Prima Edizione del Gioco Letterario “Oubliette Game”, un racconto nei commenti

La Prima Edizione del Gioco LetterarioOubliette Game nasce come idea di socializzazione con  scopo artistico letterario. Il Gioco Letterario è sponsorizzato da OublietteMagazine.

 

Regolamento

1. Il Gioco Letterario “Oubliette Game” ha come scopo principale la composizione di un racconto interattivo che vede un incipit fornito da noi ed i successivi commenti degli utenti che andranno a formare il racconto.

 

2. Possono partecipare tutti gli utenti lasciando un commento sotto questo stesso bando di partecipazione, inserendo nome, cognome ed email.

La partecipazione è gratuita.

 

3. Incipit

Sigillò porte e finestre ed inserì la testa nel forno a gas, non prima di aver scritto l’ultima poesia intitolata Orlo ed aver preparato pane e burro e due tazze di latte da lasciare sul comodino nella camera dei bambini.”

Si dovrà continuare il racconto, la storia di questa persona e dei possibili personaggi che saranno man mano aggiunti, da voi.

 

4. Si commenterà uno per volta continuando la storia attraverso i commenti precedenti al vostro.

Il commento inserito deve aver un massimo di 5 righe e deve essere in qualche modo pertinente e consecutivo del commento precedente e di tutta la storia precedente al vostro commento.

 

5. Si può partecipare con due tipologie di commenti: in prosa ed in versi. Dunque non c’è alcun obbligo di stile letterario.

 

6. Voi partecipanti potrete commentare, e dunque continuare il gioco letterario, più volte.

 

7. Unica regola da seguire:

Per gli utenti che commentano più volte ci sarà da osservare la “regola dei 3 commenti” che consiste nel commentare una seconda/terza/quarta volta solamente dopo tre commenti di altri utenti diversi da voi.

Si richiede dai partecipanti del gioco l’osservanza della regola per non creare protagonismi esagerati e, per poter continuare il gioco. Chiunque notasse l’evasione di questa regola potrà segnalarlo alla redazione per l’eliminazione del commento.

 

8. OublietteMagazine potrà intervenire durante il gioco, anche come moderatore qualora fosse opportuno in casi di numerosi commenti in contemporanea. Inoltre, potrà intervenire sul piano del tempo.

 

9. Se, dopo l’invio del commento, non vedete subito la pubblicazione, non disperate. I commenti saranno convalidati prima della pubblicazione con una tempistica che va dal momento di invio sino a 10 ore di attesa.

 

10. Il Gioco Letterario “Oubliette Game” non è a scopo di lucro. È un espediente per trascorrere insieme le vacanze di Natale, divertendoci con l’inventiva e la creatività letteraria.

 

11. Il Gioco Letterario avrà termine il 7 gennaio 2013 a mezzanotte.

 

12. Per qualsiasi informazione scrivere su

Facebook Oubliette Magazine

Facebook Gruppo

oppure su email:

oubliettemagazine@hotmail.it

 

Buone Feste da OublietteMagazine e che il gioco abbia inizio!

Sigillò porte e finestre ed inserì la testa nel forno a gas, non prima di aver scritto l’ultima poesia intitolata Orlo ed aver preparato pane e burro e due tazze di latte da lasciare sul comodino nella camera dei bambini.

…”

87 pensieri su “Prima Edizione del Gioco Letterario “Oubliette Game”, un racconto nei commenti

  1. Le faceva paura il domani. In un silenzio fitto come nebbia, un silenzio pieno di rumore,
    inesorabilmente avanzava un senso di svuotamento, il sentirsi inaridita, inutile, sola.
    Una donna sola con sé stessa.
    Una solitudine feroce che divora a brani.

  2. Ora non gli restava che accendere quel fiammifero che teneva tra le dita tremanti. Un unico gesto e ogni pensiero sarebbe svanito dalla testa, niente più preoccupazioni, niente più scervellamenti per trovare una soluzione a quella situazione che sembrava ormai senza via di uscita.

