“Tra le tue sgrinfie” di Giuseppe Benassi: il titolo definisce il senso?

Cos’è un titolo? È il senso e il valore che si conferisce a un oggetto, a una proprietà, a un diritto, a un dovere. Si comincia da esso e si dovrà (quando sarà l’ora) finire con esso. Secondo la meccanica quantistica l’esattezza e la certezza non sono affatto consentite, per cui occorre perseguire l’accuratezza della ricerca, che rimane l’unico, determinato, compito dello studioso.

Tra le tue sgrinfie di Giuseppe Benassi
Tra le tue sgrinfie di Giuseppe Benassi

Ho sempre avuto dei dubbi su quale sia il momento migliore per leggere la quarta di copertina di un libro. Prima di iniziare, o alla fine? Esistono, però, problematiche più cogenti.

Nel caso in parola, in un momento x della mia vita, leggo che Giuseppe Benassi, autore di Tra le tue sgrinfie, di professione è avvocato e che “è autore di sette romanzi con protagonista l’avvocato livornese Leopoldo Borrani…” – e, da notizie ricevute da chi mi ha donato il libro, so anche che l’autore vive a Livorno ed è originario della mia Reggio Emilia.

In una recensione a un thriller, è lecito indicare il colpevole, se non è tra i fini dell’autore la sua dissimulazione, ma non mi pare sia corretto descrivere con dovizia di particolari le vicende narrate. È doveroso badare a quello che si può chiamare lo stile psicologico: non il luogo dove il racconto vuole far giungere personaggi e lettori. È però interessare intuire le modalità assunte dall’anima dell’autore nel corso della sua narrazione.

Nella saga di Harry Potter m’è parso di rilevare che il vero deus ex machina sia il colpevole, Voldemort, che per ritardare la sua individuazione e conseguente neutralizzazione, non esita a frazionare la sua anima in tante piccole porzioni, dette horcrux. Insieme a lui, non per caso, cessa la narrazione, che potrà riaccendersi soltanto rianimando quel cadavere, cioé ricominciando a leggere il primo dei suoi libri.

Lo stesso capita all’artista che racconta una storia, sia essa di tipo letterario, figurativo o musicale.

Nella storia narrata da Benassi, Tra le tue sgrinfie, non figurano maggiordomi, ma non sono infrequenti colte citazioni come, per esempio: “Ecco colei che tutto il mondo appuzza…” – e altre che per sapere quali siano occorre leggere l’intero suo romanzo. Non costa tanto, nemmeno in termini di tempo, e il guadagno, alla fine, rende la spesa.

A pagina 141, un certoMazza” vive “Una delle giornate più strane di tutta la sua vita, ma anche una delle poche, negli ultimi tetri anni, in cui aveva rivisto una luce, per quanto sinistra.” – e qui occorre dire che quel Mazza è una persona di valore, un personaggio ideale da descrivere, un amico che tutti i lettori vorrebbero avere, sia quelli buoni che quelli cattivi, anche perché la bontà è proficua per l’umano, sia a quello che si destina al bene che al delinquente.

Mazza ha perso quasi tutto, essendo stato quasi sconfitto dal Male. È a quel quasi che Mazza ora si appende, come a un forse salvifico filo.

Almeno in questo romanzo Tra le tue sgrinfie, l’avvocato Borrani non è affatto un protagonista, bensì un enzima che catalizza la storia: che fa reagire fra loro i suoi attori. Senza il suo quasi miracoloso intervento, la storia sarebbe finita nel dimenticatoio. Forse quel Mazza si sarebbe dato una mazzata in testa con le sue stesse mani. L’avrebbe fatta finita ed è solo allora che ha senso dire che pressoché tutto finisce.

