingendo dai generi e dagli stili che amiamo e miscelandoli liberamente. Unica eccezione in questo senso è forse “Latitare is better“, in cui era chiaro il risultato fotografico che si voleva ottenere e sono stati esplicitamente “rubati” espedienti e stili da alcuni film di riferimento (“Pi greco – Il teorema del delirio” in primis). Persino in “Da nessuna parte“, in cui effettivamente i personaggi sembrano uscire dall’universo di Ciprì e Maresco e lo stile sembra fortemente condizionato dai loro lavori, quest’aspetto è stato completamente ignorato e per nulla “cercato” in fase di preproduzione: nonostante il plot sia stato seguito nei suoi punti fondamentali, l’approccio seguito nel girare il film è stato quello dell’improvvisazione estrema e della ricostruzione della trama in fase di postproduzione; oltre l’impalcatura di base, l’atmosfera e i contorni del mediometraggio sono stati pesantemente condizionati dalle interpretazioni di ciascun attore.
Ci sono certamente delle scelte stilistiche che ci caratterizzano anche da un punto di vista strettamente “estetico”: la predilezione per una fotografia molto sobria e lo scarso uso di movimenti di camera, ad esempio, sono alcuni tra gli elementi caratteristici degli autori da te citati che ci piacciono e che facciamo nostri, senza percepirli come un limite legato al basso budget a nostra disposizione ma adottandoli come precisa modalità espressiva.
Ci sembra comunque che il forte peso che noi diamo al contenuto, anche a discapito della forma (soprattutto tenendo conto delle limitazioni imposte dal budget ridotto all’osso), sia un aspetto abbastanza in controtendenza rispetto ad altre produzioni indipendenti. Troppo spesso vediamo casi, anche di successo, di cortometraggi realizzati estremamente bene, dal forte impatto visivo e molto curati nei dettagli, ma al tempo stesso vuoti o estremamente superficiali nell’anima.
Ciò non significa che non diamo importanza agli elementi più legati alla forma e al linguaggio cinematografico, anzi proprio con il nostro ultimo cortometraggio “And the winner is…” abbiamo cercato di curare molto meglio e di spendere risorse importanti per questi aspetti.
A. P.: Quali sono i libri/film/dischi che più vi hanno ispirato nel periodo di gestazione del vostro ultimo corto, “And the winner is…“?
Quadratino Pericoloso: Come dicevo prima, spesso la musica o i libri contribuiscono ad accendere quella lampadina da cui parte tutto il processo di sviluppo.
‘And the winner is…‘ è nato in macchina, durante una chiaccherata con Simone in cui eravamo particolarmente ispirati, se capisci cosa intendo, eheheh!
Avevo in mente praticamente dall’inizio il modo in cui il corto doveva iniziare: un mio caro amico mi aveva da poco fatto conoscere gli Eraplee Noisewall Orchestra e un loro pezzo in particolare si è legato in maniera prepotente con il lavoro e in un certo senso ha influenzato alcune nostre scelte: nello specifico, volevo che il corto partisse in maniera molto aggressiva, che fosse drastico, cupo, opprimente, diretto.
Poi è capitata una cosa strana e, per quanto mi riguarda, bella: stavamo curando gli ultimi aspetti del progetto, mancavano alcune settimane all’inizio delle riprese e io stavo leggendo ‘Il mondo nuovo‘ di Aldous Huxley, che qualcuno mi aveva regalato anni fa, ma che non avevo mai letto. Alla fine del libro, c’è un saggio che si intitola ‘Ritorno al mondo nuovo‘, dove l’autore chiarisce meglio i significati che stanno dietro all’opera.
Mi sono imbattuto quindi in un passo che poteva descrivere alla perfezione alcuni concetti che avevamo inserito nel nostro lavoro. Non posso dire che Huxley abbia influenzato il nostro lavoro; mi piace pensare però che quanto scriveva lui nel 1958 sia ancora percepibile, probabilmente più che in passato, nel 2012.