  3. Allungò la mano per girare la manopola del gas, ma proprio in quel momento, squillò il campanello. – Chi sarà, adesso? Non aspettavo nessuno. Avevo trovato finalmente il coraggio per farlo ed ecco che questo squillo mi ha bloccato. – Si alzò e rimise le ciabatte che aveva levato. Si diresse poi alla porta.

  4. Non fece in tempo ad aprire il gas che qualcuno suonò insistentemente il campanello di casa ,tanto da svegliare i bambini.Scesero di corsa ad aprire,era il loro papà .-<>disse.

  5. Il trillo del campanello della porta,rimbombò nell’appartamento.Andò ad aprire….erano gli operatori della linea del gas ,che avvisavano che dovevano urgentemente,chiudere l’erogazione del gas,per lavori urgenti.

  6. Ma lei, ormai, aveva deciso. Niente e nessuno avrebbe potuto impedirle di mettere in atto il suo folle gesto. Mentre i bambini scendevano le scale per andare incontro al padre, aprì la porta finestra del balcone affacciato sul cortile interno. Un volo di venti metri, forse, avrebbe messo fine alle sue pene.

  7. Il padre era sudato, rientrava come sempre a fatica dentro casa, non tanto per l’ennesima giornata stancante di lavoro, ma perché il palazzo era alto 8 piani e l’ascensore era ormai fisso da mesi tra il quarto e quinto piano. “Ripararlo costa troppo..!!”, la frase del portiere rintronava nelle orecchie sue e della moglie e di continuo…

  8. Ma lei era diventata una nullità ai suoi occhi. Passavano le giornate ad insultarsi di nascosto dai loro figli ma le cose ormai erano precipitate tra i due e la soluzione poteva essere solamente una.

  9. – Una donna, dei bambini che scendono sulle scale, il marito e gli operatori dell’impianto del gas …si guardarono senza comprendere.
    Qualcosa era accaduto.
    Non erano più le stesse persone.

  10. Loro, Orlo, l’oro.
    Loro erano ormai corpi estranei, esseri inanimati, come lei era ormai corpo estraneo a questo mondo.
    “Orlo” – c’era scritto sulle bretelle degli operatori del gas.
    L’oro! – in quel preciso istante le venne in mente l’oro.

  11. Erano da sempre benestanti e avevano accumulato nel corso degli anni denaro e oro, in lingotti. Il marito voleva più bene all’oro che a loro… Forse se si fosse liberata di quel maledetto oro gli avrebbe dato la lezione che meritava, spingendolo ad amare nuovamente loro, lei e i bambini…

  12. Caos sulle scale, gente che sale a piedi nonostante il fiatone si faccia sentire, vicini curiosi che si avvicinano morbosamente per sentire che cosa sia mai successo…eh già, la solita vecchia storia da quando mondo è mondo…le disgrazie altrui,lo svago più ambito, la prova più tangibile della cattiveria umana…

  13. Forse fu pensare che qualche odoroso vicino potesse introdursi nel suo appartamento rigorosamente sterilizzato, a svegliarla di colpo. Oppure fu il lunghissimo sbadiglio che le svuotò i polmoni. Sta di fatto che si svegliò e dovette fare i conti con la sua realtà, migliore del sogno solo nelle apparenze.

  14. Due lacrime le rotolarono giù dagli occhi. “Non ne posso più” disse. Cercò di rigirarsi nel letto, di riprendere sonno. Voltandosi dalla parte del comodino vide le sue pastiglie. Afferrò la boccetta, se ne vuotò alcune in una mano e le buttò giù con un lungo sorso d’acqua. “Dormire”, pensò, “dormire e non sognare”.

  15. Ma le pastiglie appena ingurgitate non erano quelle che lei era abituata a prendere. La boccetta era la stessa ma il contenuto no. Il marito aveva sostituito la pastiglie con altre che aveva acquistato nella piccola bottega di un anziano farmacista. E l’effetto sarebbe stato ben diverso.

