Selfie & Told: la band Indianizer racconta l’album “Zenith”
“There must be a place where country and town look the same.” – “Mazel Tov II”
Indianizer è una band nata nel 2013 come side project a tempo perso, per viaggiare con la mente prima ancora che con il corpo.
Siamo Riccardo Salvini, Gabriele Maggiorotto, Salvatore Marano, Matteo Givone.
Arriviamo tutti da esperienze musicali passate che ci hanno cresciuti (Foxhound, Maniaxxx, Jumpin’ Quails, Deian e Lorsoglabro), alcune ancora in attività.
Poi a un certo punto si è creata tra di noi una strana alchimia che ci ha convinti a portare avanti l’idea che avevamo in testa: la ricerca ostinata del ritmo giusto.
Non tanto nella musica (certo, è ovvio, anche perché altrimenti non faremmo i musicisti), quanto nella vita di tutti i giorni.
Perché è proprio questa la splendida difficoltà di vivere in una band, ovvero un gruppo di persone prima ancora che di musicisti: riuscire ad andare avanti mantenendo stabile un ritmo comune e condiviso, evitando che la ricerca di armonia diventi una stressante ricerca di autoaffermazione.
Forse per questo motivo ci è venuto il pallino di trovare ritmi e suoni lontani dal nostro continente, perché è più facile lasciarti andare e perdere la tua identità di fronte a qualcosa che non ti appartiene: la cumbia, la salsa, il forrò, l’afro-beat, la soca, le tabla, il sitar.
Dal Sud America all’India passando per l’Africa. Perché comunque vogliamo sempre riuscire a viaggiare, anche solo con la mente.
Ed ora beccatevi questa Selfie & Told!
I.: Credete valga ancora la pena fare musica al giorno d’oggi? Oppure è stato detto tutto e questo accanimento rischia solo di danneggiare artisti sempre più stressati e ascoltatori poco curiosi?
Indianizer: Dipende da una serie di fattori. Innanzitutto la musica dal vivo (speriamo) non morirà mai: ascoltare un disco a casa arricchisce indubbiamente anima e corpo, ma ascoltare la musica dal vivo, organizzare feste, confrontarsi con la collettività, sono elementi necessari per la buona crescita di un individuo all’interno di una comunità. Sicuramente il mondo occidentale (anche quello musicale) è in declino, perché più si va avanti nel tempo e più i mostri sacri diventano ancora più sacri. Di conseguenza sembra tutto superfluo. È altresì vero che ogni storia è diversa, dunque non c’è motivo per non raccontare la propria. Forse eliminare quasi del tutto ansie e contorsioni mentali può essere un primo passo per accettare semplicemente che le cose accadano.
I.: Vinile, cd o mp3?
Indianizer: Vinile, tutta la vita. Dona spessore alla musica, puoi toccarla, interagirci, gustarne i particolari anche grafici. Si crea un rapporto profondo fra l’ascoltatore e quell’oggetto tutto nero. Poi ovviamente i cd e gli mp3 sono molto più comodi in certe situazioni, ma sono proprio i tempi necessari all’ascolto di un vinile (e le modalità) che inducono a riflettere e gustare maggiormente la musica che viene riprodotta dal giradischi.
I.: Che aspettative avete da questo progetto?
Indianizer: Non farti aspettative, mai.
“When it ends, it stars again. It’s nothing you can do on your own.” – “Mazel Tov II”
Written by Indianizer
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