Quello che ho appena raccontato è successo anche per ‘Da nessuna parte‘: gli Anima Di Legno hanno scritto una canzone, ‘Estraneo al cambiamento‘, che si sposa in maniera perfetta con i significati presenti nel mediometraggio: siamo arrivati alla stessa conclusione senza metterci d’accordo, trovandoci per caso; la collaborazione è stata assolutamente spontanea ed in un certo senso inevitabile; loro avevano scritto la musica per le nostre immagini, noi avevamo delle immagini che potevano andare bene per la loro musica.
A.P.: Quando non vi occupate di veri e propri video musicali (“Sea storm“, “Still ghosts“, “Estraneo al cambiamento“, “Night lapse“, “Subliminal/Delusional“, “Abandoned shadows:“) le vostre narrazioni seguono comunque logiche ritmiche vicine al videoclip (in particolare mi colpiscono gli istant stills di “Latitare is better” e “Tutte le volte che ho rischiato di morire“, interessante anche per le contrapposizioni sonore, e la suspance di “Á ferð“). “Da nessuna parte” inserisce l’elemento della musica sarda. I Serka si fanno poi protagonisti con “Zoppo dallo spavento“, quasi un film muto sonorizzato.
Che rapporto avete con le vostre colonne sonore, in particolare con i collage elettronici? E con la scena hardcore?
Quadratino Pericoloso: Personalmente penso che la colonna sonora determini per un buon 40/50% l’effetto finale di una scena, e quindi il risultato complessivo dell’opera. Se riesci a trovare dei bei suoni, o meglio delle belle canzoni, che sottolineino ed esaltino gli stati d’animo che vuoi comunicare attraverso il video, sei a metà del tuo lavoro.
Probabilmente non ci accorgiamo se una colonna sonora è poco efficace, ma ci accorgiamo sicuramente, e so che magari può sembrare un paradosso, quando una colonna sonora è azzecata e si incastra alla perfezione con le immagini: è una questione di pathos, di vibrazioni interne; rende la scena viva, più forte, più densa.
In questo senso l’elettronica si presta meglio, in alcuni casi, rispetto alla musica suonata tradizionalmente: penso sia una questione di frequenze, di suoni, di ritmi; tutti aspetti che gli artisti che si dedicano al genere stanno curando, soprattutto negli ultimi anni, in maniera maniacale e con risultati sorprendenti.
Per quanto riguarda il rock in generale apprezzo tantissimo la carica adrenalinica e l’impatto forte e genuino, ma più che a livello di suoni e codici ci sentiamo vicinissimi, soprattutto in questo periodo, a quella fetta di scena punk/hardcore che porta avanti, con ostinazione, tutto il discorso sull’autoproduzione: noi cerchiamo di estrapolare il concetto ed estenderlo dall’ambito musicale a quello del video. L’autoproduzione attualmente è un’arma che permette, tra le altre cose, la libera espressione dell’individuo e rappresenta allo stesso tempo un’alternativa valida e percorribile, anche nell’ambito della produzione culturale nella sua accezione più ampia, ai modelli oggi dominanti.
A.P.: Da “Neurostorming pills” a “Zoppo dallo spavento“, l’ironia, il grottesco, il surreale sono delle armi mordaci che feriscono chi vi incontra. E’ istinto caratteriale o deliberato mezzo espressivo?
Quadratino Pericoloso: Fa parte del nostro istinto essere ironici e grotteschi. Soprattutto il primo aspetto lo ritengo un elemento fondamentale per la nostra soppravvivenza: siamo tutti tendenzialmente portati ad avere un approccio abbastanza negativo verso la realtà circostante, cosa che per altro penso sia abbastanza esplicita in molti dei lavori che abbiamo prodotto sino ad ora; diciamo che l’ironia è una valvola di sicurezza, un salvagente.
Con ‘Latitare is better‘ ci siamo resi conto di aver calcato un po’ troppo la mano per quanto riguarda la pesantezza; non sto dicendo che sto rinnegando quanto abbiamo fatto, ma avevamo il bisogno fisiologico di cambiare toni e umori. ‘Zoppo dallo spavento‘ è stato in questo senso un’ottima occasione: ci siamo spericolatamente tuffati dentro il non-senso perenne in cui sguazzano da sempre i Serka ed è nata questa collaborazione, utile sia per rilassarci un attimo e sia per proporre qualcosa di diverso rispetto a quanto fatto in precedenza.
