Viaggiare in Sicilia: Catania, la città di lava e di sale
Catania è la seconda città della Sicilia dopo Palermo. Col capoluogo della regione, nonostante la dichiarata rivalità, condivide molti aspetti a partire dal contrasto, tipicamente siciliano, di una terra splendida e orgogliosa ma rassegnata al degrado e alla miseria.

La vita caotica che la contraddistingue emerge già dalla sua architettura: un coacervo di ruderi e palazzi barocchi collegati da strade in pietra lavica. L’attuale assetto urbanistico ha preso forma nel 1600: un secolo “complicato” per Catania.
Nel 1669, infatti, l’Etna erutta. Ma, con la lentezza tipica del posto, ci mette tre mesi a raggiungere le case. Gli abitanti hanno così tutto il tempo di costruire barriere e terrapieni che limitano i danni. Fatica sprecata. Poco meno di 30 anni dopo, nel 1693, un sisma devastante rade al suolo quasi tutti gli edifici imponendone la ricostruzione.
Il simbolo del capoluogo etneo è il “Liotru”, un elefante di pietra che secondo la leggenda prese vita dalle ceneri di Eliodoro, il mago oscuro che lo cavalcava, punito dai catanesi per i suoi misfatti.
Il nostro alloggio si trova a San Cristoforo, una zona popolare che, come apprendiamo in seguito dal giornale locale, è una piazza di spaccio attualmente contesa. Di giorno il quartiere è un’esplosione di suoni e colori degni di un suk, da cui peraltro non è molto diverso. Non ci sono infatti supermercati, ma ovunque costellazioni di ortofrutta, forni, macellerie, market etnici, bar, rosticcerie, barbieri e sale scommesse, tutti aperti fino a tarda sera.
È infatti dopo il tramonto che la strada si anima davvero. I balconi dei palazzoni che la sovrastano si popolano di gente in cerca di refrigerio, che si affaccia sulla baraonda sottostante.
La quiete notturna è quindi profanata da clacson, urla, musica commerciale, fuochi d’artificio e perfino nitriti di cavallo (provenienti da una stalla abusiva sequestrata durante la nostra permanenza).
Un impatto difficile da superare, non solo nella nostra zona, e’ quello con la sporcizia delle strade. Cumuli di rifiuti non sono rari sui marciapiedi, anche nei pressi dei “salotti buoni” come via Etnea. Figurarsi nei quartieri meno “nobili”.
Catania offre molto ai “forestieri”. Tra le attrattive principali ci sono sicuramente, il convento dei benedettini dove è ambientato il romanzo “I Viceré”, il teatro intitolato a Vincenzo Bellini e le tre chiese del culto della patrona Sant’Agata, una delle più antiche martiri del cristianesimo.
Sì può anche visitare il quartiere natio della scrittrice Goliarda Sapienza, ma è meglio farlo di giorno, visto che è quello a luci rosse. Nei dintorni ‒ raggiungibili con i mezzi pubblici ‒ non può mancare la visita al celebre anfiteatro di Taormina e un bagno nelle acque della cosiddetta “Rviera dei ciclopi”. Ad Acitrezza c’è anche la “casa del Nespolo” dei Malavoglia di Verga. Molto consigliato il viaggio in trenino per i paesi alle falde dell’Etna, tra cui Bronte, famoso per i campi di pistacchio.
La Sicilia è rinomata anche per la cucina. A Catania spopolano granite, arancini e pesce spada. I dolci e gli altri prodotti da forno sono superbi. Ma ritroviamo con piacere una bevanda diffusa in alcune zone della Puglia: il “caffè freddo”, da non confondere con quello inflazionato detto “leccese” o “salentino”.
Il cinema, da “Il Padrino” in poi, ha immortalato un’immagine dei siciliani atletici e impeccabilmente eleganti. Uno stile estetico che a Catania, di massima, fatichiamo a ritrovare. Le donne del posto si riconoscono perché ostentano generose scollature e vestiti aderenti, caparbiamente convinte della loro sensualità: de gustibus.
Nella “Storia infinita”, Michael Ende descrive “Il Nulla” come una nuvola nera che inghiotte una dopo l’altra le meraviglie del regno di “Fantasia”. L’immagine è calzante con le orde di turisti che infestano anche la nostra meta. Le vacanze di francesi, inglesi, e tedeschi (ma anche di connazionali italiani) non hanno nulla da invidiare ad invasioni barbariche in piena regola. Si dirà che alla Sicilia in cerca di riscossa i visitatori portano soldi e lavoro. Vero: ma a che prezzo?
Written by Mattia Caiulo
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