“Storie di un bambino bizzarro” di Riccardo Mazzocchio: narrare prima e riflettere dopo?

Torna alla scrittura Riccardo Mazzocchio, mio carissimo amico, nonché bravissimo neurologo, di origini trapanesi e ora residente nella bellissima Siena. Mazzocchio ha scritto libri in cui mostra una grande sensibilità per i temi legati ai diritti delle donne.

Storie di un bambino bizzarro di Riccardo Mazzocchio
Storie di un bambino bizzarro di Riccardo Mazzocchio

Inizialmente ha pubblicato Il tempo delle donne (StreetLib 2018); successivamente con Nulla Die ha dato alle stampe Purché sia femmina (2023) in cui vengono trattati temi legati alla manipolazione del cervello che si intrecciano con quelli della leadership al femminile.

Per questo secondo libro ho avuto il piacere di avere ospite Riccardo a Colli del Tronto, nel ridente paese della Vallata del Tronto dove abito e dove partecipo attivamente alla presentazione di libri con gli amici della Proloco.

Stavolta Mazzocchio torna alla pubblicazione, sempre con Nulla Die, con il libro Storie di un bambino bizzarro: si tratta di una raccolta di racconti autobiografici che scavano nella memoria di Riccardo bambino, in un andirivieni tra passato e presente, tra la terra di origine, la Sicilia, mitica ed eterna, e la città di approdo, la bella e suggestiva Siena, così protetta dalle sue colline, nella ridente Toscana.

L’elemento del bizzarro, che ritorna nel titolo, è secondo me implicito nella prefazione stessa dove l’autore scrive: “Probabilmente se non avessi partecipato a un corso di scrittura autobiografica, non avrei mai messo insieme questi racconti. Ho sempre prediletto la terza persona in un romanzo, quella voce narrante che con imparzialità ed equilibrio dipana la storia sollecitando la nostra immaginazione mentre si addentra nello studio dei personaggi e delle loro azioni”. Il resto della prefazione è dedicato ai ringraziamenti a Sara Durantini, che è stata l’insegnante di scrittura autobiografica che ha trasmesso al Nostro l’interesse per la prima persona, spingendolo all’uscita da una zona di comfort; inoltre Mazzocchio comunica al lettore la propria metodologia di narrazione, il cui ordine è solo apparentemente lineare, e sostanzialmente proustiano, ovvero fatto di “tracce mnestiche e associazioni libere della mente evocate da luoghi odori, sapori”.

Andiamole dunque a spigolare queste narrazioni che sono in tutto nove, organizzate in tre parti.

Si inizia con Cai Cai, il racconto d’esordio in tutti i sensi: si tratta infatti del primo testo elaborato dal neurologo a fine corso con la Durantini, per stessa ammissione nella prefazione; successivamente la voglia di raccontarsi ha portato Riccardo a scriverne altri otto, quelli contenuti nel corrente libello: “Invece, grazie a Sara Durantini che si è assunta l’onere di seguirmi anche nella stesura finale di questo testo, è accaduto che dopo il breve scritto presentato a fine corso (Cai Cai), mi sia venuta voglia di continuare a raccontarmi [… ] come se l’uso obbligato della prima  persona avesse aperto la strada al recupero di altre immagini sepolte nel profondo che non pensavo di possedere”. Le altre immagini sono le altre otto storie, per l’appunto.

La prima affiora subito in Cai Cai e nel suo incipit: “Sembra che io sia stato un bambino pestifero”.

Un’altra rappresentazione è quella di San Pietro, brano successivo al precedente: “San Pietro, attorno alla sua chiesa, è il nucleo originario e più antico della mia città […] San Pietro significa la mia venuta al mondo, ma anche il primo scontro con esso. Non ho ancora compiuto cinque anni che mi trovo tra i banchi della scuola elementare che porta il nome del quartiere”. Lascio al lettore la curiosità di capire come sia stata l’avventura scolastica di Riccardo Calogero Vito Mazzocchio. Qui mi limito ad annotare la riflessione fornita a posteriori dal Nostro di questa esperienza: “Oppure l’esperienza di San Pietro non mi aveva segnato affatto. È possibile che la mia sia un’indole ribelle per natura…”

Questa del resto è una cifra narrativa tipica del modus operandi di Mazzocchio: quella consistente cioè nel narrare prima e nel riflettere dopo, nella seconda parte del racconto in corso.

La dimensione del tempo di Riccardo, come qualcosa in cui i momenti si giustappongono piuttosto che allinearsi, quasi ad assumere la dimensione di pennellate impressionistiche è data dal racconto dal titolo San Giovanni (successivo a San Pietro): altro quartiere, altra scuola, dove il nostro piccolo eroe trova amicizie significative, profonde, che lo ho hanno segnato; tra queste spiccano quelle con l’altro sesso a cui Mazzocchio dedica molta attenzione distinguendo tra l’amichetta di giochi e la ragazzina del cuore.

In che modo? Facendo emergere nel ricordo e nella riflessione le diverse sensazioni procurategli dall’una e dall’altra frequentazione. A me è piaciuta tanto questa parte perché costituisce, a mio avviso, una sorta di breviario non dogmatico, bensì esperienziale, dei diversi tipi di rapporti e relazioni interpersonali, ognuno dei quali è diverso dall’altro, autonomo e valido in modo intrinseco.