Mia madre, non meno arşána (reggiana) di me e di Benassi, diceva che ‘d sicûr a gh ē la môrt, ma a la môrt ‘s rîva vîv, essendo l’unica ed estrema certezza su cui possiamo contare da vivi. È meglio riporre la sua idea in un cassetto e pensare a come arrivare a sera e al giorno che si spera s’affaccerà l’indomani. Carpe diem, cantava Orazio.

Vorrei tanto sapere perché l’avvocato Borrani, che è amico di vecchia data di Mazza, gli proponga di conoscere questo duplice individuo, il cui nom de plume è “zia Carmela” – forse proprio perché è duplice. O la va a o la spacca.

Senza zia Carmela l’esistenza di Mazza si spaccherebbe e basta. Con questo strambo personaggio può andare avanti ancora un po’. Zia Carmela è una specie di meccanico dell’anima. Il suo fine e il compenso che si augura è tutto da definire, senza fattura, magari con un rigiro, chissà!

A meno che non si faccia ancora una volta riferimento al titolo Tra le tue sgrinfie!

Perché possa andare liscio come l’olio, occorre che quell’unguento sia consacrato da riti, da procedure esatte e fissate da limiti e tempi prestabiliti. Un minimo errore potrebbe condurre alla rovina.

“La figura di zia Carmela assumeva ogni giorno aspetti sempre più inquietanti.”per gli attori, forse anche per l’autore, immagino, e certamente per il lettore, che come Mazza non sa dove condurrà il gioco diretto da quell’enigmatico essere.

Uno degli equivoci in cui può incorrere chi legge è che chi ha scritto abbia in mente tutta la storia fin dall’inizio. Ogni scrittura, però, si ri-sconta ri-scrivendo, anche sostituendo un aggettivo o inserendo un avverbio, oppure togliendo l’uno o l’altro. Che alla fine potrebbe cambiare ogni cosa. Non è girando intorno a un solo, privilegiato, stato, ma gravitando su ciascuno di essi, che il Kósmos continua a espandersi.

Il povero Mazza è in piena crisi (dopo la quale normalmente o si guarisce o si volta i piedi all’uscio): “E il sogno che aveva fatto quella notte non era più tremendo di quello che faceva, tutte le notti, da mesi in qua: che perdeva tutti i denti…” – e che gli capitava una serie di incidenti che l’avrebbero quasi annullato. Ed è sempre quel miracoloso quasi che lo tiene in vita e al contempo l’angustia.

“‘Quest’uomo è davvero diabolico’ pensò Mazza…” – non solo tu, caro, la pensi così.

“… e cominciò ad addestrarsi all’idea di cominciare una vita nuova, una vita nuova che il destino, quel dio imperscrutabile e cogente che insedia le vite umane in un ordine superiore…” – chiamalo, se vuoi, futuro – “… gli aveva messo davanti.” – proprio al suo naso.

Caro Mazza: ora zia Carmela (il giudice del tuo destino, che è insieme avvocato difensore e pubblico ministero a seconda del tuo comportamento) e il suo figlioccio, che di nome fa Safik, vengono ad abitare a casa tua.

“Mazza uscì dalla camera di suo figlio, e andò nella sua. Chiuse a chiave la porta. E scoppiò a piangere, come non aveva mai fatto in tutta la sua vita.”il pianto è liberatorio, specie se è l’ultimo atto della tua vita.

“Il destino, qualcosa di oscuro e di più forte di noi, ci conduce sempre dove vuole lui.” – e qui, come mia costumanza, io m’oppongo, Vostro Onore!

Noi ci poniamo di fronte alla sorte come Woody Allen diceva di sé nei confronti della moglie: Io comando e lei decide.

È sempre però concesso un margine pur minimo non di indipendenza (non scherziamo!), ma di collaborazione con essa: anche un annuire sconsolato può contribuire all’esito di una storia.

“Guardò Safik, la sua bella faccia di ragazzo mite e intelligente, i suoi denti bianchissimi, che, in un sorriso, tentavano di rincuorarlo.” – è fatta (l’adozione del mite e dolce Safik, nonché un’annessa donazione).