  16. Una realtà nuova ma soprattutto giocosa che era li nascosta da tanti anni e ora pronta a riuscire, più forte e comica che mai, visto che davanti ai suoi occhi assonnati c’era un un uomo alto e con un naso buffo, con dei vestiti che ricordavano tanto i folletti della foresta. Chi poteva essere e soprattutto perchè era li, si chiese l’uomo. “Tu chi sei”disse. “Ciao Amici siete pronti?”

  17. Gli occhi li aveva già stropicciati, provò a svegliarsi meglio distribuendo nel viso il prezioso liquido che i suoi occhi avevano espulso. Governata da un’interiorità che non ne poteva più di essere nascosta, la vista, come se le pastiglie appena prese fossero una specie di collirio magico, cominciò ad accettare i nuovi scenari che la nuova realtà le proponevano, solo non riusciva a capire perché Babbo Natale fosse così in anticipo.

  18. Nemmeno da bambina aveva avuto il privilegio di vedere Babbo Natale in carne ed ossa ed ora, a quarant’anni suonati, se lo ritrova ai piedi del letto. Forse è solo un’allucinazione dovuta all’overdose di psicofarmaci, pensa. Ma il signore dalla barba bianca le sorride e depone sulle coperte un misterioso pacco.

  19. La donna continuava a guardare il pacco, in un silenzio tombale.
    Suo marito non era sul letto.
    Erano le dieci del mattino del 21 dicembre 2012 e Babbo Natale si era presentato a lei.
    La fine del mondo?

    1. la fine del mondo, solo un’utopia inventata per accrescere il business della paura, ordito dalle menti distorte di chi fa del terrore la merce da svendere al miglior prezzo senza considerare le molteplici conseguenze che cio’ puo’ portare, alla distruzione di una psicosi collettiva che puo’ portare sull’orlo della follia

  20. Forse la fine del mondo o forse solo la fine delle sue sofferenze … chissà … Sylvia non riusciva a capire se stesse vivendo un sogno o se fosse la realtà. Ma all’improvviso capì che forse valeva la pena di riprovare a prendere la vita nelle proprie mani. “In fondo è Natale” si disse, “vado a preparare l’albero per i bambini … e il forno è già acceso: preparerò loro dei dolcetti”. Un senso di pace la pervase.

    1. [messaggio della redazione: Anna Arpinelli ha indovinato il nome della protagonista. L’incipit era tratto da una storia vera.
      Nessun messaggio in risposta di questo sarà pubblicato. Il gioco letterario deve continuare.]

  21. Non poteva permettere che la vita gli passasse davanti senza far niente per riprendersela, decise di affrontare un problema alla volta, adesso aveva dei biscotti da preparare, stava voleva approfittare di quel momento per cercare di rimettere a fuoco tutta la sua esistenza, dandogli un senso.

    1. La fine del mondo che aveva intravisto nel suo burrascoso sogno era ormai svanita, le pillole avevano fatto effetto, Babbo Natale vestito in borghese probabilmente era arrivato per ritirare la letterina dei desideri della sua figlia minore, che ancora dormiva e che al suo risveglio avrebbe trovato dei soffici e color cioccolato biscotti.
      Non poteva ancora credere di essere la stessa Sylvia, quella che lavava a varechina anche la caffettiera, era proprio rinata in una seconda vita, questa volta da non sprecare.

  22. Sylvia aveva impiegato del tempo per rendersi conto che il suo era stato solo un incubo. Si stropicciò gli occhi, si avvicinò alla finestra e scostò la tenda. Stavano cadendo i primi fiocchi di neve. Chiamò i bambini e restarono tutti e tre immobili per un po’ ad osservare quella magia, non nuova, ma sempre sorprendente.

  23. Fino a quando però non si accorse che c’erano delle strane impronte di color rossiccio sulla neve. Forse si trattava di sangue? Spaventata subito chiuse la tenda e con la scusa che faceva freddo disse ai bambini di tornare a letto.