A.P.: Nei vostri lavori c’è sempre una dicotomia natura/artificio, landscape/industrial. Fate riferimento a delle entità superiori, degli ordini “altri”, delle ricerche di un senso/i sublime/i. La passione e l’apocalisse. Talvolta vi riferite sarcasticamente a figure cristiane.
Vi sentite vicini a qualche religione o credo?
Quadratino Pericoloso: Ciascuno di noi ha le proprie idee e un rapporto diverso con la spiritualità e la religiosità, cosa che spesso ci ha anche portato a interessanti quanto interminabili discussioni…quindi non sarebbe realistico dire che, “come gruppo”, ci sentiamo vicini a qualche religione o credo.
Effettivamente, in molti dei nostri lavori emergono elementi riconducibili alla religione, e spesso non ci dispiace lasciare una certa libertà di interpretazione su questi aspetti.
Siamo tutti più o meno influenzati dall’immaginario cristiano, ma piuttosto che preservarne e diffonderne i significati autentici, che in linea di massima nemmeno condividiamo, preferiamo contestualizzarlo fra le mille contraddizioni del reale: ci rendiamo conto che spesso questa scelta potrebbe non essere apprezzata da tutti ma lo riteniamo un ottimo stratagemma comunicativo.
Un caso particolare è quello di “Á ferð“, in cui i toni tendenti al sublime sono dovuti, più che ad una autentica tensione di tipo religioso in realtà pressochè assente, alla volontà di esprimere un certo stato esistenziale (ansie sul futuro, incertezza sulla strada da intraprendere, ma anche emozioni profonde e positive che scaturiscono dal contatto con la natura) attraverso metafore quasi “epiche” ispirate dalle atmosfere islandesi, ancora oggi fortemente impregnate dalle antiche saghe nordiche.
A.P.: La sarditudine. Ci sono delle parabole tipiche della nostra isola nelle vostre opere narrative. Vedete il tema della fuga come deterrente alla noia? Come pensate di salvare questa terra e voi stessi?
Quadratino Pericoloso: La “sarditudine” fa parte di noi in modo intrinseco, è nell’aria che respiriamo ogni giorno. Non abbiamo nessun interesse a snobbare o rimuovere ciò che siamo e le nostre radici, ma nemmeno a fare un certo tipo di cinema “identitario a tutti i costi” che va di moda ultimamente. C’è sicuramente in sottofondo il rapporto intensissimo di amore/odio che molti sardi nutrono per la propria isola.
La fuga, come in “Da nessuna parte“, è vista spesso come un tentativo di cambiamento che, se non è sostenuto da un mutamento interiore, è destinato inesorabilmente a fallire o a rimanere superficiale. Il fatto stesso di realizzare e proporre dei lavori secondo noi originali, lontani da certi abusati schemi e indipendenti da certi circuiti asfittici che generalmente monopolizzano la cultura in Sardegna è la nostra principale dimostrazione d’affetto verso la nostra terra.
Per quanto riguarda la possibilità di salvare noi stessi la questione è più complessa.
I protagonisti delle nostre storie sono generalmente alla ricerca di una via d’uscita più che di una vera e propria salvezza, ma nessuno di loro la trova effettivamente, o meglio, non la trova in maniera positiva. Sino a questo momento la salvezza è stata intesa in maniera negativa: come negazione dell’esistente, come fuga, come rifiuto della realtà.
Che ci sia una salvezza e una via d’uscita per noi non è assolutamente in discussione, dovremmo interrogarci sul modo con cui raggiungere questo traguardo; probabilmente questa sarà una cosa che svilupperemo nei nostri prossimi lavori.
A.P.: L’accidia, la depressione, lo sconforto in “Latitare is better“. L’umorismo nero, la desolatezza, il cinismo in “Tutte le volte che ho rischiato di morire“, il senso di inadeguatezza, l’apatia, il cazzeggio in “Da nessuna parte“. Un esistenzialismo post-novecentesco. Citerei l’irrequietezza de “La morte dei miracoli” di Frankie HI-NRG MC, la gabbia come relegazione a un ruolo stereotipato. E anche Beckett non sfigurerebbe.