Alcuni gesti del giovane conquistano l’anima di Mazza e quella del lettore: il rogito seguirà a breve.

Zia Carmela” dice qualcosa “freddamente” – essendo troppo interessato a fare quello che deve fare – similmente si comporta un ministro di culto allorché sta svolgendo il suo Ufficio.

“… solo giungendo al fondo di un baratro si può sperare di risalire. E, di quel destino, ancora una volta era artefice la zia Carmela”scinni cu ‘mme, cantava Enzo Gragnaniello. Solo quando sei in fondo non hai che una scelta: tentare di risalire (se non vuoi scomparire).

Giuseppe Benassi citazione
Giuseppe Benassi citazione

Un libro vale se t’insegna almeno un vocabolo: stavolta tocca a “sguerguenze” – che non mi pare si dica abitualmente a Reggio. Del resto sono pochi i toscani che bazzicano nella mia città. È più facile che siamo noi a bazzicare nelle loro.

Mazza “Pensò anche che, l’indomani, avrebbe preso quelle lettere, tutte le foto di…” – e qui rimane un mistero: per me che ho letto l’intero romanzo, e ci ha pensato un po’ su, immaginiamoci per chi ancora non l’ha fatto e non può ancora offrire il suo parere.

Perché tutto questo? E anche: anch’io mi sarei comportato così?

Cambio la domanda: avrei accettato (fino a subirlo) l’aiuto di questo taumaturgo e del suo pur tenero discepolo? O avrei preferito emigrare in Tripolitania?

“Mazza scoppiò a ridere, proprio non riusciva a tenersi…” – al punto che “cominciò a darsi dei pizzicotti per farsi male e per far passare la ridarola.”: il quale ultimo termine mi pare più da arşân tésta quêdra che da livornese.

Dopo l’incontro con l’unico dubbio consanguineo,Mazza non ci vide più dalla rabbia, e prese a urlare, con quanto più voce gli riusciva.” – cose troppo brutte (essendo veritiere) perché desideri riportarle. Ora quel consanguineo è diventato non un estraneo, ma un antagonista. Mi chiedo se mai Mazza abbia tenuto in braccio quel suo presunto parente, se gli abbia mai cambiato un pannolino. In un non immediato futuro, sarà Safik a cambiare i suoi.

Uno dei capitoli finale è Rufolando – e qui è senz’altro uscito di nuovo il neo-livornese. Nuêter arşân non ci avremmo messo una g davanti, ma avremmo usato il più generico grugnîr.

E noi non diciamo sgrinfie, semmai şânfi.

Dice il saggio (“zia Carmela”):Alchimia significa semplicemente trasmutazione” – e la sua lezione finisce con le parole: “… a cominciare da se stesso.”

E ora quel diversamente docente dà la sua definizione di “metafisica” – su cui concordo: se c’è Questo è perché c’è anche Altro. Je est un Autre cantava Arthur Rimbaud.

“Dipingere è una terapia.” – ora è il turno del provvidenziale aggiustaossa.

La tecnica pittorica di zia Carmela, come quella di un Lucio Fontana, è duplice. Alcuni suoi quadri erano “secchi, duri, violenti e geometrici” – mentre altri “erano morbidi, soffusi, accoglienti, affusolati, avvolgenti. Sembravano suonare due musiche diversissime, opposte…” – che parevano inseguirsi l’un l’altra, come in una Toccata e Fuga di Bach: ma questo lo dico io che non ho mai potuto ammirare alcuna opera della zia. Lo sento, però, come un fatto probabile.

Bella quest’aggiunta sulle due direzioni consentite:Una che andava verso la vita, l’altra verso la morte.

Enten-Eller, Aut-Aut. Lo stesso dilemma si presenta puntualmente nella creazione di un romanzo e, similmente, nella sua interpretazione.

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Giuseppe Benassi, Tra le tue sgrinfie, Manni, 2020

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *