Dall’isola delle Bambole in Messico alla Reborn: quando la bambola fa parlare di sé

Quando ho sentito questa storia ho pensato immediatamente a “Profondo rosso”, il thriller del 1975 di Dario Argento. Il killer manifesta la sua presenza attorniandosi di bambole, di diverse dimensioni, che sono servite al regista per creare il giusto pathos.

Isola delle Bambole in Messico

La bambola, infatti, oggetto che dovrebbe evocare solo ricordi positivi, legati all’infanzia, diviene subito elemento “stonato” se posta in qualunque altro contesto.

Forse perché legata a riti e sortilegi dagli effetti nefasti – le cosiddette bambole woodoo o wudù –, oppure perché simbolo d’innocenza, fatto sta che una bambola non propriamente nelle mani di un bambino, appare sempre come un elemento che porta a turbamenti.

A tal proposito esiste un’isola, l’Isla de las Munecas anche detta Isola delle bambole, situata sul lago Teshuil fra Xochimilco e Città del Messico, considerata uno dei luoghi più macabri al mondo, se non proprio pericoloso.

Si tratta di un luogo che richiama ogni anno migliaia di turisti, poiché nei suoi anfratti sono posizionate delle bambole, appese e sospese nel vuoto, proprio come nelle più rinomate trasposizioni cinematografiche di genere horror.

Isola delle Bambole in Messico

Intere; rotte; teste; prive di arti, sono bambole vecchie e nuove che contribuiscono a rendere “noir” il clima dell’isola. Tutto ha inizio nel 1950, quando in loco si trasferisce Don Julian Santana, un uomo desideroso di mettere a frutto quel terreno così fecondo. Le leggende sulle motivazioni dell’uomo si sprecano, e ve ne sono di discordanti.

Pare che egli si fosse stabilito sull’isola in seguito ad una delusione amorosa, e che abbia visto un giorno annegare una bambina. Altre teorie reputano che l’abbia uccisa lui stesso; così come che le bambine fossero tre, e ne morì solo una. È una cosa che non appureremo mai con esattezza, ma basti pensare che da allora l’uomo ha iniziato ad appendere in giro delle bambole, per tributare la piccola morta.

Si dice anche che nel luogo esatto dove la bimba riaffiorò, Don Julian Santana abbia ritrovato una bambola e che da allora si sia recato nei fossati e nelle discariche, per reperirne altre. Anche rovistare fra i rifiuti ha portato buoni frutti, tanto che gli abitanti delle zone limitrofe, venuti a conoscenza di questa triste realtà, abbiano iniziato a portargli delle bambole.

La “collezione” si è così ingrandita, ma nessuno osava andare in pellegrinaggio in quelle zone, avendone un rigoroso timore.

Isola delle Bambole in Messico

Nel 2001 l’uomo è però morto, per cause naturali, ironia della sorte cadendo proprio nelle medesime acque da cui ha avuto inizio la sua ossessione. Da allora, i turisti si sono sentiti liberi di visitare la zona.

Sono state girate, inoltre, diverse trasmissioni televisive sull’isola. Pare che una bambola avesse mosso gli occhi e quindi, implicitamente, che fosse “posseduta” e godesse di vita propria. Qui ovviamente sta ad ognuno di noi discernere la realtà dalla fantasia.

Poiché di questa storia non vi è nulla di certo – a parte la presenza di bambolotti dall’aspetto sinistro sull’isola –, mi sono permessa di romanzarla.

Non posso fare a meno di fare un parallelismo con le cosiddette “Reborn”, – letteralmente bambola rinata –, le bambole identiche ad un bimbo vero, sia nei tratti somatici che nel peso specifico. Credibili soprattutto nel modo in cui si appoggiano al corpo di chi le prende in braccio, poiché si afflosciano, come farebbe un neonato.

A parte il fatto che questo tipo di bambola sia da collezione, essa viene utilizzata spesso nel mondo del cinema – non sempre quando in una scena vi è una nascita si tratta di un bimbo vero. Le Reborn sono oggetto di un vero e proprio business. Chi realizza queste bambole, molto costose, si fa pubblicità su Internet.

Bambole Reborn

Si tratta di una sorta di “gioco di ruolo”, dove vi è un attore che presenta la bambola come fosse un vero neonato, e ne cura l’outfit, perché un soggetto di questo tipo ha anche tutto il suo corredino, compresi i pannolini.

Talvolta si esce dal gioco, e la bambola viene utilizzata a scopo terapeutico – anziani soli o persone disagiate “imparano” a prendersene cura – o addirittura coppie che non possono avere figli o che ne hanno perso uno, si dedicano ad esse.

Quest’ultima è forse la parte più sconcertante, ma è pur sempre una realtà esistente. Non è detto, in conclusione, che nelle carrozzine in circolazione ogni giorno ci siano bimbi veri. Così come non sempre la dedizione ad una bambola può rappresentare un passatempo sano.

L’avevo detto prima: ad ognuno la sua verità, e che nessuno si permetta di giudicare. Alla disperazione umana non c’è fine.

 

Written by Cristina Biolcati

 

 

2 pensieri su “Dall’isola delle Bambole in Messico alla Reborn: quando la bambola fa parlare di sé

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