Nichilismo e dintorni #6: Georges Ivanovič Gurdjieff e l’affrancamento dalla meccanicità

Carl Gustav Jung lo chiamava destino.

Nichilismo e dintorni 6 Gurdjieff
Nichilismo e dintorni 6 Gurdjieff

Non nell’accezione romantica che tanto ci piace, bensì in quella che lo stesso padre della psicologia analitica, definì come il risultato di un processo inconscio, che non abbiamo portato alla luce della coscienza.

Il destino come mancata consapevolizzazione dell’inconscio.

“Rendi cosciente il tuo inconscio, o lui ti guiderà, e tu lo chiamerai destino” asseriva il grande psicologo svizzero.

L’incipit della sua biografia “Ricordi, sogni, riflessioni” (stesa da Aniela Jaffé) è una presa di coscienza di capitale importanza: “Questa è la storia di un’autorealizzazione dell’inconscio”.

Perché “autorealizzazione”? per il semplice motivo che l’inconscio batte autonomamente alla porta della coscienza, per farsi, appunto, cosciente.

Giordano Bruno lo diceva con una forza ancora maggiore: “L’uomo ha in sé il potenziale di affrancarsi da tutte le influenze. Persino dallo zodiaco”.

Alla luce di tutto ciò e in questo preciso contesto, si inseriscono le affermazioni di quello che a mio avviso, è il più grande Maestro degli ultimi secoli, ovvero Georges Ivanovič Gurdjieff.

“Tutto quello che l’uomo pensa, dice e fa, è il risultato di influenze esteriori. L’uomo in sé è una macchina.” E ancoraNessuno fa mai nulla. Tutto accade. Per poter fare bisogna prima essere”.

Friedrich Nietzsche se avesse conosciuto Gurdjieff, probabilmente non sarebbe impazzito.

“Occorre sbarazzarsi del cattivo gusto di voler andare d’accordo con tutti. Le cose grandi ai grandi, gli abissi ai profondi, le finezze ai sottili e le rarità ai rari.”

Questo aforisma del grande filosofo tedesco è sottilmente ironico.

È chiaro che la chiusura “le rarità ai rari”, si sposi alla perfezione con il pensiero (cosciente) di Gurdjieff.

Quella “rarità” nel linguaggio gurdjieffiano si traduce con l’esperienza della “rimembranza” o “ricordo di sé”.

I Vangeli stessi sono pieni di passaggi nei quali si fa riferimento al “vigilare”, alla “rimembranza”. Si pensi alla parabola delle vergini sagge (sveglie) e quelle stolte. Al monito di Gesù che trova assopiti i suoi discepoli e ripete “vegliate”, e così via.

Vigilare, è diventato al giorno d’oggi un bisogno vitale.

L’imponente mole di stimoli esterni al quale l’uomo odierno è sottoposto, ha l’effetto di un continuo decentramento, laddove invece servirebbe una costante centratura.

Il problema della meccanicità dell’esperienza umana è sempre più banalizzato, persino ignorato, mentre dovrebbe essere una ragione di vita, forse l’unica, ragione di vita degna di essere presa in considerazione.

Ma come può, l’uomo, rendersi conto della propria inconsapevolezza, come può osservare se stesso? Dove trovare lo specchio magico? La verità è che siamo circondati da specchi.

Ogni essere umano è uno specchio. Non è facile osservarci dall’esterno. Creare una distanza tra noi e noi stessi.

Jiddu Krishnamurti era solito proporre quest’unico metodoSiediti e osserva i tuoi pensieri. Piano piano ti accorgerai che non stai più osservando soltanto la mente cosciente, ma anche quella inconscia”. È vero. Ma non è facile. Considerando che, come già detto, siamo circondati da specchi in forma umana.

Se le distrazioni, in altri tempi, erano naturali, oggi hanno assunto un ruolo nefasto.

Georges Ivanovič Gurdjieff citazioni
Georges Ivanovič Gurdjieff citazioni

Bisogna dire, altresì, che se i tempi che corrono sono da un lato estremamente disorientanti, proprio questo continuo stress, potrebbe e dovrebbe generare una tensione verso la libertà. Una delle intuizioni più importanti di Gurdjieff, è proprio la consapevolezza che la frizione può essere fonte di energia e scaturigine di una nuova condizione di vita, che si palesa come esperienza totalizzante e definitiva dell’essere.

“Godi se il vento ch’entra nel pomario/ vi rimena l’ondata della vita:/ qui dove affonda un morto viluppo di memorie,/ orto non era, ma reliquiario.// Il frullo che tu senti non è un volo,/ ma il commuoversi dell’eterno grembo;/ vedi che si trasforma questo lembo/ di terra solitario in un crogiuolo.// Un rovello è di qua dall’erto muro./ Se procedi t’imbatti/ tu forse nel fantasma che ti salva:/ si compongono qui le storie, gli atti/ scancellati pel giuoco del futuro.// Cerca una maglia rotta nella rete/ che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!/ Va, per te l’ho pregato, ‒ ora la sete/ mi sarà lieve, meno acre la ruggine…” ‒ “In limine” – Eugenio Montale

 

Written by Fabio Soricone

 

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