  24. Quella visione le aveva procurato una certa apprensione. “Mio Dio” – disse – “che mi succede? Tutto questo vuoto che ho dentro, tutta questa sofferenza, la solitudine … che ho fatto?” Cercò un po’ di calore infilandosi sotto la trapunta del letto dei suoi figli. Di nuovo, provò un senso di pace e un profumo di coccole e infanzia si levò nell’aria.

  25. Il senso di pace durò pochi attimi.
    Aprì gli occhi e davanti a se non c’erano i suoi bimbi.
    Era sola nel letto. Guardò nella stanza. Pensò subito di aver nuovamente sognato.
    Era impossibile d’altronde che Babbo Natale di presentasse a lei.

    1. quella solitudine le stava ormai stretta, voleva fuggire via da quella realta’, voleva finalmente riuscire a capire cosa era veramente successo, si guardo intorno ma nulla riusciva a svegliare in lei un qualsiasi ricordo plausibile… Varcare quella soglia del nulla , forse sarebbe stato facile, fino a ieri ma oggi e’ tutto diverso , si sentiva come se non avesse passato

  26. Aveva passato così tanto tempo a subire che aveva cercato di rimuovere il passato che le portava solamente spiacevoli ricordi. Così ci faceva ancora in quella casa e cosa ci faceva ancora in quel letto? Doveva prendere una decisione, una volta per tutte.

  27. Il coraggio d’oltrepassare il fossato, come un funambolo senza paura.il voler mettersi in gioco, per non morire da codardo.
    la vita è questo passaggio tra la realtà è l’ignoto. oltre la siepe…oltre le colonne …forse c’è un altra vita.

  28. Sylvia strappò il foglio e lo gettò nel cestino già stracolmo. Stavolta l’editore aveva affidato un compito davvero arduo ad una come lei, abituata a scrivere romanzi d’amore…un thriller…ma cosa si era messo in testa…sotto Natale poi… Non ce l’avrebbe mai fatta. Afferrò il telefono per comunicargli il suo rifiuto.

  29. “Non scriverò un thriller, caro direttore!” disse alzando il tono della voce nella cornetta del telefono. “Proseguirò a scrivere le mie poesie, i miei diari, i miei stati d’animo, senza paura di quello che pensa la gente, del loro giudizio, delle loro critiche ….”. Detto questo, tirò fuori il suo quaderno … un senso di libertà la pervase. Si era ritrovata.

  30. Le parole si riversavano impetuose sul foglio, guizzavano nel bianco come vive, indipendenti dalla sua volontà. Come uccelli rapaci solcavano il cielo della sua mano e la portavano dove volevano loro, in posti che non avrebbe mai pensato di raggiungere nella realtà. Ma cosa era reale alla fine? Quel quaderno era il più prezioso segreto della sua anima, reale più di ogni altra cosa nella sua vita.

  31. “E adesso, scusa, hai vuota la testa.
    Ho la cosa che fa per te.
    Su, su, carina, esci fuori dal guscio.
    Ecco ti piace questa?
    Nuda per cominciare come una pagina bianca.”

  32. “Non ho che trent’anni.
    E come il gatto ho nove vite da morire.
    Questa è la numero tre.
    Quale ciarpame
    Da far fuori ogni decennio.” L’inchiostro si impadronì di Sylvia.

  33. La mano corre veloce sul foglio guidata direttamente dal cuore, cervello in stand by. Ginevra è stata lasciata da Piero proprio alla vigilia di Natale ma non prova dolore, nessuna lacrima, nessun rimpianto. Solo un grande senso di liberazione, solo una voce interna che le sussurra “riprenditi la tua vita Ginevra, è giusto così”.

  34. Sylvia dà vita al suo personaggio che funge come una sorta di alter ego. Manovra le azioni della sua creatura come se avesse tra le mani un burattino da far muovere a proprio piacimento attraverso i fili tenuti tra le mani. E’ come Ginevra che anche lei si vorrebbe sentire. “Riprenditi la vita, Sylvia” pensa. Tempo per morire ce n’è …

  35. Sylvia e Ginevra infine scoprirono che si erano affannate inutilmente, alla disperata ricerca della felicità.
    E pensare che ce l’avevano a portata di mano.
    La felicità altro non era che un laborioso presente, la compagnia degli amici…

  36. I sogni si moltiplicavano in quegli istanti.
    L’editore aspettava da settimane.
    Perché aveva bloccato il fluido della sua mente?

