“L’Arciere ‒ Come in cielo” di Giovanni Viscione: in un mondo conflittuale e complesso?
Entrare nel merito della questione della bellezza di un’opera artistica, come, per esempio, il Libro I de “L’Arciere – Come in cielo” di Giovanni Viscione, non fa parte del mio comune modo di reagire a essa. Dare il voto a un agire umano significa tentare di sancire il valore delle persone. A volte non ci si può esimere, ma quando si può evitare di farlo, io me ne approfitto, anche perché, mi dico, non credo che cambi granché la fortuna dell’autore un mio giudizio di merito. M’interessa di più scoprire cosa sia celato sotto, sopra, dietro e davanti alla sua opera, e come essa abbia interagito con me.

Tento di dare una definizione del libro L’Arciere: distopico. Sento di dover aggiungere un punto interrogativo: distopico? Dis-topia: cattivo luogo. Utopia di Tommaso Moro descrive uno stato ideale, dove domina una giustizia e una virtù di specie platonica. La lettera ū indica l’assenza: il non esserci (ancora). L’u-topia, per definizione, è un luogo al momento inesistente.
Roberto Moscardin in Good people always win!, in cui egli narra le proprie esperienze lavorative, mi pare un libro u-topico. Nel mondo attuale, la brava gente o perde o pareggia a stento, magari nei minuti di recupero. A trionfare, un po’ ovunque, sono i prepotenti. Talvolta mi sono detto che sarebbe quasi ora che, nel mezzo del cammin di nostra vita, magari ci inoltrassimo in una selva oscura, ove il cuore potrebbe spaurarci…
Enzo Biagi diceva di appartenere a una generazione che aveva perso tutte le guerre. Noi boomers, finora, non ne abbiamo combattuta alcuna, per cui siamo al momento imbattuti. Ma di doman non c’è certezza!
Giovanni Viscione descrive ne L’Arciere un mondo che, per gran parte, coincide con quello in cui abitiamo, respiriamo e per cui ogni tanto gemiamo, udendo le notizie provenienti da poche migliaia di chilometri. I personaggi della storia sono chiaramente inventati. Non lo sono per niente gli ambienti in essa descritti. Né alcuni istituti coinvolti. La ISIS esiste. Pure la CIA, l’ONU, eccetera… Né alcuni dei loro esponenti, anch’essi citati nell’opera.
Quel mondo esiste nel luogo nel quale noi esistiamo. Al momento, noi sopravviviamo nonostante il fatto che esso è immerso in una disgraziata dis-topia. Consiglierei a chiunque, in primis ai miei due figli, di tenere gli occhi aperti, di restare informati, di addestrarsi in varie discipline, di cercare nella cultura (scientifica, artistica, fisica, sportiva etc) l’ausilio per potenziare e proteggere se stessi e le persone che amano. Non occorre né si deve paventare la certezza del peggio. Se qualcosa di male ne uscirà, ci penserà da sé a evolversi, senza aver bisogno del nostro ausilio. L’importante è cercare d’implementare (che brutto termine!)… di realizzare se stessi al meglio.
La Storia è maestra di vita? Sediamoci su un sofà e studiamola! L’invito a tenere gli occhi aperti non è una minaccia, bensì un consiglio. È lo stesso che do a me stesso, ogni volta che mi sveglio la mattina.
Un filosofo che non amava la filosofia, Jiddu Krishnamurti, invitava i suoi lettori ad andare al di là del conosciuto, nonché d’imparare ad imparare un’informazione senza rimanerne schiavi. Cogito ergo sum scriveva Cartesio, il quale considerava gli animali come delle semplici macchine create da Chissà Chi al fine di soddisfare gli umani bisogni. Io non concordo con tale teoria.
Ispirandomi a Daniel Lumera, gli direi: Ti lascio andare – caro il mio René Descartes. Tu sei un uomo geniale, ma io ti de-scarto, per talune tue affermazioni, essendoti grato per diverse altre. Cito ancora Moscardin, che scrive, nel suo bel tomo: Il racconto è vero per il ‘…%, questo è importante – anche il tuo lo è, compagno di lettura (e d’esistenza) Giovanni.
Deduco dal romanzo L’Arciere e sono informato dalla lettura della nota finale, che tu, Giovanni, sei un conoscitore di “diverse Arti Marziali e Sport di Combattimento, tra cui… ” – e poi sono elencate varie discipline, culturali e sportive, tanto da farmi avere una sorta di sindrome di Stendhal. Provai, per qualche anno, d’impratichirmi del judo, ma poi smisi. Da quel che ricordo, chi operava in tale disciplina agiva per lo più in caso di attacco dell’avversario. Era uno sport di difesa che sfruttava l’energia dell’avversario, favorendone lo squilibrio (come l’aikido). Non sempre un’arte marziale è così saggia. Questo mi parve quando vidi da ragazzo i film di Bruce Lee. Per fare sorridere chi potrebbe essere inquietato a leggere queste mie righe, ricordo uno sketch di un comico che aveva sfidato a scacchi un noto campione di boxe. Entrambi erano a torso nudo, coi loro muscoli, piccoli e grandi, in evidenza. Una mossa geniale dell’attore aveva messo in difficoltà il pugile, il quale, dopo averci pensato su per mezzo minuto, decise, come extrema ratio, d’alzarsi e di mollare un cazzotto all’antagonista. Dopodiché l’arbitro sancì la sua vittoria. Metaforicamente, questo è il mondo in cui viviamo.