Spesso chi, per motivi ambientali, educativi ed evolutivi non ha ricevuto un’adeguata educazione sentimentale, non è in grado di distinguere i vari tipi di scambi interpersonali;  invece Riccardo mostra di sapere il fatto suo, nonostante sia consapevole che non si debba sempre etichettare tutto: “C’è un lato del mio carattere che deve essersi formato e consolidato in quel periodo per cui tendo a trovarmi a mio agio con persone di sesso femminile e credo mi abbia predisposto a cercare la loro compagnia. Forse alla base di questa di questa mia disposizione ci sono la grande amicizia e la forte complicità venutasi a creare tra me e mia sorella sin da piccoli. Ci inventavamo di tutto”.

Poco importa allora che ad un certo punto la sorella, divenuta donna, “fu presa da tutt’altro”. Così risponde il Nostro: Ma io avevo nuove amiche con cui giocare […] Ilaria e Stefania abitavano nel medesimo palazzo in cui vivevo. Non so spiegarmi come sia stato possibile che ci trovassimo a trascorrere interi pomeriggi insieme […] Con Ilaria durò poco; insieme eravamo più che vivaci direi pericolosi. Con Stefania, invece, mi frequentai più a lungo e in modo continuativo tanto da risentirne subito se per qualche motivo non la vedevo per un paio di giorni […] Era la mia fata, la mia maga incantatrice, il mio riferimento […] Stefania ha lasciato una traccia profonda in me […]. La mia fidanzata era Luciana. Capelli chiari lunghi e folti a ricoprire del tutto la fronte e le orecchie e a contornare le morbide guance […] Riconosco di aver avuto un debole per lei e di aver sentito per lei in modo diverso che per Stefania. Non so se uno sia stato amore e l’altro affetto, come si fa a rendersene conto e perché categorizzare? Forse che i due sentimenti non possano sussistere e persino alternarsi o uno rimpiazzare l’altro? Dunque, languivo e mi struggevo, e le ore passate con Luciana non erano mai abbastanza”.

Ciò che abita questi racconti sono anche i luoghi… non solo quelli del mare, ma anche quelli montani e collinari. In prima istanza, nel primo racconto, Cai Cai c’è un paesino abbarbicato nell’entroterra montuoso e tortuoso siciliano.

Nel primo racconto della seconda parte (il quarto dell’intera raccolta dal titolo La casa in collina) invece il luogo è dato dalla casa in collina acquistata dai genitori del protagonista e destinata alle vacanze: un mondo a parte, eppure ricercato per le ferie anche da altre famiglie, dove Riccardo ritrova alcuni  amici; un locus amoenus e agreste dove lui può essere libero di interagire con la natura: “La storia della casa di Piano Neve è un pezzo della mia vita, come se fossimo cresciuti insieme facendo  fronte ai cambiamenti, una casa così diversa da quelle cittadine, così ricca nella sua essenzialità […] La notte era popolata da rumori inconsueti mai uditi da gente di città […] a turbare il silenzio […] Che poi non  c’era un vero silenzio, nemmeno a notte fonda, per via del frinire dei grilli [….] La visione della Via Lattea e delle costellazioni sopra di noi nel buio assoluto della notte senza luna coronava queste giornate intense e così cariche di significato…momenti ideali di vita familiare in cui i cuori e le menti risuonano insieme di comune accordo”.

Riccardo Mazzocchio citazioni Storie di un bambino bizzarro
Riccardo Mazzocchio citazioni Storie di un bambino bizzarro

Dopo questo tempo mitico arriva, inesorabile, quello delle scelte: e così nell’ultimo racconto della terza parte e ultimo in toto, dal titolo Alla ricerca delle origini, l’io narrante racconta di aver scelto, dopo il liceo, come città degli studi Siena: “La vita di provincia, la stessa ovunque in Italia, mi stava stretta. Ma a Siena avevo il vantaggio di essere uno sconosciuto e di vivere tra persone poco inclini a fare conoscenza e, figuriamoci, ad ammettere un un estraneo alle prime armi nei loro circoli data la caratteristica impermeabilità della città e del Palio che la rappresenta a influenze esterne di qualsiasi tipo e natura. Situazione ideale per vivere nell’anonimato e provare a fare tutto da solo: senza agganci, con amicizie e amori da ricostruire ma con libri a tenere il morale alto e la crescente consapevolezza di aver preso la strada giusta. Quella di sentirsi libero, di potersi esprimere senza vincoli e di svestirsi dei panni sociali senza subire il peso di essere osservato e influenzato dal giudizio degli altri.  Nessun annichilimento, nessuna scomunica, nessuna ferita…solo libero pensiero come questa narrazione che qui concludo sperando di non avervi annoiato. Un saluto, Cari Lettori”.

Nell’autofiction così come nella vita reale, ancora oggi Riccardo ha appreso la libertà di onorare, ricercare, recuperare la sua Sicilia per ritrovare se stesso.

Il libello, caratterizzato da uno stile lirico ed evocativo, costituisce anche uno scrigno di emozioni, tesori, odori, segreti che lasciano nel lettore un autentico senso di benessere, di empatia con l’io narrante e con un grande desiderio di andare o tornare nella Trinacria.

Grazie dottore e ad maiora semper!

 

Written by Filomena Gagliardi

 

Bibliografia

Riccardo Mazzocchio, Storie di un bambino bizzarro, Nulla Die, Enna 2025, 116 pagine, 15 euro

 

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