  37. Il flusso emozionale di Sylvia correva più veloce delle sue dita sui tasti, sì avrebbe recuperato il tempo perduto… La storia iniziava a prender forma. Ginevra esce per la prima volta di casa dopo giorni di depressione e vuoto interiore e tutto le appare nuovo, quasi trasfigurato. Le tremano le mani, ma è pronta per la svolta.

  38. Sì. Sentiva che quello era il suo momento. La sua mente all’improvvisò si aprì e guidò sicura le mani di Ginevra che scorrevano libere sulla tastiera del suo piccolo computer, creando, creando, come mai prima….

  39. Mentre cammina per la strada principale della città, guardando le vetrine, il suo viso si illumina di un caldo sorriso, dopo giorni di tristezza. Osserva le persone che incontra: un ragazzino con lo zaino sulle spalle uscito da scuola, un’anziana signora che ha in mano le sporte con la spesa appena fatta per il pranzo di Natale, un uomo che, in pantaloncini corti, si allena per la partita di calcio che dovrà sostenere la sera. Ginevra saluta tutti con il suo sorriso nuovo sulle labbra,che le nasce dalla consapevolezza che è viva e sta bene.

  40. L’alba di un nuovo giorno le fa compagnia. Si avvicina l’ultimo giorno dell’anno. “Insieme alle cose vecchie, voglio buttare dalla finestra tutte le lacrime, tutte le amarezze e le paure. Voglio aprire la mia finestra ad aria nuova, profumi freschi e avere occhi luminosi di futuro …”. Raccontando di Ginevra, nell’animo di Sylvia si fa strada la voglia di essere come lei …

  41. Ginevra cerca febbrilmente tra le sue vecchie carte quell’agendina consunta con i numeri di telefono delle compagne di università. Eccola qui! Cara Federica, quanti bei ricordi… Prova a chiamarla, per fortuna il numero è sempre lo stesso. Squilla. “Ciao Fede, che fai a Capodanno?”, le chiede a bruciapelo.

  42. Federica rimase impietrita al telefono.
    Non riconosceva la voce.
    Nella sua mente miliardi di volti e si sensazioni ma quella voce non le dava alcun indizio.
    Attaccò il telefono in preda al panico.

  43. Ginevra non capì che fosse accaduto.
    “Forse ho sbagliato numero?” – si chiese.
    Riprovò! Ma non rispose più nessuno.
    Intanto Federica,davanti al telefono, si tappava le orecchie per non sentire gli insistenti squilli.

  44. “Federica pensava: “Cosa vuole da me, con tanta insistenza?” E finalmente si decise a rispondere. Ginevra allegra: “Ciao, Federica!” L’altra allora riconobbe la voce che l’aveva accompagnata quando da ragazzina trascorreva ore e ore al telefono a parlare di ragazzi, amici e scuola.

  45. Federica aveva riconosciuto la voce di Ginevra fin dal primo momento ma quella vecchia questione rimasta in sospeso tra loro l’aveva indotta a riattaccare. Col senno del poi, pensò tuttavia che forse era giunto il momento di fare chiarezza e disse: “Vienimi a trovare a Capodanno, ora sto a Berlino, ma hai ancora tempo, ce la puoi fare!”

  46. E improvvisamente di tutta la sua sofferenza quando scoprì che Ginevra usciva di nascosto con il il suo fidanzato di allora. “Che sfacciata, farsi viva dopo tutto questo tempo, pensando che io abbia dimenticato” pensò tra sè e sè. Non sapeva quanto il senso di colpa avesse distrutto la vita di Ginevra che si era lasciata andare alla passione tradendo la fiducia della sua amica.