Le svariate decine di capitoli del tuo romanzo, Giovanni, per lo più corte e dense, svelano diverse storie, che si alternano, conducendo al medesimo risultato: l’uomo deve essere consapevole che occorre comprendere il mondo al fine di potersi meglio difendere dagli elementi nocivi e pericolosi, che bazzicano ovunque. Il personaggio più caro, in cui, assurdamente, m’identifico, è una ragazzina di nome “Skye”. M’impressiona il suo coraggio, a volte sperticato, e la sua volontà di migliorare se stessa, costi quel che costi. Mi pare che ‘sta luminosa Skye sia l’alunna preferita del “Maestro”. Un volo temporale che fa seguito all’attuale, in cui stava quasi schiantandosi al suolo, m’inquieta: ciò che diventerà (e che leggerò a pagina 196) fatico a tollerarlo. Non intendo dire che la ragione sottesa sia malvagia, ché forse è inevitabile, ma che non è per nulla il mondo che sogno. Peccato!
A pagina 48 spunta per la prima volta questo nome: “L’Arciere” – che rimarrà ogni volta sospeso nell’aria, anche se non lo si nomina per decine di pagine. Da quanto credo d’aver capito, occorrerà leggere il Libro II per finalmente incontrarlo. Così si potrà forse scoprire non solo chi è, ma a che possa servire, e perché occorra, eventualmente, eliminarlo (oppure proteggerlo?). Chi leggerà, vedrà.
Riporto ora un passo di pagina 56: “… Il Guardiano doveva essere forte di corpo ma anche e soprattutto di carattere…” – un novello spartano, più che un filosofo socratico? In copertina spicca l’immagine di Stonehenge, di cui, a una certa pagina, si parla diffusamente. È un luogo magico che vorrei visitare con chi amo, anche se un conoscente che un giorno ci andò mi disse che non era poi quella gran cosa. Tutto non è granché, se uno non si sforza di pensarci su.
Non m’interessa fare una sinossi della storia narrata, ché va semplicemente letta e meditata. Mi scappa però un mezzo spoiler. Colgo, a pagina 95: “Beh, so che c’è una Profezia che dice che l’Arciere troverà una sorta di virus. E noi vogliamo quel virus.” – quando sento sbandierare le varie teorie e considerazioni a proposito dell’infezione del virus che mutò, per anni, la nostra vita, a partire dal 2020, resto sgomento. Chissà cosa c’era dietro? La malizia dell’uomo è misteriosa e a volte imperdonabile (anche la mia).
Leggo, a pagina 98: “Perché ti sono molto più utili delle domande senza risposta, che delle buone risposte ad una cattiva domanda.” – so di non sapere, diceva Socrate. Mi domando se chiedersi il perché non sia, in fondo, una domanda perniciosa. E se per caso sappiamo qualcosa del Kósmo che non riusciamo a tradurre dentro di noi, nel nostro arcano alveo?
Apprendo però che: “Fin da quando siete nati, ogni interazione con voi è stata finalizzata a forgiarvi per un preciso scopo.” – la frase può anche terrorizzare, eppure questo è il compito, the burden, the heavy duty di ogni genitore. L’educazione è spesso foriera di sofferenze. Il concedere a un bimbo di non porre limiti alla sua azione significa però condurlo alla rovina. E può renderlo insano di mente. Sto pensando ancora a quel mio disgraziato e caro affine.
“Dominik” è un personaggio che non m’è simpatico, che non vorrei avere come compagno di stanza in ufficio. Lo rispetto, forse anche lo ammiro, ma è meglio che egli conduca la sua azione distante da me. Oppure no? É viltà, la mia? Forse. Qualcuno, a pagina 175: “… spazzò la pista con la potenza di fuoco devastante della sua mitragliatrice…” – che egli sia un signore buono o cattivo, sarà dei posteri l’ardua sentenza. Sempre che ce ne siano, di posteri, in quest’infame pianeta distruttivo e assassino! Per cui alla fine è consentito dire, gongolando: “Sei nemici in meno…” – e i loro cari, che dovranno patire? A chi interessa saperlo? A segnalare quel numero sei tu, autore, che non riesco a capire quanto tu soffra per tale fatto, o quanto ne gioisca. Io leggo da mezzo secolo gli albi di Tex Willer e so per certo che il suo creatore, Gian Luigi Bonelli, era una gran brava persona, oltre che un vero idealista. Anch’io tifo per il mio ranger, quando s’imbatte con quei banditi e, magari, li ammazza senz’esitare. Diversamente, morirebbe lui e finirebbe la serie di quei fumetti. Un morto buono pare valere mille morti cattivi. La pensavano in tal modo, dal loro infernale punto di vista, pure i criminali nazisti. Questo è il mondo in cui vivono gli atroci umani, in cui talvolta può splendere una scintilla di bontà: “… Alla fine, Yohannan decise di risparmiarlo e si limitò a lasciargli qualche memorandum.” – il che mi fa venire in mente che gli hitleriani erano soliti lasciare esposti i corpi dei nemici uccisi a fini, come dire?, pedagogici: la Storia è Maestra di… Morte!
