“L’Arminuta” di Donatella Di Pietrantonio: una storia crudele destinata a ferire
«Sul pianerottolo mi ha accolto l’odore di fritto recente e un’attesa… Dopo lo scatto metallico è comparsa una bambina con le trecce allentate, vecchie di qualche giorno. Era mia sorella, ma non l’avevo mai vista.»

Ne “L’Arminuta” Donatella Di Pietrantonio non usa giri di parole per descrivere il ritorno improvviso alla famiglia d’origine di una tredicenne che fino al giorno prima aveva considerato suoi genitori chi l’aveva cresciuta ed educata come se fosse una figlia, a tutti gli effetti. Un rientro imposto senza troppe spiegazioni, anzi, nessuna, in quanto «ancora troppo bambina» per capire.
Quella bambina è, appunto, “l’Arminuta“, che in abruzzese significa “la ritornata“, e così sarà chiamata da tutti, in famiglia, in paese e anche a scuola, dove, per sua salvezza, eccelleva.
Una storia che ti aggredisce per la sua ruvidità, per la rappresentazione spietata di un mondo di adulti segnato da ignoranza, egoismo e insensibilità. Sia che questi adulti appartengano ad una sfera piccolo borghese che popolare.
È una storia crudele, destinata a ferire. La storia di una ragazzina che improvvisamente vede la sua vita interrompersi, cancellarsi, senza che lei possa fare niente.
Come può reagire una ragazza che da un giorno all’altro si trova a vivere la perdita di tutte le sue sicurezze, dall’affetto dei genitori, scoprendo che tali non erano, alle sue amicizie? Di questo ci parla l’autrice.
Oltretutto passando da una relativa condizione di benessere a una situazione di quasi degrado, in una famiglia di sei figli, tra maschi e femmine, che dormono tutti in un’unica stanza, in una situazione di imbarazzante promiscuità.
«Per starci tutt’e due, dobbiamo stenderci all’incontrario, la coccia di una vicino ai piedi dell’altra. Mo ce li laviamo, però» le dice la sorella mai conosciuta prima, con la quale si troverà a dormire nello stesso letto.
Questo contrasto tra il livello sociale della famiglia d’adozione e quella d’origine è ciò che rende ancor più crudele una vicenda già di per sé molto dolorosa.
È un romanzo che trasmette angoscia e indignazione, per una vicenda che solleva anche molti interrogativi sul piano sociale e giuridico.
Mi ha colpito molto la capacità di Donatella Di Pietrantonio di descrivere in modo così realistico la condizione sociale di questa famiglia con sei figli, deprivata, tanto materialmente quanto culturalmente, anche se, nello stesso tempo, portatrice di una greve umanità. La scrittura di Donatella colpisce per la sua essenzialità e al contempo per la sua espressività.

Il romanzo “L’Arminuta” richiama sicuramente alla mente un’altra grande scrittrice: Elsa Morante, della quale, la De Pietrantonio, non a caso, riporta la seguente frase in epigrafe: «Ancora oggi, in certo modo, io sono rimasta ferma a quella fanciullesca estate: intorno a cui la mia anima ha continuato a girare e a battere senza tregua, come un insetto intorno a una lampada accecante» [da Menzogna e sortilegio].
Questa storia, pur particolare per ambientazione e cultura di riferimento, s’impone per il suo senso di lotta per la vita valido universalmente, come si ritrova appunto nei romanzi di Elsa Morante e che non lascia mai al lettore lo spazio di costruirsi troppe illusioni o di cancellare la sofferenza che sta dentro di noi e/o intorno a noi.
Da questo romanzo, che ha ottenuto, infatti, un largo e giusto successo, è stato tratto anche un film.
Written by Algo Ferrari
Bibliografia
Donatella Di Pietrantonio, L’Arminuta, Einaudi, 2017