  47. Era giunto il momoento di riparlarne, di spiegarsi, di capirsi, di tornare amiche come una volta.
    Dovevano lasciarsi alle spalle quella brutta storia, che ormai non aveva più importanza e che le aveva fatte soffire entrambe così tanto…

  48. Ma socchiudendo le palpebre ricordò perfettamente quel suono acuto che cambiò la sua vita e quella della sua amica. Quell’incidente di cui mai ha parlato a suo marito. Quel segreto seppellito dieci anni fa.

  49. Federica accettò, con un sì quasi impercettibile. Giuliano, il ragazzo che le aveva divise, era morto anni addietro in un incidente. Il suo matrimonio stava naufragando e non per colpa di Ginevra stavolta. Ginevra, dal canto suo, le avrebbe raccontato del suo ultimo amore masochista. Ma questo, Federica, ancora non poteva saperlo…

  50. Assoggettandosi al suo carattere mansueto sempre pronto a dare nuove opportunità agli altri, Federica disse “Ti aspetto, Ginevra, magari ceniamo insieme …”. Non era solo il suo buon cuore sempre pronto a dimenticare che parlava, la curiosità la divorava internamente. E una piccola parte di lei già pregustava una piccola vendetta …

  51. “I remember everything”
    Smettila di parlare in inglese – disse.

    “Mia dolce amica”
    “Mio impero di spazzatura”

  52. Sylvia sentiva che il suo finale non era in grado di saziare i possibili lettori e decise di non pensarci più. Si mise su una giacca ed uscì di casa senza perdere molto tempo. Decise di andare a far una passeggiata al parco. Portò con se un libro.

  53. Sylvia aveva portato con sé un libro a caso, fra i tanti presenti sulla sua nutrita libreria… strana la vita, una raccolta di poesie di Sylvia Plath, la poetessa suicida…nulla accade per caso…

  54. Amava questa autrice, i suoi versi combaciavano con il suo stato d’animo. Più volte si era chiesta se non fosse una sorta di magia vedere nero su bianco i suoi stessi pensieri senza che lei li avesse scritti. Le accomunava la stessa sofferenza, lo stesso malessere … il male di vivere … Leggendo le sue poesie si ritrovava e si sentiva meno sola, più compresa nel suo disagio

  55. Seduta sull’erba decise, ad un certo punto, di chiudere il libro ed iniziare a guardare le persone camminare, giocare, parlare. Lei era una persona introversa, lo sapeva bene. Non riusciva a socializzare con facilità. Per lei esistevano i libri, le parole.

  56. Quando era bambina, guardava dalla finestra il mercato nella piazza sotto casa sua. Il brulichio di quelle anime affascinavano la sua fantasia ma le sue precarie condizioni di salute non le hanno mai permesso di vivere a pieno. Ora era diverso. Era adulta. Aveva una famiglia. Ma ancora non viveva.

  57. Ancora non viveva perché le era sempre mancato qualcosa, quel qualcosa di più, di diverso… Sylvia era sempre vissuta in un mondo tutto suo, fatto di sogni, fantasie, voli pindarici e rovinosi tonfi quando rientrava a contatto con la cruda realtà, un mondo fatto di lucciole scintillanti, belle ma inafferrabili.

  58. Ma il pensiero più sconcertante era il suo pallore di fronte alla vita. Suo marito era una persona preziosa, eppure lei non l’aveva mai amato. I suoi figli erano le sue bellissime creature eppure non riusciva a gioire della sua vita.
    Amava solo il suono dolce delle parole.

  59. Non aveva più alcuna voglia di rimuginare ed in quella giornata freddissima del 7 gennaio decise di smettere di leggere e, dunque, iniziare a camminare. Si sollevò ed iniziò a correre. Le sue gambe erano diventate vento. Si sentiva improvvisamente capace di qualsiasi azione. Capace di qualsiasi decisione.