Sono tutti temi abbastanza ostici, dal punto di vista dello spettatore medio. Quanto conta attirarlo, che funzione ha, quali sono gli obiettivi della vostro progetto?
Quadratino Pericoloso: Ultimamente mi sto interrogando sempre più spesso sul ruolo che il consenso ricopre all’interno della produzione artistica. Per quanto mi riguarda, la musica prima, e attualmente la produzione di cortometraggi, rappresentano un mezzo per esprimere ciò che penso, ciò che sento, ciò che mi influenza, mi determina, mi colpisce, mi incuriosisce. Non ci siamo mai messi il problema di produrre qualcosa che potesse interessare al numero più alto di persone; al massimo ci mettiamo il problema su come rendere interessanti le cose che vogliamo dire.
Ci fa piacere quando qualcuno entra nella nostra lunghezza d’onda, condivide i significati che stanno dietro l’opera e in definitiva la apprezza, ma ciò non dev’essere l’unico criterio di valutazione o l’unico nostro obbiettivo.
A. P.: “Quadratino Pericoloso non è composto da professionisti: è formato da individui che cercano di sviluppare e realizzare il loro prodotto nella maniera più professionale possibile, compatibilmente con i mezzi e le risorse a disposizione di volta in volta.”
Com’è la vita da combo cinematografico? C’è un mercato? Insomma, in questo brutto, brutto periodo si può parlare di vivere facendo quel che si ama?
Quadratino Pericoloso: La vita da combo cinematografico, come la definisci tu, non è affatto male. Come ti dicevamo prima, ci conosciamo tutti da un bel po’ di anni, ed è bello in primis per noi aver trovato qualcosa in cui gli sforzi e gli interessi di tutti possono convergere.
Io penso che sia una bella fortuna il poter ancora fare quello che ci piace, per quanto mi riguarda non è una cosa assolutamente scontata. E’ solo grazie alla passione e all’ostinazione che riusciamo ad andare avanti; ma questo non è assolutamente un peso.
Per quanto riguarda il mercato, dipende da cosa si ha in mente: ci sono tantissime persone che sono interessate al cortometraggio e quindi, più in generale, a discorsi come il nostro; penso che i risultati ottenuti dai vari festival di cortometraggi presenti in Sardegna, in Italia e più in generale in Europa lo confermino.
Se per mercato abbiamo in mente un bacino d’utenze sufficientemente grande da poter dare da vivere a tutti coloro che lavorano in questo campo, penso che la risposta sia negativa.
Ma per quanto mi riguarda non mi interessa tanto vivere con i ricavi di Q.P, cosa che per altro, ovviamente, è fuori discussione. Ciò che più mi interessa al momento, è riuscire a migliorare ulteriormente la produzione generale dei nostri lavori con i mezzi di cui disporremo di volta in volta.
Filmografia:
“Neurostorming pills“, ovileprigione.it (“Aji bomba“, “Antipast“, “Polpi cattivi“) 2008/2009
“Spontaneous prose” 2008
2009 “Latitare is better” 2009
“Á ferð” 2009
“Sea storm” 2009
“Nightlapse” 2009
“Still ghosts” 2009
“Tutte le volte che ho rischiato di morire” 2010
“Da nessuna parte” 2010
“Wild Sardinia nature” 2010
“Monte Arcuentu, Sardinia” 2010
“Abandoned shadows:” 2010
“Estraneo al cambiamento” 2010
“Zoppo dallo spavento” 2011
“Subliminal/delusional” 2011
“And the winner is…” 2012
Testo di Alessandro Pilia
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Info Quadratino Pericoloso:
http://quadratinopericoloso.net
http://www.242movietv.com/video/tutte-le-volte-che-ho-rischiato-di-morire
Un pensiero su “Intervista di Alessandro Pilia al collettivo cinematografico Quadratino Pericoloso”