Il povero “… Vincent non aveva mai ucciso nessuno…” – e questo poteva essere un problema, per cui “… l’importante era che non lo sapesse…” – il suo prossimo antagonista. E ora mi sfugge un secondo mezzo spoiler (e due mezzi formano un’unità), tratto da pagina 198: “Era Skye, la Guardiana, ultimo baluardo per salvare il mondo.” – e così, eventualmente, sia!
Uffa! Che roba sto leggendo a pagina 214 de L’Arciere: “… nei millenni, molti Guardiani prima di lei erano selezionati, addestrati, svezzati…” – e anche questa è cultura pedagogica, suppongo… Condivido la differenziazione che tu, autore, fai tra “errare” e “sbagliare”. Devi sapere che anche per me l’etimologia che tu, spesso, non qui però, utilizzi per fornire spiegazioni, sia importante. L’etimo di etimo è etymos, ragione delle parole, ciò che ci conduce alla verità. Apprezzo pure “la Teoria del Cancello” – o almeno la parte di essa che concerne il “sopravvivere agli errori” e il fatto che conviene diventarne “consapevole” – su tutto il resto ci cogiterò su per diversi anni.
Strangolante, nonché urticante, è il messaggio che colgo, quasi fosse, appunto, un’ortica, a pagina 242: “Non decidiamo quando e dove crediamo di decidere.” – sarà vero? Chissà che ne penserebbe il savio Søren Kierkegaard, che tanto sponsorizza il suo Enten-Eller? Poi, a pagina 265, si parla de “l’assenza di Libero Arbitrio” – e di cosa più o meno significhi “scegliere” – e chissà chi non lo sa! A me non gusta per nulla la scelta operata da quel Sant’Agostino. Ma forse non… non la so capire.
Un’altra frase deprimente fa capolino a pagina 245: “… Il nostro pane sono le informazioni…” – che non significa necessariamente cultura, ma istruzione da utilizzare a fini pratici. Questo è il mondo in cui viviamo: sempre più intelligente e artificiale, nonché inquisitivo e dispersivo.
Anch’io, come te, Giovanni, mi diletto a studiare un po’ la fisica moderna. Indeciso fra la relativa assolutezza (ossimoro!) di Albert Einstein e “l’indeterminatezza” dei quantistici (Niels Bohr in primis), preferisco affidarmi alle parole di John S. Bell, che così sintetizzo: Dio gioca ai dadi col cosmo, ma bara… grazie a una (demoniaca?) variabile nascosta: e ‘sto magico espediente gli fu insegnato dal suo maestro David Bohm. Un personaggio si chiama, ma chissà se c’entra, “Hell”.

E capisco che ci capisco sempre meno, allorché leggo: “Gli arcieri sono coloro che proteggono.” – chi e da chi? Tra i due gruppi ci sono sempre quei bipedi fragili e implumi? Il confronto che fai tra “Arciere” e “Guardiano” – mi fa temere che, probabilmente, non c’ho capito granché. Che si tratti di due diverse schiere che, in teoria, ma non in pratica, la quale esce sempre difficile, concorrono al medesimo fine? Si tratta di due schiere che alla fine si scontreranno? È tale evento che m’attende nel Libro II? Raccomanderei questo I anche solo perché si possa leggere di un’ipotesi etimologica di “Isis” – la quale però mi lascia perplesso: è un pensiero di Skye, e forse non tuo, Giovanni.
Per anni, e ancora (sempre, e oggi più che mai, in modalità soft) ho praticato il culturismo. T’informo (ma probabilmente già lo sai) che esiste il cheating, l’inganno che ti consente di sollevare coi bicipiti un peso maggiore del solito, inarcando la schiena, come, normalmente, non dovresti. Per andare oltre, pare sia necessario barare un po’ (come quel Dio?) o, come scrivi tu, “fingere”. Ogni scrittura è una raccolta di Finzioni, a sentire Jorge Luis Borges: writing is cheating!
Lo sai una differenza che c’è fra noi due? Tu, come i miei due figli, scrivi “Sì sì…” – i miei due rampolli in genere vanno oltre: sisi – senza nemmeno lo stacco tra le due parole. Dalla foto che appare in fondo al libro tu mi pari più o meno un Millennial.
Quanto leggo a pagina 309 de L’Arciere non mi sorprende per nulla, ma mi terrorizza un po’. Questi “interessi di una macchina di egoismo” potranno mai essere avversati e sconfitti? Ho i miei insani dubbi, a cui sono affezionato.
Per il resto, tutto bene!
Dell’Arciere ancora poco o nulla si sa. E la cosa m’infastidisce e mi soddisfa al contempo. Mi sento perciò costretto a leggere il Libro II.
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Giovanni Viscione, L’Arciere Libro I, Amazon, 2025