  60. In pochi attimi fu fuori dal parco. In pochi attimi la sua testa viaggiava oltre lo spazio ed il tempo. Stava per prendere la decisione più importante della sua vita. Voleva farlo a stomaco pieno.
    Entrò in un ristorante messicano. Non era mai entrata da sola in un ristorante.

  61. Il ristorante era affollato, ma decise di aspettare, seduta ad un tavolino d’angolo, il suo posto preferito. Estrasse dalla tasca il cellulare e inviò al marito questo messaggio: “Stamattina al risveglio non mi ha trovata e lo stesso accadrà in tutti i nostri giorni futuri. Con te non sono mai stata felice. Esco dalla tua vita”.

  62. Oramai aveva deciso. L’sms era stato inviato.
    Il cameriere si avvicinò. Ma Sylvia non aveva molta fame. Ordinò alcuni antipasti tipici e continuò a guardare dalla finestra le persone che si affrettavano sul marciapiede. Ricordando la lezione di Baudelaire…

  63. Era già pomeriggio inoltrato.
    Il cellulare continuava a squillare. Non rispose a suo marito. Non voleva parlare con nessuno che conosceva. Non voleva essere influenzata da nessun discorso. Sentiva come se avesse una missione da iniziare.

  64. Spense il cellulare ed uscì senza aver terminato il suon antipasto. Prese il primo autobus per l’aeroporto. Aveva bisogno di silenzio per poter iniziare la sua nuova vita, con i suoi bimbi. Cambiare Stato, cambiare casa, cambiare tutto. I bimbi si sarebbero adattati.

  65. Doveva andare lontano, il più lontano possibile, per resettare la sua vita. Giunta in aeroporto, chiese alla biglietteria Quantas se poteva essere inserita in una lista d’attesa per Sidney. Aveva una zia in Australia. La sua vita sarebbe ripartita da lì, senza programmi precisi, animata solo dalla curiosità e dall’entusiasmo

  66. Conosceva già la destinazione, sarebbe tornata dall’Abbè Michel, nella Grande Chartreuse a nord di Grenoble, nelle Alpi francesi. Là l’attendeva una vita fatta di silenzio e contemplazione, in mezzo alla natura. Michel l’avrebbe accolta a braccia aperte e soprattutto l’avrebbe ascoltata in silenzio

  67. Australia oppure le Alpi Francesi? Come sempre la sua mente era scissa dalle sue personalità. Doveva sedersi e valutare quanto tempo le occorreva. Quanti giorni le servivano per avere forza? Intanto in aeroporto nulla si fermava ed il brulichio di persone continuava esasperato.

  68. L’indecisione e la voglia di avventura hanno fatto crescere in Sylvia la dimenticanza del decidere per se, del vivere a pieno senza sacrificarsi per gli altri. Non si era mai mossa dalla sua cultura. Si alzò. Saltellò senza alcun bagaglio se non la sua borsa e prese un biglietto per l’India.

  69. Nell’attesa, i pensieri si accavallavano. Tutto sommato, pensò che sarebbe stato meglio optare per Sidney dove avrebbe potuto trovare con facilità casa e lavoro…senza una casa e un lavoro, il tribunale le avrebbe tolto le bambine e non aveva la minima intenzione di perdere i suoi tesori.

  70. Strappò il biglietto per L’India. La ragione prevalse.
    Sicura della scelta, s’incamminò verso lo sportello.
    D’improvviso una mancanza fisica. Si accasciò a terra.
    Si sentì mancare le forze, si sentiva morire. Cosa stava succedendo?

  71. Sylvia morì nella sua cucina. Con la testa nel forno ed in mano la sua ultima poesia “Orlo”. E sull’orlo dei suoi ultimi minuti di vita realizzò che non aveva mai preso la decisione di fuggire, non era mai stata in aeroporto. Ora, era finalmente libera dalle loro imposizioni socio-culturali.

  72. La sorpresa sta per uscire, scusate il ritardo ma siamo sempre senza fondi per tutte le nostre avventure letterarie. Ci autofinanziamo! Alcune volte si ritarda… :D Ma ciò che promettiamo, lo diamo sempre :D

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